Emmanuel Macron in testa e davanti a Marine Le Pen. Ma Jean-Luc Mélenchon appena dietro con un exploit senza precedenti che, per un pelo, non gli permette di arrivare al secondo turno. Alla fine dello scrutinio delle elezioni presidenziali in Francia, questi sono i risultati: Macron (27,8%), Le Pen (23,1%), Mélenchon (21,9%). Dietro il candidato di estrema destra Éric Zemmour (7%); la repubblicana Valérie Pécresse (4,7%); il verde Yannick Jadot (4,6%); il candidato degli agricoltori Jean Lassalle (3,1%); il comunista Fabien Roussel (2,2%); il sovranista Dupont-Aignan (2%); la socialista Anne Hidalgo (1,7%).

Ora comincia la “vera” campagna elettorale: 15 giorni in cui Macron dovrà riuscire a convincere gli elettori di sinistra che non è solo “il presidente delle élite”. A chi lo supporterà ha già promesso, nel primo discorso dopo il voto, che formerà “un grande movimento politico di unità e azione” e ha ribadito che in ballo ci sono “il futuro della Francia e quello dell’Europa”. Decisivi saranno anche tutti gli elettori che hanno disertato le urne: l’astensione, come da previsioni, ha infatti toccato il 26,5% ed è stata quattro punti più alta della scorsa tornata (il record negativo è del 2002 con il 28,4%). Comunque la nuova corsa per Macron, stando agli ultimi sondaggi svelati da Le Parisien, parte con un po’ di margine: il leader di En Marche al secondo turno sarebbe vincente con il 54% delle preferenze contro il 46 di Le Pen. Ma la salita inizia ora e, lo abbiamo visto, tutto può cambiare.

L’exploit Mélenchon (soprattutto tra i giovani) e le proiezioni che hanno fatto sperare nella rimonta – Dopo che le tv e i siti dei quotidiani francesi avevano dato per certo il ballottaggio Macron-Le Pen, e soprattutto dopo i discorsi di tutti i leader che certificavano le prime due posizioni, a destabilizzare è stata l’ultima proiezione di Ipsos-Sopra Steria delle 22.30. All’improvviso infatti, il presidente uscente era dato al 27,6%, Le Pen al 23% e Mélenchon al 22,2%. L’annuncio del vantaggio ridotto della leader del Rassemblement National ha subito agitato il quartier generale dell’Union populaire che fino all’ultimo ha sperato nella possibilità di veder ribaltare i risultati. A fare la differenza infatti, sono stati i voti delle grandi città, dove il successo per la sinistra radicale è stato molto più grande del previsto. Ma, nonostante lo scarto sia molto ridotto, non è sufficiente per ottenere il sorpasso.

Il risultato di Mélenchon è, in ogni caso, già storico (cinque anni fa prese il 19%): è riuscito nell’impresa che si era prefissato di conquistare “il voto utile” e in particolare quello dei più giovani (è il più votato nella fascia 18-35 anni). Il leader 70enne, che ha fatto campagna elettorale con lo slogan “un altro mondo è possibile”, ha portato alle urne ragazzi e ragazze che ormai sembravano destinati a votare in massa per la destra. Ed ha pagato il fuoco amico: la sinistra atomizzata e incapace di trovare un accordo unitario, ha disperso voti fondamentali su almeno altre tre candidati (comunisti, verdi e socialisti). Nel suo primo discorso ai sostenitori, Mélenchon ha parlato già proiettato alla sfida Macron-Le Pen: “Ora non bisogna dare un solo voto a madame Le Pen“, ha detto dopo che nei giorni scorsi qualcuno aveva sollevato il dubbio. Cero non ha citato direttamente Macron, che per molti dei suoi è visto come il fumo negli occhi, ma ha chiesto di votare “secondo coscienza”.

