“Basta con le stragi del profitto, non si può continuare a morire sul lavoro. Ma la politica è assente. E con la riforma Cartabia della giustizia finirà per allontanare ancora di più la voce delle vittime“. A lanciare un appello alle istituzioni, da piazza Santi Apostoli a Roma, è stato il comitato “Noi, 9 ottobre“, che riunisce diverse associazioni di familiari di vittime di stragi e disastri. Dalla quella di Viareggio a Rigopiano, al caso Moby Prince, passando per i parenti di chi ha perso e continua a perdere la vita per l’amianto. E ancora disastri ferroviari come quello di Andria e Corato, fino al ponte Morandi e alla strage alla scuola di San Giuliano di Puglia. E tanti altri. Si sono ritrovati insieme, da tutta la penisola, in occasione della “Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali”, nata nel 2011 per ricordare le 2mila vittime del disastro del Vajont, per chiedere “verità e giustizia”. Non senza lanciare una serie di proposte che, al di là della contestata riforma voluta dal governo Draghi e dalla Guardasigilli Marta Cartabia, possano aiutare a garantire il diritto delle vittime all’accertamento della verità.

“Oggi è necessaria una Procura nazionale unica per delitti ambientali, stragi e sicurezza sul lavoro”, spiega Marco Piagentini, sopravvissuto alla strage di Viareggio, nella quale persero la vita la moglie e due dei suoi tre figli. “I vantaggi? Spesso le Procure sono impreparate ad affrontare casi complessi e persino le morti sul lavoro. A volte per reati simili un’azienda viene condannata da una parte e nemmeno indagata dall’altra, per questo occorre conservare le conoscenze di chi ha lavorato per anni su determinati procedimenti penali, in modo che questo bagaglio di conoscenze non si disperda”, continua. “Ci stiamo lavorando, la proposta di legge è stata incardinata. Certo, i tempi sono stretti, considerati i diversi passaggi delicati da qui a fine legislatura. Ma bisogna approvarla”, ha ammesso Sergio Romagnoli, senatore M5s presente all’iniziativa.

Ma quella della procura nazionale unica non è l’unica proposta. Lucia Vastano, portavoce del Comitato “Noi, 9 Ottobre” e dell’Associazione per la Memoria del Vajont, aggiunge: “Serve riconoscere anche nella nostra Carta costituzionale il diritto delle vittime. Anche perché oggi viene riconosciuto soltanto il diritto degli imputati”.

Dalla piazza è stato così rilanciato l’appello per “un’alternativa a questo modello di sviluppo“, che, hanno spiegato i promotori, “non tiene conto della vita delle persone, della salute e mette in primo piano soltanto il profitto”. Parole rilanciate anche da Moni Ovadia, intervenuto insieme ai manifestanti nel corso del presidio. Anche perché i numeri sono impietosi: “Negli ultimi 10 anni in Italia sono morti più di 17mila lavoratori, oltre 770 già nell’ultimo anno. E sembra non interessare a nessuno”, ha attaccato Michele Michelino, presidente del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio.

Uno scenario reso ancora più complesso, secondo le associazioni, dopo l’approvazione delle nuove norme in materia di giustizia, che hanno cancellato quella riforma Bonafede sulla prescrizione che i familiari delle vittime avevano già difeso in passato, considerandola una svolta per evitare che tante stragi e disastri finiscano per restare impunite: “È vero che gli spazi adesso si restringono. Ma noi continueremo a lottare per la verità”.

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