Chiusura positiva per le borse europee. Londra ha guadagnato lo 0,8%, Francoforte l’1,4%, Parigi lo 0,8% Milano lo 0,7%. A Wall Street l’indice S&P500 cede lo 0,1%, il Nasdaq arretra dello 0,9%. A piazza Affari corre Leonardo che ha portato a casa un rialzo dell’ 11,5%. Forti rialzo anche per Telecom (+ 4,8%) e Iveco (+ 5%) che recupera parte dei cali dei giorni scorsi. Sempre chiusa la borsa di Mosca, il rublo guadagna il 2,2% sul dollaro. Petrolio (brent) in rialzo del 2% a 111,5 dollari/barile. Gas in rialzo del 5,7% a 133 euro per megawatt/ora Sul mercato dei titoli di Stato il Btp decennale paga l’1,85%, l’equivalente tedesco lo 0,24%. Differenziale (spread) a 161 punti.

Non ci sono le condizioni per il default della Russia. A dirlo è il Cremlino, secondo quanto riporta l’agenzia russa Tass. Il debito statale russo denominato in valuta estera ammonta a poco meno di 50 miliardi di dollari. Nel complesso il paese e le sue aziende hanno un debito estero in sospeso di circa 491 miliardi di dollari . Di questi, circa 80 miliardi di dollari dovrebbero essere versati nei prossimi 12 mesi. La Russia “ripagherà i suoi debiti esterni in rubli, ma faremo la conversione se le nostre riserve di oro e valuta estera saranno scongelate“, ha detto ieri il ministro delle Finanze Russe Anton Siluanov, aggiungendo che “nelle scorse due settimane le nazioni occidentali hanno effettivamente lanciato una guerra economica e finanziaria contro la Russia”. “L’Occidente – ha detto Siluanov secondo la Bloomberg – ha fatto default sui suoi obblighi finanziari verso la Russia, congelato il nostro oro e le riserve valutarie, cercato di boccare il nostro commercio estero, il nostro export, con ogni mezzo possibile, danneggiando in questo processo il commercio globale”.

La banca centrale russa dispone di riserve per un valore equivalente a 680 miliardi di dollari, circa la metà sono però detenute all’estero e sotto il “controllo” di altre banche centrali. Poco più del 30% di queste riserve è denominato in euro, il 16% in dollari, il 14% in yuan cinesi, il 7% in sterline inglesi. Il 22% è in forma di oro, materialmente custodito in Russia ma difficile da vendere. Tuttavia Mosca continua a incassare i pagamenti per il suo gas e il suo petrolio. Al momento solo Gran Bretagna (da fine anno) e Stati Uniti hanno bloccato l’import, si tratta peraltro di due paesi che comprano quantitativi di idrocarburi russi molto modeste. Secondo i calcoli dell’ufficio studi del fondo Algebris il combinato disposto di svalutazione del rublo (e quindi meno importazioni) e aumento del prezzo materie prime assicurerà a Mosca nel 2022 un surplus di 200 miliardi di dollari ossia 2,5 volte i fondi necessari per rispettare i vincoli creditizi del paese.

Ieri gli obbligazionisti di Russian Railways, il gestore ferroviario russo interamente controllato dal governo, non hanno ricevuto l’atteso pagamento della cedola, Le ferrovie russe potrebbero essere il primo gruppo a mancare un pagamento in valuta estera dopo il decreto con cui Putin ha imposto di rimborsare in rubli i creditori dei cosiddetti “Paesi ostili”. Sinora i colossi dell’energia Gazprom e Rosneft hanno regolarmente pagato gli importi dovuti in dollari.

Due giorni fa l’agenzia di rating statunitense Fitch ha definito “imminente” il rischio di un default di Mosca. Nei gironi precedenti Standard & Poor’s e Moody’s avevano ridotto il giudizio sul paese ad un solo livello sopra il fallimento. Oggi Moody’s ha tagliato di quattro livelli il rating della Bielorussia, da Ba3 a Ca, ultimo gradino prima del default, con outlook negativo. Secondo Moody’s “un default della Bielorussia è sempre più probabile per via dei timori sull’intenzione del governo di rimborsare i propri debiti e sulle attese che un eventuale supporto finanziario della Russia”, storico puntello di Minsk, “non sarà probabilmente usato a questo scopo”. Oggi anche Scope Ratings, l’agenzia tedesca, taglia il giudizio sulla Russia a C vedendo “alte probabilità di default’ a seguito delle misure intraprese dall’Occidente dopo l’invasione dell’Ucraina. Nei giorni scorsi anche le altre agenzie di rating avevano declassato il debito russo e delle società e istituzioni finanziarie del paese.

Mosca valuta anche la possibilità di nazionalizzare le attività locali di aziende estere che stanno lasciando il paese. Un’ipotesi criticata oggi da Vladimir Potanin, oligarca vicino al Cremlino che ha detto “Le nazionalizzazioni ci riporterebbero indietro al 1917″, ai tempi della rivoluzione bolscevica. Chiedo un approccio molto cauto alla questione delle confische alle imprese che hanno annunciato di lasciare la Russia”, ha detto Potanin, capo della compagnia mineraria Nornickel, su Telegram.

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