Una lunga barba bianca e un’immensa voglia di verità. Vincenzo Agostino lo ha giurato quasi 33 anni fa: non la taglierà finché non verrà fatta giustizia sulla morte di suo figlio Nino. E proprio Vincenzo e la sua battaglia contro Cosa Nostra, sono al centro di Io lo so chi siete, il film documentario di Alessandro Colizzi e Silvia Cossu, proiettato ieri, giovedì 24 marzo, al cinema Anteo di Milano.

È il 5 agosto del 1989 quando a Villagrazia di Carini due killer uccidono il poliziotto Nino Agostino e la moglie Ida Castelluccio, incinta di due mesi, all’ingresso di casa dei genitori di Nino, Vincenzo e Augusta. “Io lo so chi siete” è la frase che urla Ida Castelluccio agli assassini poco prima di morire. “È uno dei casi più inquietanti e oscuri di tante stragi siciliane per la quantità e qualità dei depistaggi e delle anomalie che si sono riscontrate”, spiega la sceneggiatrice Silvia Cossu. Mentre il caso viene spacciato, inizialmente, per “omicidio passionale”, “ignoti uomini dello Stato” entrano a casa Agostino e fanno sparire documenti e appunti sulle indagini che il giovane poliziotto stava conducendo. Nino, infatti, di giorno era un agente delle volanti e la sera diventava cacciatore di latitanti. Ma saranno anni di buio e silenzio. Solo la battaglia di Vincenzo e della moglie Augusta (morta pochi anni fa) porteranno a tracciare i contorni di una vicenda sempre più avvolta nel mistero: dentro c’è il fallito attentato all’Addaura contro il giudice Giovanni Falcone, la storia di “faccia di mostro” e tanti altri intrecci. Oggi però non esiste ancora una verità giudiziaria sulla vicenda.

“Una storia ancora senza verità che è troppo vicina alla storia della strage di via d’Amelio perché gli attori e lo scenario sono gli stessi: cioè quelle commistioni tra mafia e Stato deviato”, racconta Salvatore Borsellino presente, insieme agli autori, alla presentazione, moderata dal giornalista Giuseppe Pipitone del Fattoquotidiano.it. Un documentario che racconta la vicenda tramite gli occhi e la storia di quel “monumento vivente al dolore di Palermo” che è Vincenzo Agostino. “Per me questo non è un mio film ma è il film di Vincenzo e della sua famiglia”, spiega il regista Alessandro Colizzi: “La figura di un uomo straordinario con un’umanità straordinaria che ha vissuto una vicenda tremenda e che ha trasformato questo dolore in una lunga battaglia, intuendo che la cosa importante è comunicare ai giovani una serie di valori per cercare di seminare qualcosa per un futuro diverso”.

“Ci sono tre linee di racconto: quello che è accaduto a Nino e Ida, la contestualizzazione della vicenda dal punto di vista storico, alla luce di quello che è emerso in questi anni e la militanza di Vincenzo Agostino, oltre 30 anni di battaglie senza mai rassegnarsi”, aggiunge Silvia Cossu. La ricerca di quella verità per la quale tanto si è battuto e continua a battersi anche Salvatore Borsellino: “Sono pessimista ma fiducioso”, commenta il fratello del giudice ucciso il 12 luglio del 1992. “La speranza ce l’ho ma la passo ai giovani che incontro nelle scuole. Sono loro – sottolinea – che spero riusciranno a vedere verità e giustizia e che faranno sentire al nostro Paese quel fresco profumo di libertà per il quale Paolo ha sacrificato la vita ma che non ha potuto sentire”.

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