“È un evento storico per noi entrare nella Nato e lo facciamo accanto al nostro Paese fratello”. Sono state queste le parole di re Carlo Gustavo XVI di Svezia al termine dell’incontro con il presidente finlandese Sauli Niinistö e prima del discorso di quest’ultimo al Riksdag, il Parlamento monocamerale di Stoccolma, di martedì 17 maggio. Dopo più di 200 anni di neutralità – l’ultimo conflitto combattuto dalla Svezia risale alla guerra svedese-norvegese del 1814 – il Paese ha deciso di entrare in un’alleanza militare, quella Atlantica con la quale svolge da anni esercitazioni congiunte, nonostante ci siano ancora da superare le resistenze della Turchia. Se l’adesione della Finlandia significa per la Nato un aumento del numero di uomini a disposizione con ben 870mila riservisti inquadrati nelle forze armate, la possibilità di accedere a una delle più grandi artiglierie d’Europa ma anche il raddoppio del numero di chilometri – da 1.215 a 2.555 – di frontiera con la Russia, una storia diversa riguarda invece la Svezia, che dopo il 2000 ha smantellato la sua difesa e ridotto il numero di militari a disposizione, oggi stimati intorno alle 50mila unità. “Non va sottovalutata la presenza di Stoccolma nell’Alleanza atlantica: sarà fondamentale in un’ottica di contrapposizione alla Russia, sebbene non condivida alcun confine terrestre con Mosca. La Svezia nella Nato avrà quello che si definisce un ruolo di profondità strategica”, sottolinea a Ilfattoquotidiano.it Alessandro Marrone, Head of Defence Programme dello IAI, Istituto Affari Internazionali.

Veicoli e strumenti – Il vero valore aggiunto di cui dispone Stoccolma sono infatti i mezzi a disposizione dell’armata di re Carlo Gustavo XVI. L’esercito svedese dispone di 120 carri armati, diversi sottomarini e corvette ma ha soprattutto in dotazione aerei ultramoderni. La Swedish Air Force possiede ben 71 Jas 39 Gripen, caccia di ultima generazione che, in un’ipotetica guerra contro i russi, “avrebbero facilmente la meglio, visto che sono a livello dei Rafale”. Inoltre, Stoccolma sta “già lavorando per implementare la sua flotta: non è un caso che già collabori attivamente con Italia e Gran Bretagna per gli aerei di sesta generazione”, evidenzia Marrone. La Swedish Air Force conta complessivamente oltre 200 mezzi: oltre ai Gripen sono presenti anche aerei da ricognizione, come il Saab 340 AEW&C, ed elicotteri militari come il NH90 e il Sikorsky UH-60 Black Hawk, quest’ultimo schierato per la prima volta da Stoccolma nella guerra in Afghanistan nel 2013. L’aeronautica svedese dispone inoltre di uno dei più sofisticati sistemi di radar e sorveglianza esistenti oggi: a bordo dei velivoli sono presenti sistemi integrati come l’AMB Giraffe, in grado di rilevare e tracciare rapidamente più bersagli fornendo ai comandanti preziosi secondi aggiuntivi negli scontri di difesa aerea a medio e corto raggio. La presenza di Stoccolma nella Nato è perciò un indubbio vantaggio: oltre ai radar la Svezia può fornire all’Alleanza atlantica anche “un sistema di sensori in grado di raccogliere informazioni in tutta la regione del Mar Baltico”, ha sottolineato Anna Wieslander, direttore per il Nord Europa presso il Consiglio Atlantico, in un’intervista al giornale francese Le Monde. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha portato il governo di Magdalena Andersson ad annunciare nuovi e significativi investimenti nelle spese militari, già in crescita negli ultimi anni: l’obiettivo adesso è raggiungere il 2 per cento del pil entro il 2028, che significherebbe arrivare a quota 9 miliardi di euro. “Una cifra di tutto rispetto, se paragonata agli altri membri della Nato”, rimarca Marrone. Una crescita considerevole se paragonata ad oggi: il budget per la difesa per il 2021 era di 66 miliardi di corone svedesi, corrispondenti a poco oltre i 6 miliardi di euro, che equivalgono ad appena l’1,2 per cento del pil.

Controllo delle posizioni strategiche – La presenza della Svezia all’interno dell’Alleanza atlantica ha inoltre anche un importante valore strategico, perché vuol dire controllare il porto di Göteborg, utile all’approvvigionamento dell’area baltica e della Finlandia, e l’isola di Gotland, situata nel Mar Baltico a soli 140 chilometri dalla Lettonia. “Un dettaglio di non poco conto: l’adesione della Svezia ha un valore deterrente per la Russia, perché in caso di attacco di Mosca ai Paesi baltici, magari tramite un’operazione di accerchiamento che chiuda i collegamenti tra la regione e la Polonia, c’è l’isola di Gotland che potrebbe mobilitare fino a 4.100 uomini in pochissimo tempo, più che raddoppiando le forze a difesa di Estonia, Lettonia e Lituania”, evidenzia Marrone. Fulcro della difesa svedese durante la Guerra Fredda ed essenziale per il controllo del traffico aereo e marittimo, l’isola di Gotland era stata smilitarizzata dopo il crollo dell’Unione Sovietica ma nuovamente rinforzata a partire dal 2018. Dall’altro lato c’è poi il ponte di Øresund, che collega le città di Copenaghen e Malmö. “Avere la Svezia nella Nato significa anche questo: poter rendere il Baltico una sorta di lago, chiuso da entrambe le parti e dove qualunque movimento sospetto viene tenuto sotto controllo”, sottolinea Marrone facendo riferimento soprattutto ai sottomarini russi. In questo modo si rafforza anche il controllo marittimo sia di San Pietroburgo che “in modo minore, dell’exclave di Kaliningrad: un compito che svolgono già gli altri Paesi, ma che adesso diventa un’attività realmente capillare”, sottolinea Marrone. L’ingresso di Svezia e Finlandia rappresenta un deciso passo in avanti rispetto al Nordefco, semplice patto di cooperazione per la difesa nordica al quale aderivano, oltre a Stoccolma e Helsinki, anche Paesi come Danimarca, Norvegia e Islanda, che però non poteva disporre di un comando congiunto, peculiarità propria invece della Nato. C’è poi anche la regione artica da considerare: sebbene la Svezia non abbia affacci diretti a nord o aree contendibili con la Russia, la sua presenza è cruciale anche lì. “Le truppe svedesi sono addestrate a operare in condizioni di clima rigido e possono perciò aiutare le forze Nato in operazioni di sorveglianza o intelligence in prossimità degli stretti. Lì c’è in gioco soprattutto il controllo delle rotte marittime”, dichiara Marrone. Nella regione artica, in prossimità della penisola di Kola, Mosca schiera la flotta del Nord, un esercito composto da 240 navi. Anche lì la presenza della Svezia può fare la differenza.

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