Politica

La storia del giubbotto e degli “sponsor-mostrine” che Salvini ha portato con sé nell’epic fail internazionale in Polonia

Ricostruzione della missione del leader leghista al confine con l'Ucraina, tra la onlus presieduta dalla "papessa" Francesca Chaouqui e la giacca multimarche (con tanto di smentite di Colmar e Audi) di "Cancro primo aiuto", altra associazione di volontariato che coinvolge molti testimonial politici, con una certa trasversalità

La trasferta più disastrosa di sempre. Che la “missione” di Salvini al confine tra Polonia e Ucraina sarebbe finita così, lo si poteva già intuire una settimana fa. Il leader della Lega aveva annunciato la sua imminente partenza dicendo di averne ragionato con Caritas e Sant’Egidio, salvo poi essere smentito da tutt’e due. Deve essere stato allora che Salvini ha deciso di aggregarsi ai volontari di Ripartiamo onlus, associazione presieduta da Francesca Immacolata Chaouqui, la “papessa” rimasta coinvolta nello scandalo Vatileaks 2. Con loro da Varsavia è arrivato fino a Przemysl per “aiutare chi scappa dalla guerra”. Ma il viaggio si è trasformato in un’umiliazione davanti al mondo intero, non appena il sindaco della cittadina polacca vicina al confine gli ha chiesto provocatoriamente di indossare una maglietta col volto di Putin. E alla figuraccia ha contribuito anche quello che Salvini già indossava: il giaccone di un’altra associazione, Cancro primo aiuto onlus, con tanto di sfilza di sponsor sul petto che hanno iniziato a dissociarsi da lui, uno a uno.

Ripartiamo Onlus respinge le polemiche”, dice Chaouqui cercando di porre l’accento sulla sua opera di volontariato “finalizzata a salvare quante più vite possibili e ad offrire un rifugio sicuro a donne e bambini che scappano dalla guerra”. Ma non entra nel merito dell’epic fail mediatico di Salvini. Chaouqui non lo aveva di certo previsto, anzi il viaggio avrebbe dovuto rinfrescare l’immagine di Salvini: dal fiero putiniano di un tempo al politico solidale coi profughi ucraini che è bene ospitare in Italia. Non lo aveva previsto pur essendo, oltre che pr e lobbista, un’esperta di comunicazione: nel 2015 Chaouqui ha fondato View Point Strategy, agenzia cui è legata la onlus Ripartiamo tanto da condividere la sede in via Sant’Elena a Roma. Proprio qui Salvini era stato fotografato entrare due anni fa dal quotidiano online Tpi che, citando una fonte, riferiva di più incontri tra i due: per discutere di comunicazione e, presumibilmente, per cercare l’appoggio al Carroccio di certe sfere vaticane. Del resto una certa vicinanza tra Salvini e Chaouqui si era già notata a inizio 2019, quando Maria Giovanna Maglie, giornalista vicinissima alla Lega, era stata silurata dalla Rai e così aveva ideato una striscia quotidiana da mandare in streaming sulle pagine web gestite da Luca Morisi. A produrre la striscia era stata chiamata proprio Chaouqui con la sua View Point Strategy.

Ora Salvini è partito con la sua onlus, ma s’è portato dietro la giacca di un’altra associazione, Cancro primo aiuto, che ha sede a Monza e raccoglie fondi a favore di pazienti oncologici e strutture sanitarie. Una onlus che ha una particolarità: coinvolge nelle sue attività molti nomi della politica lombarda, con una certa trasversalità. Ne sono presidenti onorari il governatore Attilio Fontana e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e vicepresidenti onorari il segretario lombardo del Pd Vinicio Peluffo e l’assessore regionale di Forza Italia Fabrizio Sala. Mentre tra i testimonial, spicca per l’appunto Salvini, che in virtù di questo ruolo aveva a disposizione la giacca di solito usata da testimonial e sostenitori negli eventi della onlus.

Ma perché l’ha portata fino in Polonia? In segno di sostegno all’associazione, ha fatto sapere lui. Solo che così, alla figuraccia per la maglietta di Putin, s’è aggiunta quella per la giacca. I loghi degli sponsor messi in fila uno all’altro come mostrine non si potevano non notare e hanno iniziato a fare il giro dei social tra sfottò e critiche. E i brand hanno iniziato a dissociarsi, come Colmar: “In merito a quanto emerso a mezzo social circa l’associazione erronea del marchio Colmar alle esternazioni, di una rappresentanza della politica italiana, Colmar rimarca la propria opposizione a qualsiasi forma di promozione o sponsorizzazione di personalità politiche italiane ed estere e di qualsiasi loro esternazione passata, presente o futura”. E come Audi, che ha diramato una nota analoga.

Al fuggi fuggi generale non partecipa Areu, l’Agenzia regionale di emergenza urgenza della Lombardia, il cui logo faceva bella mostra sul braccio di Salvini. A una richiesta di chiarimenti de ilfattoquotidiano.it, il 118 lombardo risponde: “Areu, nella persona del direttore generale Alberto Zoli, aderisce alla onlus che ha supportato in diverse occasioni l’Agenzia attraverso la donazione di materiali e mezzi. La giacca è stata confezionata da Cancro Primo Aiuto durante il periodo pandemico, la presenza del logo di Areu rappresenta la collaborazione e la reciproca riconoscenza per quanto donato dalla onlus e per il lavoro effettuato dall’Agenzia durante il Covid 19”. Cancro Primo Aiuto non vuole entrare nel merito del perché la giacca sia volata fino al confine tra Ucraina e Polonia, ma su Facebook pubblica una foto in cui diverse personalità ne indossano una simile. “Le polemiche di queste ore non hanno nulla a che vedere con l’attività della nostra onlus che si occupa da 26 anni di accesso alle cure, prevenzione e supporto psicologico per i malati di cancro e per i loro famigliari – dice l’associazione in una nota -. Cancro Primo Aiuto ogni giorno collabora con istituzioni e imprese per perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale nel campo dell’assistenza ai malati oncologici. Non intendiamo rispondere a polemiche evidentemente pretestuose”.

Twitter @gigi_gno