Da Budapest all’Arena di Verona. Dal 6 al 29 maggio. Quarantasette Gran Premi della Montagna, 3445,6 km complessivi e 50.580 metri di dislivello (mai così tanti dal 2011). Appena otto le tappe adatte ai velocisti e solo 26 i chilometri assegnati alle cronometro. È l’edizione numero 105 del Giro d’Italia. Un appuntamento all’insegna della montagna fin dalla tappa inaugurale, che si concluderà in cima al Castello di Visegrad, nella capitale ungherese. Tre chilometri a una pendenza media del 5%. In assenza di un favorito per la vittoria finale, il vero protagonista è il percorso. L’Ungheria – dove vengono corse tre tappe – diventa la 14esima partenza dall’estero della storia del Giro (la prima nel 1965 da San Marino) e rappresenta il principio di un lungo susseguirsi di salite e discese, all’interno delle quali spiccano due nomi. Due montagne diverse da tutte le altre, per fascino e storia. Il Mortirolo e la Marmolada.
Il ritorno del Mortirolo – È il 24 maggio. È la Salò-Aprica di 202 chilometri. Dal lago di Garda alla Valtellina, 5.250 metri di dislivello. È la giornata del Mortirolo, lato Monno. La salita dove il 5 giugno 1994 Marco Pantani si presenta ufficialmente al mondo del ciclismo, staccando Indurain, Chiappucci e la maglia rosa Berzin dal versante di Mazzo. Il più duro di quella montagna scalata per la prima volta nel 1962. I dodici chilometri del Mortirolo (pendenza al 7,6%, con picco al 16) rappresentano il momento clou di una tappa che comprende anche il Goletto di Cadino, il Teglio, il Valico di Santa Cristina e infine l’arrivo ad Aprica.
La Marmolada – Altro luogo di sofferenza è la Marmolada. È probabile che qui si deciderà il Giro d’Italia 2022. La Marmolada, incastonata tra Trentino e Alto Adige, è l’ultimo arrivo in salita prima della cronometro finale. Per arrivare ai suoi 2.057 metri di quota si devono percorrere 168 chilometri. Ma soprattutto si devono superare il Passo San Pellegrino, dal versante di Falcade, e il Passo Pordoi, Cima Coppi del Giro a 2.239 metri d’altitudine. Un lungo serpente di asfalto lungo 14 chilometri, in cui la strada s’impenna fino al 18%. Questo sarà il terzo arrivo in cima alla Marmolada, dopo quelli del 1970 e del 2008. Eppure anche in questo caso la memoria di tutti va a Marco Pantani. È il 2 giugno 1998. Il Giro lo sta dominando Alex Zulle e al Pirata si chiede l’attacco che possa rimescolare le carte. A metà dell’ascesa della Marmolada però è ancora in mezzo al gruppo di testa. Roberto Conti, ormai sfinito, gli si affianca per chiedergli quando ha intenzione di attaccare. La risposta del Pirata lo spiazza: “Ma quando inizia la Marmolada?”. Poi arriva lo scatto, il vuoto sugli avversari, la crisi di Zulle, la vittoria di Lorenzo Guerini. Pantani è secondo, si prende la maglia rosa e la porterà fine alla fine.
Dall’Etna al Blockhaus – Mortirolo e Marmolada arrivano rispettivamente alla 16esima e 19esima tappa, quando nelle gambe e nella testa dei corridori le salite si sono già fatte sentire, insieme alle centinaia di chilometri percorsi per risalire la penisola dalla Sicilia. Ed è proprio in Sicilia che il Giro mette di fronte la prima vera insidia. L’ascesa dell’Etna è di quelle che si fanno sentire. Ventidue chilometri. Una tappa che scalda i muscoli in vista della Diamante-Potenza (con i suoi 4.510 metri di dislivello sull’appennino lucano) e, soprattutto, il primo vero tappone del Giro: l’Isernia-Blockhaus. Qui ci sono Valico del Macerone, Rionero Sannitico e Roccaraso. Ma è sul Passo Lanciano che le cose cominciano a farsi serie: oltre 10 km al 7,6%, con picco al 14%. Un antipasto prima del Blockhaus, la salita principale della frazione. È su queste vie che Eddy Merckx vinse la sua prima gara al Giro nel 1967. A dividere il Mortirolo e la Marmolada ci sono poi Passo del Tonale, la salita di Palù di Giovo, il Valico del Vetriolo e il Menador alla 17esima tappa e i quattro Gran Premi della Montagna della 19esima frazione: Villanova Grotte, il Passo di Tanamea, il Kolovrat (in territorio sloveno) e il Santuario di Castelmonte. Da segnalare la novità inedita di Cogne, ascesa conclusiva da 22 km del tappone valdostano pre-Mortirolo. Un arrivo che segue le salite della Pila e del Verrogne. Tutte oltre i 10 chilometri e tutte capaci di incrinare le gambe prima dell’ultima settimana.
I protagonisti – Un percorso spettacolare, imprevedibile e che parte senza un vero favorito. C’è solo un uomo forte alla vigilia. Questo è Richard Carapaz, già vincitore della Corsa Rosa nel 2019 e campione olimpico in carica a Tokyo 2020. Non tanto per la sua classe ed esperienza, quanto per la squadra che ha alle spalle. La Ineos-Grenadiers ha trionfato nelle ultime due edizioni del Giro, nel 2020 con l’inglese Tao Geoghegan Hart e poi con Egan Bernal l’anno scorso. E proprio il colombiano sarà il grande assente dopo il grave incidente dello scorso 24 gennaio. Presenti il campione del 2017 Tom Dumoulin, Simon Yates e Joao Almeida, 23enne della Uae Emirates, la squadra di Tadej Pogacar. E proprio quest’ultimo sarà un altro assente eccellente di questa edizione, insieme a Primoz Roglic, Remco Evenepoel e Woet Van Aert. E per l’Italia? Le Grandi Classiche della primavera non hanno portato soddisfazioni. In più ci si è messo il malore occorso a Sonny Colbrelli che ha spaventato tutto il mondo del ciclismo. Tutto sarà quindi ancora sulle spalle del 37enne Vincenzo Nibali, all’undicesimo Giro d’Italia e tornato all’Astana per assistere Miguel Angel Lopez. Presenti Giulio Ciccone, Lorenzo Fortunato, Diego Ulissi, Giacomo Nizzolo, il campione olimpico su pista Simone Consonni e l’eterno Domenico Pozzovivo, 39 anni, il più vecchio italiano al via. Non ci saranno invece Elia Viviani, Damiano Caruso (secondo al Giro 2021) e, soprattutto, Filippo Ganna.