Ambiente & Veleni

Youth 4 Climate Milano, i temi oltre le parole dei protagonisti: coinvolgimento, giovani, ripresa e consapevolezza della sfida climatica

Il fine ultimo è trovare su ogni tema le soluzioni migliori che entreranno in un documento finale che verrà presentato il 30 settembre, in un incontro con i rappresentanti dei governi che parteciperanno alla Pre-COP. Il primo segnale per capire se in queste ore sia in scena l’ennesimo carrozzone, sarà nel contenuto delle proposte che finiranno sul tavolo della trattativa principale, quella che a novembre porterà fino alla Cop 26 di Glasgow

Le lacrime che l’attivista ugandese Vanessa Nakate non è riuscita a trattenere, dopo aver pronunciato il suo discorso alla seduta plenaria di apertura di ‘Youth 4 Climate’, evento che precede la Pre-COP26, raccontano più di mille parole che cosa significa pagare sulla propria pelle il cambiamento climatico. Nella sua terra, oggi. E raccontano il senso d’urgenza troppo poco presente nei trattati e negli impegni internazionali presi durante le precedenti COP, le conferenze delle parti che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Poco prima dell’intervento di Vanessa Nakate, il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, ha chiesto ai 400 giovani provenienti da tutti i Paesi del mondo che si stanno confrontando in queste ore a Milano di aiutare chi governa “a trovare nuove soluzioni”, mentre l’attivista Greta Thunberg ha replicato che “i leader difettano di azione” e selezionano i giovani facendo “finta di ascoltarci, ma non è vero”. Quello di questi giorni sarà di certo un banco di prova. L’ennesimo.

I QUATTRO TEMI AL CENTRO DEL DOCUMENTO – Si parte da un testo base che affronta quattro obiettivi principali: favorire la partecipazione dei giovani nei processi decisionali, coniugare la ripresa economica dalla pandemia con l’attuazione degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, coinvolgere gli attori non governativi e costruire una società più consapevole delle sfide climatiche. A ogni tema corrisponde un gruppo di lavoro che sarà guidato da due persone: un rappresentante dei giovani e un esperto senior delle organizzazioni internazionali. Dalla bozza, a cui si è giunti dopo mesi di incontri e approfondimenti, parte il lavoro di negoziazione per trovare su ogni tema le soluzioni migliori (ma anche quelle che hanno più probabilità di arrivare fino alla COP26 di Glasgow). Si arriverà a un documento finale che verrà presentato il 30 settembre, in un incontro con i rappresentanti dei governi che parteciperanno alla Pre-COP. Il primo segnale per capire se in queste ore sia in scena l’ennesimo carrozzone, sarà nel contenuto delle proposte che finiranno sul tavolo della trattativa principale, quella che a novembre porterà fino a Glasgow.

CLIMA E DISUGUAGLIANZE – Molti degli attivisti provengono dai paesi più colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, che stanno vivendo sulla propria pelle. Da Haiti all’Alaska, dalle isole del Pacifico alla Cina, dall’Iraq all’Afghanistan. Fino all’Africa, all’Uganda, paese della 24enne Vanessa Nakate, che ha fondato First Fridays For Future Uganda e il Rise up Climate Movement. Nel suo discorso, ha ricordato che proprio in Africa sono già drammatici gli effetti del cambiamento climatico, pur essendo il Continente responsabile per solo il 3% delle emissioni globali di gas a effetto serra. E ha chiesto dove siano quei 100 miliardi di dollari all’anno che i Paesi più ricchi (ormai nel 2009) avevano promesso di stanziare per le nazioni in via di Sviluppo entro il 2020. Eppure proprio il ministro Cingolani ha dichiarato in apertura: “Impossibile separare il cambiamento climatico dalle disuguaglianze globali”. Appunto.

