Nuovo sabato caldo a causa dei cortei dei no green pass, diventati un appuntamento fisso in diverse città italiane. Le piazze più affollate sono quelle di Milano e Trieste: nel capoluogo lombardo i manifestanti sfilano ancora una volta senza un percorso prestabilito, dopo che l’incontro in Questura si è concluso con un nulla di fatto, e hanno deviato dall’itinerario autorizzato bloccando il traffico lungo la circonvallazione. Le forze dell’ordine sono state chiamate di nuovo ad arginare flussi di persone che tentavano cambi di direzione, come già accaduto sabato scorso, quando i dimostranti hanno più volte violato gli accordi stabiliti: da 16 settimane ormai i cortei causano pesanti disagi a cittadini e commercianti e hanno portato a prese di posizione da parte di enti, associazioni ed istituzioni che parlano di perdite economiche quantificabili in decine di milioni di euro. A Trieste invece i partecipanti al settimo corteo del Coordinamento no green pass sono stati ottomila: è il secondo numero più alto degli ultimi dieci anni in città, dopo i 15mila del corteo dell’11 ottobre, alla vigilia dell’introduzione del pass obbligatorio sul luogo di lavoro. Si è registrato un tentativo di sfondamento in piazza Unità d’Italia (blindata fin dal mattino) respinto con una carica dalle forze dell’ordine.

Milano – Circa quattromila secondo la Questura i partecipanti al sedicesimo corteo nelle vie del centro, partito intorno alle 17.30 di sabato. Tra i manifestanti anche un gruppo di lavoratori della logistica con i gilet gialli, che esponevano lo striscione “ora e sempre resistenza”. Ancor prima dell’inizio, durante il concentramento in piazza Fontana, due uomini – due fratelli – hanno spintonato il giornalista di Fanpage Saverio Tommasi mettendogli una mano sulla telecamera per cercare di impedire le riprese, e sono stati accompagnati in Questura: tra i cori più ripetuti anche “giornalista terrorista”. A fronte delle minacce e aggressioni già osservate durante gli scorsi sabati, la Federazione nazionale della stampa (Fnsi) aveva chiesto “alle forze dell’ordine la massima vigilanza possibile nei confronti degli operatori dell’informazione che saranno presenti in piazza oggi a Milano”. “Non è trascorsa manifestazione senza che qualche collega venisse infastidito, intimidito, insultato o spintonato. Siamo estremamente preoccupati per questo clima da caccia alle streghe soprattutto in un contesto di ordine pubblico in cui, per l’ennesima volta, non è stato possibile un accordo sul percorso della manifestazione”, ha ribadito il Gruppo cronisti lombardi.

La folla ha deviato dal percorso imposto dal questore Giuseppe Petronzi: arrivati a metà di corso di Porta Romana, invece di girare a sinistra in via Lamarmora gran parte dei manifestanti hanno imboccato corso di Porta Vigentina, percorrendo quindi una strada non prevista. Il corteo ha provato a dirigersi verso la Darsena, paralizzando completamente il traffico in viale Beatrice D’Este, parte della circonvallazione: “Bloccati dai reparti che hanno impedito loro di proseguire, si sono ulteriormente frammentati in gruppi che si muovono confusamente al deliberato scopo di creare confusione e bloccare il traffico”, spiegano dalla Questura. Ancora, “durante il percorso si è registrato un nuovo episodio di aggressione verbale verso un videomaker: anche in questo caso, la Polizia di Stato ha fermato l’aggressore enucleandolo dal corteo ed identificandolo. Allo stesso tempo, un giovane manifestante è stato fermato dalla Polizia in quanto aveva appena imbrattato con una scritta dei mezzi di Polizia ed è stato accompagnato in Questura”. Alcuni manifestanti hanno portato in spalla una bara di cartone avvolta in una bandiera dell’Italia con appoggiati dei garofani, per celebrare “il funerale della libertà“. In strada è sceso anche Paolo Maurizio Ferrari, l’ex brigatista rosso uscito dal carcere nel 2004 dopo aver scontato trent’anni senza mai dissociarsi dalla lotta armata, già presente in altri sabati di proteste e denunciato con altri manifestanti.

