Contagi e ricoveri in aumento e record di casi. Cosa succede in Israele? Il paese pioniere nella prevenzione al Covid 19, con la decisione di somministrare il booster del vaccino già mesi fa e con oltre mezzo milione di persone che hanno ricevuto la quarta dose, è nel pieno della “quinta ondata”. Ma non si tratta dello tsunami che si immagina leggendo il numero di infezioni registrate (quasi 50mila il 13 gennaio scorso ma poco più di 38mila venerdì) come spiega al fattoquotidiano.it Omer Niv, vice direttore dello Schneider Children’s Medical Center of Israel, l’ospedale pediatrico più grande del paese.
I dati, elaborati da ministero della Sanità, dicono che solo il 6% degli israeliani over 60 anni non è vaccinato e che questi rappresentano il 35% dei casi gravi. I malati in condizioni critiche (317 il 14 gennaio scorso) e i decessi sono inferiori rispetto alle ondate precedenti, anche se i 31 morti registrati venerdì fanno segnare un +93,8% rispetto alla settimana precedente. Dati che non rappresentano un’emergenza almeno per il momento nel paese che ha ancora una percentuale di non vaccinati (il 65% della popolazione è completamente vaccinato. A questi numeri però si aggiunge l’incognita varianti. Anche se Omicron, secondo gli studi preliminari, potrebbe essere meno virulenta di Delta, l’inizio della fine della pandemia non si intravede ancora: “Del Covid sappiamo ancora poco, è molto difficile parlare del futuro” dice il medico.
Nei giorni scorsi abbiamo letto che Israele ha registrato un numero record di contagi. Qual è la situazione negli ospedali?
Siamo nel pieno della quinta ondata, ma non abbiamo molti pazienti intubati o in situazione critica. A oggi soltanto 80 persone hanno bisogno di assistenza ventilatoria.
Ottanta in tutto il paese?
Sì e la maggior parte non sono vaccinati. In Israele però ci sono solo 10 milioni di abitanti. Se volessimo fare un confronto con l’Italia dovremmo moltiplicare per sei. Se ci sono pochi pazienti che sono gravi è proprio perché il vaccino è sicuro ed efficiente. Il vaccino cambia il risultato finale dell’infezione.
L’aumento dei contagi quindi riguarda persone vaccinate che si contagiano ma non si ammalano?
Si ammalano, ma come se fosse un’influenza. Tosse, un po’ di febbre, stanchezza ma niente di più. La maggior parte delle persone vaccinate che si infettano hanno questi sintomi.
Ma questo dipende solo dal vaccino o dal fatto che Omicron, secondo alcuni studi preliminari, sembra essere meno aggressiva di Delta?
Probabilmente dipende da entrambi i fattori. Omicron è meno potente di quanto pensavamo all’inizio. I primi giorni le notizie che riguardavano Omicron erano devastanti, pensavamo che sarebbe stata la fine del mondo. Il vaccino poi sia con Delta che Omicron protegge. Uno scudo molto forte.
Lei è vice direttore di un ospedale pediatrico, l’altro giorno però proprio da Israele è arrivata la notizia che il più grande presidio ospedaliero si preparava ad allestire un reparto ad hoc per i ricoveri causa Covid di bambini. Vi state preparando anche voi? Avete ricoverato molti bambini?
Assolutamente no. Noi vediamo bambini che sono ricoverati con il coronavirus e non a causa del coronavirus. C’è una grande differenza. Bambini con altre patologie che sono positivi. I bambini vaccinati sono protetti dal Covid.
Ma nel suo ospedale quanti bambini sono ricoverati per Covid?
Quattro tra i 5 e i 15 anni. Uno ha il diabete, un altro la leucemia. Uno è ricoverato per appendicite, il quarto ha tosse in forma più grave.
Ci sono alcuni scienziati che ritengono che l’arrivo di Omicron possa segnare l’inizio di una fase endemica. Cosa ne pensa? Diventerà davvero una influenza?
Del Covid sappiamo ancora poco e nessuno due anni fa poteva immaginare che saremmo stati in questa situazione oggi. Dobbiamo continuare a stare attenti con il virus. Le varianti possono essere sempre diverse e sempre di più.
L’incognita varianti quindi impedisce di ipotizzare almeno un inizio per la fine della pandemia?
Proprio così, non possiamo parlare del futuro.
Su Science nella primavera del 2020 fu pubblicato uno studio che ipotizzava, analizzando l’andamento di altri quattro virus respiratori, che dopo una serie di ondate nel 2022, un assestamento nel 2023, il 2024 poteva essere l’anno del ritorno alla normalità. All’epoca sembrò una previsione drammatica, ma probabilmente la prospettiva potrebbe essere questa
È molto difficile parlare del futuro. Credo che non ne sappiamo abbastanza del coronavirus. Anche del prossimo mese non possiamo sapere cosa succederà.
Per monitorare il virus i virologi ritengono necessario sequenziare i genomi e parte alcuni paesi nelle banche date vengono depositati poche sequenze. E una ipotesi è che Omicron abbia fatto anche un passaggio nei topi…
Purtroppo il virus lo inseguiamo e non lo precediamo. Domani potremmo avere di fronte un altro virus o un’altra mutazione patogena e potremmo essere ancora impreparati.
In Israele come procede il sequenziamento?
Sì sequenziamo e questo ci dice che la maggior parte dei contagi è dovuto a Omicron, anche se circola ancora la variante Delta.
Ma nulla di nuovo
Non lo sappiamo, ma domani potrebbe arrivare.
Forse avere certezze scientifiche sulla origine del virus aiuterebbe a conoscere meglio il comportamento del virus
Secondo me è impossibile parlare con certezza dell’origine. Forse qualche anno sapremo di più. Forse.
C’è qualcosa che vuole aggiungere?
È importante dire ai genitori che il vaccino è sicuro ed efficace, protegge i nostri bambini. Si fidino degli scienziati e dei medici. Il vaccino è il game changer.
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