Nel bel mezzo delle tensioni per la sconfitta alle Comunali, per il M5s si apre uno spiraglio sul fronte giudiziario. Dopo il caso dei mesi scorsi infatti, il tribunale di Napoli ha rigettato il ricorso cautelare presentato da un gruppo di iscritti M5s per sospendere lo statuto e la nomina dei vertici del Movimento. Una decisione che permette al presidente 5 stelle di procedere con la riorganizzazione grillina e superare lo stallo amministrativo: “Andiamo avanti, con forza e determinazione per il rilancio del nuovo corso”, ha scritto su Twitter Giuseppe Conte. “Non sussistono i gravi motivi”, scrive la giudice Loredana Ferrara, “che giustifichino l’adozione del provvedimento di sospensione” delle delibere con le quali il Movimento 5 stelle, a marzo scorso, ha rivotato su statuto e leadership. Per la giudice “non si ravvisano la verosimile fondatezza delle doglianze fatte valere dai ricorrenti e tanto in ragione sia della precipua disciplina interna di cui il Movimento si è dotato, sia dei vigenti principi di diritto in materia di associazioni non riconosciute”. Tra i primi ad esultare anche il presidente della Camera e presidente del comitato di garanzia M5s Roberto Fico: “Un’ottima notizia per la nostra comunità. Ora andiamo avanti. Continuiamo a lavorare con determinazione e responsabilità, e con un nuovo slancio grazie alla riorganizzazione sui territori”.

Il ricorso per la sospensione di statuto e nomine – Ad aprile scorso, come era stato anticipato da Repubblica, il gruppo di dissidenti di Napoli aveva deciso di impugnare gli esiti delle assemblee convocate dal M5s per confermare il nuovo statuto e la leadership di Giuseppe Conte. Le assemblee virtuali erano state organizzate dopo l’ordinanza che aveva sospeso in via cautelare l’elezione di agosto scorso. Il ricorso era firmato da otto persone, assistite da Lorenzo Borrè, e metteva sotto accusa lo stesso aspetto di quello già presentato: il fatto che gli iscritti da meno di sei mesi siano stati esclusi dall’assemblea in assenza di un valido “regolamento adottato dal Comitato di garanzia su proposta del Comitato direttivo”, come prescriveva il vecchio statuto. Dopo lo stop giudiziario, i vertici M5s avevano deciso di riconvocare l’assemblea invalidata escludendo ancora una volta gli iscritti di meno di sei mesi. La decisione era stata presa sulla base di quello che Conte e i suoi hanno sempre rivendicato essere “un regolamento valido ed efficace”: ovvero uno scambio di mail dell’8 novembre 2018 tra Luigi Di Maio (allora capo politico, l’organo antecedente al Comitato direttivo) e Vito Crimi (allora presidente del Comitato di garanzia) in cui il primo proponeva di limitare il voto agli iscritti da più tempo e il secondo dava il proprio ok. Secondo gli iscritti che hanno firmato il ricorso invece, non poteva considerarsi sufficiente: “Due mail non fanno un regolamento”, disse l’avvocato Borrè.

“Non c’è stato vizio di convocazione dell’assemblea M5s” – Oggi è stata però respinta l’istanza di sospensione: “Vito Crimi era legittimato”, scrive la giudice Loredana Ferrara, “a convocare l’assemblea degli iscritti al Movimento 5 stelle”, con la quale lo scorso 11 marzo sono state approvate le modifiche allo Statuto del Movimento. Nel ricorso gli attivisti hanno contestato “il vizio radicale di convocazione” dell’assemblea “da parte di soggetti privi del relativo potere”, ritenendo che l’assemblea potesse essere legittimamente convocata dal presidente del Comitato di Garanzia come composto in virtù della delibera del 16 settembre 2021, cioè Luigi Di Maio. Secondo il giudice invece “l’unico Statuto vigente al momento della convocazione era da individuare nello Statuto del 17 febbraio 2021” che rimetteva il potere di convocazione dell’assemblea al Comitato direttivo “ovvero, in assenza od inerzia, al presidente del Comitato di Garanzia eletto sotto la vigenza di quello Statuto, e dunque di Vito Claudio Crimi”.

“L’esclusione degli iscritti” è stata “irrilevante” – Inoltre l’esclusione dal voto degli iscritti da meno di 6 mesi “non ha inciso sul risultato della votazione”. Dai risultati delle votazioni, scrive il giudice, “emerge l’irrilevanza della mancata ammissione al voto dei soci iscritti da meno di 6 mesi”. Alla votazione sullo statuto dell’11 marzo scorso, si legge nel provvedimento, “hanno partecipato 38.735 iscritti e si sono espressi a favore 35.514 iscritti sul primo quesito e 35.176 sul secondo quesito; i soci iscritti da meno 6 mesi erano 9.184 e dunque, anche ipotizzando che tutti avessero votato contro le delibere poi approvate, il risultato della votazione non sarebbe cambiato”, allo stesso modo all’assemblea del 28 marzo 2022 per la nomina di Conte a presidente “hanno partecipato 59.047 iscritti e si sono espressi a favore del Presidente Giuseppe Conte 55.618 iscritti; i soci iscritti da meno 6 mesi erano n. 3.814 e dunque il risultato della votazione non sarebbe cambiato. Pertanto – scrive il giudice – non assume rilievo la tematica dell’esistenza e validità del regolamento cui lo Statuto previgente subordinava l’esclusione degli iscritti juniores”.

“Indubitabile il ruolo di garante di Grillo e la sua indicazione di Conte” – Scrive ancora Ferrara: “E’ difficilmente dubitabile, allo stato, da un lato la qualità di garante di Beppe Grillo, fatto acquisito alla comune conoscenza, dall’altro l’indicazione da parte dello stesso di Giuseppe Conte come primo presidente dell’associazione, indicazione per la quale non era statutariamente richiesta alcuna forma peculiare e che, pure, era ormai notoria”. Nel ricorso si contestavano anche “la mancanza della designazione di Giuseppe Conte quale Primo Presidente da parte del Garante, nonché la mancanza della stessa qualità di Garante in capo a Beppe Grillo”. Secondo il giudice il ruolo di garante di Grillo è “difficilmente dubitabile”, così come l’indicazione di Giuseppe Conte come primo presidente del M5s, nomina poi sancita dalla votazione degli iscritti. “L’indicazione da parte del Garante, comunque – scrive il giudice nel provvedimento – non implicava la sicura elezione di Giuseppe Conte quale primo Presidente dell’Associazione, come se fosse l’unico candidato destinato di certo ad essere eletto, essendo comunque la elezione rimessa alla volontà dell’assemblea degli iscritti che deliberava a maggioranza dei voti espressi”. Inoltre il giudice sottolinea che “allo stato e salvo ogni ulteriore approfondimento, in mancanza di specifiche allegazioni sul punto, appare che non siano state impedite ulteriori candidature, a nulla rilevando la mancata adozione regolamentare della procedura e degli ulteriori requisiti da parte del Comitato di Garanzia”.

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