Le disposizioni delle autorità prevedevano il passaggio del corteo in piazza Duomo, via Mazzini, piazza Missori, corso di Porta Romana, viale Caldara, viale Regina Margherita, piazza V Giornate, viale Bianca Maria, corso XXII Marzo, viale Piceno, via dei Mille, viale Abruzzi, piazzale Loreto, corso Buenos Aires con arrivo “in piazza Oberdan, dove la manifestazione dovrà concludersi” alle ore 21, evitando quindi di toccare obiettivi sensibili come la Camera del lavoro, già oggetto di tentativi di assalto. Formula contestata dai capi delle proteste che hanno accusato di “scorrettezza” la Questura, spiegando che per loro era irrinunciabile sfilare accanto ad almeno due obiettivi sensibili tra la sede del quotidiano Libero, l’Università Statale e la Regione Lombardia. Da via Fatebenefratelli rispondevano definendo “opinabili” le dichiarazioni e spiegando che i promotori del corteo si sono presentati “soltanto venerdì mattina, dopo ripetuti inviti”. È stato proposto, chiariscono, un “percorso plausibile che manteneva il passaggio nei pressi di alcuni punti indicati dai manifestanti, oltre che il transito attraverso piazza Duomo. L’obiettivo era quello di dare alla manifestazione un’adeguata visibilità, salvaguardando, allo stesso tempo, gli obiettivi sensibili e permettendo di contenere i disagi alla viabilità e al commercio. “Credo che ci saranno più forze dell’ordine rispetto alla volta scorsa, quando molte persone erano impegnate a Roma per il G20”, ha detto il sindaco Giuseppe Sala. “A questo punto vedremo cosa succederà. Il questore ha dato delle disposizioni e io non ho nessun elemento per dire se verranno rispettate o meno”.

Trieste – La manifestazione è partita alle 15 da piazza Libertà: per la Questura i partecipanti sono almeno ottomila, mentre gli uomini delle forze dell’ordine schierati sono 400. Ai partecipanti era stato prescritto da un’ordinanza del sindaco di tenere la distanza interpersonale e indossare la mascherina, ma sono stati ben pochi a rispettare le disposizioni nonostante gli appositi richiami arrivati dal furgone con altoparlante in testa al corteo. La protesta è stata scandita dai cori abituali (“Libertà”, “No green pass”, “La gente come noi non molla mai”) e ha compreso anche insulti al premier Mario Draghi, al sindaco Roberto Dipiazza e alla redazione del quotidiano Il Piccolo. Intorno alle 18, un gruppo di circa duecento manifestanti ha tentato di raggiungere piazza Unità d’Italia, blindata fin dal mattino, da piazza della Borsa, spingendo le transenne in avanti nel tentativo di far arretrare lo schieramento delle forze dell’ordine. “Vogliamo entrare nella nostra piazza”, hanno detto ai cronisti. Gli agenti hanno reagito in un primo momento respingendoli e agitando i manganelli: in seguito lo schieramento di forze dell’ordine si è mosso da piazza Unità d’Italia e ha caricato per ricacciarli verso piazza della Borsa. Nel corso dell’azione sono stati rovesciati tavolini e sedie dei locali circostanti. Un cronista del Piccolo e collaboratore di Repubblica, Gianpaolo Sarti, è stato aggredito con un pugno al collo e una testata al volto mentre stava filmando gli scontri.

Alla fine, le forze dell’ordine hanno sgomberato definitivamente la zona dove erano arretrati i manifestanti: polizia e Carabinieri in tenuta antisommossa sono avanzati, senza caricare, allontanando le persone che avrebbero voluto restare a manifestare. In piccole unità di pochi uomini, le forze dell’ordine hanno allontanato tutti facendo roteare i manganelli e utilizzando gli scudi. Dieci persone sono state fermate e portate in Questura per l’identificazione dopo aver tentato di forzare il blocco: a quanto si apprende saranno tutti denunciati per manifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale. È probabile che il numero dei fermi aumenti fino a una ventina entra la tarda serata di oggi. Gli agenti visioneranno i tanti filmati che sono stati girati nel corso della manifestazione, dai quali risultano violazioni di varia natura che potrebbero essere oggetto di denuncia. “Il tentativo di entrare con la forza in piazza Unità è un pessimo episodio, uno scontro cercato da un gruppo di manifestanti e una deliberata violazione della legge, che si aggiunge alla pratica del disprezzo della salute e del mancato rispetto delle regole indicate da Comune e Questura. Intollerabile che Trieste diventi un palcoscenico o un campo di battaglia: i triestini sono ormai stufi di vedersi sequestrata la città una volta alla settimana e di subire danni economici in nome di estremismi antiscientifici o di costituzionalisti improvvisati su Internet. Ringraziamo le forze dell’ordine che hanno subito provocazioni e aggressioni reagendo con grande professionalità”, dichiara la capogruppo del Pd alla Camera Debora Serracchiani, già governatrice della regione Friuli-Venezia Giulia.

“Nel caso in cui non siano rispettate tutte le prescrizioni dell’autorità di pubblica sicurezza, verranno valutate le singole posizioni degli organizzatori e dei manifestanti in relazione alla previsione dell’articolo 18 comma 5 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”, che prevede “l’arresto fino a un anno con l’ammenda da euro 206 a euro 413″, aveva fatto sapere la Questura del capoluogo giuliano. Il corteo “dovrà svolgersi in osservanza delle prescrizioni emesse dal questore di Trieste, in attuazione delle determinazioni assunte in sede di comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”: il provvedimento, “adottato ai sensi dell’articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps), prevedeva che la manifestazione dovesse tenersi dalle 15 alle 18 secondo il seguente itinerario: piazza della Libertà, corso Cavour, Riva 3 Novembre, via Mazzini, piazza Goldoni, via Carducci, piazza Oberdan, piazza Dalmazia, via Ghega, piazza della Libertà”.

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