Il tanto agognato “decreto Sardegna” è realtà, ma il cammino per l’attuazione del provvedimento volto a riscrivere l’approvvigionamento energetico dell’isola è lungo e incerto. Una cosa, al momento, appare chiara: i tempi della decarbonizzazione andranno ben oltre il 2025 e le centrali a carbone di Enel a Portovesme e di Ep a Fiume Santo funzioneranno ancora per anni. Alle incognite burocratiche c’è da aggiungere la contrarietà palesata dalla Regione, che attraverso il presidente Christian Solinas (a lungo sollecitato, invano, dalle organizzazioni sindacali a esprimersi sulla questione energetica) ha annunciato di essere intenzionato a “difendere gli interessi dell’isola in tutte le sedi, qualora non venissero apportati correttivi”. In altre parole: all’orizzonte s’intravedono ricorsi.
Cosa prevede il Dpcm – Il decreto firmato dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, prevede l’estensione alla Sardegna della rete elettrica nazionale e della fornitura del gas metano. Risorsa, quest’ultima, di cui l’isola non può ancora disporre (il che costituisce una forte penalizzazione in fatto di costi) e che verrà garantita attraverso un sistema infrastrutturale composto da navi-spola e rigassificatori. L’estensione del sistema dell’elettricità si basa invece sulla realizzazione del cavo Sardegna-Sicilia, compreso nel “Tyrrhenian link”, il progetto di collegamento sottomarino tra le due isole e il continente. Gli snodi centrali della metanizzazione saranno le “Fsru”, acronimo di “floating storage and rigasification units” (unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione), da installare a Portovesme e Porto Torres, e l’impianto di rigassificazione nell’area portuale di Oristano. Il testo del decreto aveva già ottenuto il via libera dai ministri dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, delle Infrastrutture Enrico Giovannini e della Transizione ecologica Roberto Cingolani, e ha visto il contributo anche della viceministra allo Sviluppo Alessandra Todde (M5S), che ne evidenzia i vantaggi economici: “Il provvedimento dà attuazione ed estende una misura su cui avevo lavorato nel Semplificazioni 2020. La rete nazionale sarà estesa alla Sardegna, anche a fini tariffari, attraverso un collegamento virtuale che comprende le due navi metaniere a Portovesme e Porto Torres”. Si tratta della cosiddetta “virtual pipeline” in grado di far arrivare il gas e alimentare i poli industriali con gli stabilimenti energivori, alle prese con l’impennata dei costi che hanno già costretto alla cassa integrazione la Portovesme srl, fabbrica di piombo e zinco. Todde cita anche il passaggio – pur molto generico – sulle fonti rinnovabili contenuto nel Dpcm: “Dovranno essere fatti interventi di elettrificazione e si parla di generazione a fonte rinnovabile: il Dpcm costituisce un punto di partenza, con risvolti anche sul piano nazionale in quanto aumenta la capacità di rigassificazione della penisola”.
Polemiche e dubbi dalla Regione – Già nelle scorse settimane il presidente Christian Solinas aveva scritto al ministro Giorgetti (suo alleato politico) chiedendogli di posticipare la firma e avanzando alcune perplessità, tra cui la mancanza di una tempistica certa per la realizzazione delle opere, l’esclusione di quasi tutta la provincia di Nuoro e l’incognita sull’eventuale rigassificatore di Cagliari. Perplessità ribadite dall’assessora all’Industria Anita Pili, che ha rimarcato come la configurazione energetica prevista dal decreto non rispetti l’autonomia della Regione, né risponda alle esigenze dell’isola. “Lo evidenzia soprattutto la suddivisione a due velocità riservata ai Comuni”, dice Pili. “Infatti si preclude senza una motivazione, la possibilità a oltre 500mila sardi di beneficiare del gnl (gas naturale liquido, ndr) e delle tariffe perequate. Non si capisce perché, nel momento in cui il Governo nazionale chiede all’Europa di applicare una perequazione del costo del gas per i cittadini italiani, alla Sardegna sia riservato un trattamento diverso, prevedendo il calmiere solamente per i cantieri conclusi e in fase di ultimazione. Come Regione Sardegna, e il Presidente lo ha ricordato più volte, abbiamo ripetutamente rivendicato l’opportunità di discutere il decreto nelle sedi competenti. Di solito i decreti, anche riguardanti singole Regioni, vengono discussi nella Conferenza Stato-Regioni, in seguito si acquisisce l’intesa. Nel caso della Sardegna non è accaduto questo. Confidiamo nell’apertura di un confronto politico che rimetta le priorità e i diritti dei sardi al centro del dibattito e delle azioni governative nazionali”.
Le critiche della Cgil – Dure critiche alla Regione sono arrivate dai rappresentanti sindacali che, subito dopo la firma del Dpcm, avevano accolto con soddisfazione un risultato sollecitato da mesi. Decisa la presa di posizione di Samuele Piddiu, segretario della Cgil sarda: “C’è da chiedersi dove fosse Solinas quando in Sicilia è stato firmato l’accordo sul Tyrrhenian link o quando Enel annunciava che non avrebbe riconvertito a gas la centrale Grazia Deledda. Oppure dove fosse in questi anni, nei quali non veniva realizzata la dorsale del metano. O in questi mesi, quando il governo nazionale proponeva alla Regione le bozze del decreto Sardegna firmato da Draghi dopo una lunghissima attesa”. Secondo Piddiu, che ricorda al governatore sardo di non aver detto per mesi una parola contraria nonostante avesse il decreto sotto gli occhi, “evidentemente ora importa celare il fatto di aver gestito male la partita dietro una protesta di facciata contro lo Stato cattivo, con il tentativo maldestro di trovare l’espediente per restituire a questo governo un piglio forte che ovviamente non ha”.
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