L’estrema destra al ballottaggio, Le Pen ora chiede i voti di Zemmour – Per la seconda volta Marine Le Pen si prepara a sfidare Emmanuel Macron al ballottaggio. La leader del Rassemblement national può rivendicare un miglioramento del suo risultato (al primo turno di cinque anni fa prese il 21,3% con 7 milioni e 600mila voti), anche se è decisamente ridimensionato rispetto alle aspettative. Da quindici giorni infatti era data in grande crescita, tanto da far temere al presidente uscente di perdere la prima posizione. Alla fine il grande soprasso non le è riuscito e ora dovrà lavorare per raccogliere consensi se vuole sperare nella vittoria. “Tutti quelli che oggi non hanno votato per Emmanuel Macron sono chiamati a unirsi al nostro raggruppamento“, ha detto nel suo discorso serale. Facile a dirsi, ma meno nella pratica. Le Pen guarda innanzitutto ai sostenitori dell’unico candidato più a destra di lei, Eric Zemmour, che ha però ottenuto un misero 7 per cento e non ha molto da offrire: “Ho molti disaccordi con Marine Le Pen”, ha detto il giornalista, “ma davanti a lei c’è un uomo che ha fatto entrare milioni di immigrati e che farà di peggio se sarà rieletto. Invito quindi a votare per Le Pen”. A destra chi ha invece già mollato Le Pen, è la candidata dei Républicains Valérie Pécresse: “Al ballottaggio “voterò in coscienza per Emmanuel Macron”, ha dichiarando, affermando che “il progetto di Marine Le Pen condurrebbe il Paese alla discordia, al fallimento, la sua vicinanza a Vladimir Putin la discredita“. Pécresse non è mai riuscita a trovare spazio nel centrodestra, perché di fatto già occupato da En Marche e il suo risultato segna la crisi nera di uno dei partiti tradizionali che (insieme ai Socialisti) hanno fatto la storia politica della Francia. Per Le Pen non resta che puntare su chi non ascolterà le indicazioni di Pécresse, e non sono pochi, e su tutti coloro che non sono andati a votare. Proprio la sua campagna elettorale incentrata sulla perdita del potere d’acquisto e quindi mettendo al centro le classi popolari, avrebbe dovuto permetterle di raccogliere consensi tra chi tradizionalmente non vota. Ma quelle fasce hanno invece, in molti casi, scelto Mélenchon. Anche per questo, per Le Pen, la partita si complica. Non bisogna però sottovalutare il fatto che mai la Francia si era trovata con un blocco di estrema destra così consistente in termini elettorali, anche se spaccato sue due candidati. E di certo si farà sentire anche al secondo turno.

Macron ottiene il primo posto. Ma ora deve convincere gli elettori di sinistra – Dopo una giornata che anche il suo staff ha descritto di “grande tensione”, il presidente uscente tira un sospiro di sollievo: è davanti a Marine Le Pen e da quel vantaggio (al primo turno di 5 anni fa prese il 24% con 8 milioni e 600mila voti) può ripartire. Ma non è sufficiente per dormire sonni tranquilli. Soprattutto perché il bacino di elettori a cui deve guardare ora è quello della sinistra radicale di Mélenchon e che nella maggior parte dei casi lo considera il presidente “dei ricchi” e comunque ormai troppo a destra per essere “accettabile”. Macron sa che ora inizia la parte difficile della campagna e, davanti ai suoi sostenitori, ha esordito ribadendo che l’elezione decide anche gli equilibri europei nel bel mezzo della guerra tra Ucraina e Russia: “Nulla è acquisito, il dibattito che avremo nei prossimi quindici giorni è decisivo per la Francia e per l’Europa”, ha detto. Quindi si è rivolto agli altri candidati a sinistra, dicendo di essere pronto a unirli in un nuovo progetto: “Ringrazio Anne Hidalgo, Yannick Jadot, Valérie Pécresse e Fabien Roussel, che questa sera mi hanno sostenuto. Contatterò tutti coloro che vogliono lavorare per la Francia e sono pronto a inventare qualcosa di nuovo per riunire diverse sensibilità e costruire con loro un grande movimento politico di unità e di azione“. Quindi, ha detto: “Invito solennemente i nostri concittadini, quale che sia stata la loro scelta al primo turno, ad unirsi a noi”. E poi rivolgendosi in particolare a Mélenchon, ha aggiunto: “Alcuni lo faranno per fare muro contro l’estrema destra. Sono pienamente cosciente del fatto che questo non è un sostegno al mio progetto, ed è una cosa che rispetto. So che questa è la scelta fatta, per esempio, da Jean-Luc Mélenchon“.

Basterà a Emmanuel Macron per rivincere le elezioni? E’ molto complesso e sicuramente il famoso fronte repubblicano, quello che si è crea ogni volta che l’estrema destra va al secondo turno (2002 e 2017), è sempre più difficile da formare. Lo aveva detto Marine Le Pen durante la campagna elettorale: “Non basta più gridare al lupo mannaro”. E mai come in questo caso aveva ragione. Senza contare che Macron può contare su un debole aiuto da parte degli ex amici Socialisti: Hidalgo, sindaca di Parigi e candidata del partito, non è riuscita ad andare oltre neppure il 2 per cento. E anzi è stata superata perfino dal candidato comunista. Segnali di una crisi pesantissima dentro i partiti tradizionali. Male anche sul fronte dei Verdi. Il risultato del candidato Yannick Jadot è deludente, non si avvicina neanche lontanamente ai successi di Municipali ed Europee e comunque, dopo una campagna elettorale che ha criticato tutto l’operato ecologista di Macron, difficile pensare al travaso dei voti. Resterà solo l’appello alla responsabilità. Ma in due settimane di campagna elettorale, tutto può ancora succedere.

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