GLI OBIETTIVI DI GASLOW – Di fatto, se la COP 26 di Glasgow punta a definire le ultime regole di trasparenza sulla verifica degli impegni di riduzione delle emissioni e quelle sulle modalità di cooperazione volontarie (articolo 6 dell’Accordo di Parigi), quello sui 100 miliardi per i Paesi in via di Sviluppo è uno degli obiettivi aggiunti dalla presidenza inglese, insieme alle zero emissioni entro il 2050 (limitando la crescita delle temperature non oltre 1,5 gradi), alla protezione di comunità e habitat naturali e alla cooperazione. Che significa approvare il ‘Paris Rulebook’, le regole dettagliate che rendono operativo l’Accordo di Parigi del 2015 e accelerare l’azione per affrontare la crisi climatica attraverso la collaborazione tra governi, imprese e società civile. Questo il contesto in cui si inseriscono i temi dello ‘Youth 4 Climate’ e, quindi, la stessa Pre-COP di Milano.

I GIOVANI NEI PROCESSI DECISIONALI – Il primo gruppo di lavoro (Youth Driving Ambition) è quello che si sta concentrando sulle proposte per favorire la partecipazione dei giovani nei processi decisionali. Il gruppo è presieduto da Tina Stege, inviata per il Clima della Repubblica delle Isole Marshall e Nisreen Elsaim (esperta senior), fisica di 26 anni con un master in energie rinnovabili, presidente del Sudan Youth for Climate Change e dello Youth Advisory Group per il cambiamento climatico, un gruppo di sette giovani leader del clima creato nel 2020 dal segretario generale dell’Onu, António Guterres per consigliarlo sulle questioni legate alla crisi climatica. Nisreem è attivista dal 2012 e le sue battaglie nascono proprio perché il Sudan è uno dei paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Non solo per l’aumento della frequenza di siccità e l’elevata variabilità delle precipitazioni che mette a rischio l’agricoltura e i mezzi di sussistenza per il pascolo, ma anche per i problemi legati a inquinamento, epidemie, sfruttamento eccessivo della terra e dell’acqua e insicurezza alimentare.

RIPRESA SOSTENIBILE – Il secondo gruppo di lavoro (Sustainable Recovery) si occupa del capitolo della ripresa economica dalla pandemia e di come coniugarla con l’attuazione degli obiettivi dall’Accordo di Parigi. Si lavorerà alle proposte su transizione energetica e green jobs, adattamento e resilienza, orientamento dei flussi finanziari, soluzioni basate sulla natura e turismo sostenibile. Il gruppo è presieduto da Ernest Gibson, anche lui dello Youth Advisory Group per il cambiamento climatico e da Kumi Kitamori, capo della divisione per la crescita verde e le relazioni globali dell’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

ATTORI NON GOVERNATIVI – Il terzo gruppo (Non-State Actors’ Engagement) è quello che si occupa del ruolo svolto dagli attori non-governativi nella lotta al cambiamento climatico. Al centro la sostenibilità dei sistemi alimentari, ma anche l’imprenditoria giovanile, lo sport, la moda e l’arte. Il team è presieduto da Jane Costello, direttrice dei programmi per l’Italia del British Council e dall’attivista francese di 22 anni Nathan Metenier, anche lui nel gruppo consultivo per i giovani sui Cambiamenti Climatici del segretario generale dell’Onu. Nella prima giornata è intervenuto da remoto Maurizio Martina, vicedirettore della Fao ed ex ministro dell’Agricoltura.

UNA SOCIETÀ PIÙ CONSAPEVOLE – Il quarto gruppo di lavoro ha il compito di lavorare a proposte per “costruire una società più consapevole delle sfide climatiche”. Questo significa sensibilizzazione pubblica e comunicazione scientifica, riconoscimento del ruolo svolto dalle comunità locali e dalle popolazioni indigene ed educazione ambientale, partendo dal lavoro svolto dall’Action for Climate Empowerment dell’UNFCCC, in riferimento all’articolo 6 della Convenzione e all’articolo 12 dell’Accordo di Parigi. Il gruppo di lavoro è presieduto da Adriana Valenzuela, manager del programma di leadership giovanile del Global Adaptation Center e Sophia Kianni, del gruppo consultivo di Guterres. È un’attivista statunitense di origini iraniane ed è la fondatrice e direttrice esecutiva di Climate Cardinals, un’organizzazione no profit internazionale con 8mila volontari in più di 40 Paesi che lavorano per tradurre le informazioni sul clima in più di cento lingue.