Il catasto si conferma terreno minato per il governo e spacca ancora una volta la maggioranza. Ma stavolta la tensione sale di livello, fino ad arrivare all’ultimatum. Dopo che martedì sera la Lega ha confermato di non voler fare passi indietro sulla richiesta di stralciare la revisione del catasto dalla delega fiscale, nonostante nel 2014 abbia votato un testo che diceva esattamente le stesse cose, oggi la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra ha detto che l’approvazione dell’articolo 6 è dirimente. Un prerequisito per mandare in porto l’intera riforma fiscale e probabilmente l’azione del governo. Tradotto: “Se non è approvato – ha detto – si ritiene conclusa l’esperienza di governo“. Del resto due settimane fa il premier Mario Draghi aveva spiegato che delega fiscale, ddl Concorrenza e riforma del Codice appalti “sono il blocco dei provvedimenti principali” per l’attuazione del Recovery plan. La linea resta quella, espressa da Draghi anche ai capi delegazione delle forze di maggioranza dopo esser salito al Colle per incontrare Sergio Mattarella.

Forza Italia “vista la delicatezza” del tema ha chiesto una sospensione delle discussioni. Nel corso dell’ufficio di presidenza è passata la proposta di darsi 24 ore per provare a trovare una soluzione: il voto, che il governo voleva si tenesse subito, è stato rinviato a domani dietro l’impegno dei forzisti a presentare entro questa sera una proposta non più soppressiva dell’articolo 6. In serata, però, la trattativa non è decollata: secondo quanto si apprende da più fonti parlamentari Forza Italia non ha formalizzato, come si era invece impegnata a fare, una proposta di emendamento che riformuli il testo della delega fiscale e superi la richiesta, firmata inizialmente da tutto il centrodestra, di stralciare dalla delega l’articolo 6 sulla riforma del catasto. “Siamo ancora in alto mare” e questo “non è un buon segno”, osservano dagli altri partiti di maggioranza. Domani la commissione, secondo gli accordi presi nel pomeriggio, in ogni caso dovrebbe iniziare a votare partendo dal catasto.

E dire che in giornata il fronte contrario alla riforma si è cominciato a sfaldare: Maurizio Lupi (Noi con l’Italia) e Nadia Aprile del Misto hanno tolto la firma dall’emendamento soppressivo sostenuto finora da tutto il centrodestra. La Lega per ora resta inamovibile: i capigruppo nelle commissioni Bilancio e Finanze Massimo Bitonci e Giulio Centemero e il vicepresidente della VI commissione Alberto Gusmeroli a nome di tutti i commissari Lega definiscono “gravissimo l’aut-aut della sottosegretaria al Mef. Minacciare la crisi di governo qualora non si approvasse così com’è la riforma del catasto è da irresponsabili. Il Parlamento ha tutto il diritto di discutere e presentare emendamenti laddove non ci sia convergenza sul provvedimento”. Fratelli d’Italia è sulla stessa linea. Anche in FI non mancano le voci contrarie alla mediazione: Gabriella Giammanco, vice presidente del gruppo Forza Italia al Senato, si è detta “basita” per l’ultimatum. Proteste anche da parte M5s: Marco Pellegrini, vicepresidente del gruppo del Senato, parla di “parole e pressioni semplicemente irricevibili” e spiega: “Non vorremmo che questo pressing, del tutto irrituale da parte del Governo, tradisse un’interpretazione della delega fiscale troppo appiattita sulla norma relativa al catasto e che, quindi, ritenesse meno significativi quei contenuti che hanno l’obiettivo di continuare ad abbassare il peso delle tasse su famiglie e imprese e semplificare ulteriormente il Fisco”.

Per capire l’accelerazione delle ultime ore serve un passo indietro. L’arrivo in Aula del ddl sul fisco era inizialmente previsto per il 28 febbraio. Dopo l’incidente parlamentare che nella notte tra 16 e 17 febbraio ha visto il governo andare sotto quattro volte in commissione, si è deciso di rinviare l’esame degli emendamenti tra cui quelli leghisti sullo stralcio della riforma del catasto, nonostante il presidente del Consiglio Mario Draghi abbia in più occasioni rassicurato che la revisione – un mero affiancamento ai valori catastali di quelli di mercato, per avere un quadro più trasparente della situazione – avverrà a invarianza di gettito. Il testo dice esplicitamente che le nuove informazioni, che comunque saranno disponibili solo tra cinque anni, non verranno usate per la determinazione della base imponibile dei tributi. Martedì, proprio nella giornata in cui il premier ha riferito al Parlamento sulla situazione in Ucraina e la decisione italiana di inviare armi, la sottosegretaria ha dunque chiesto ai partiti di maggioranza di ritirare tutti gli emendamenti soppressivi.

Anche il consigliere economico di Draghi, Francesco Giavazzi, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, hanno partecipato alla riunione, convocata dal presidente di commissione Luigi Marattin. Risultato: fumata nera, appunto. Matteo Salvini ha addirittura approfittato dell’intervento sulla guerra in Ucraina per suggerire che il Parlamento in questa fase non dovrebbe occuparsi di fisco immobiliare, in nome della pace: “Mi domando se per fermare una guerra non valga la pena di impegnarci tutti, ventiquattr’ore su ventiquattro fino a che non ci sarà il cessate il fuoco, per metterci fisicamente, moralmente e politicamente a disposizione dello strumento più grande e bello del mondo che è la pace”.

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