Lunedì 27 settembre, alle 21.20 su Rai 3, PresaDiretta con “Petrolio il tempo perduto”, torna sulla transizione energetica e accende una luce sul ruolo delle grandi compagnie del petrolio e del gas. Un settore che ha un fatturato annuo di 3mila miliardi di dollari e circa 10 milioni di occupati. Insieme a Greenpeace e ReCommon, PresaDiretta ha monitorato le emissioni fuggitive di metano dagli impianti a gas italiani. Grazie a una camera termica a raggi infrarossi, in quasi ogni impianto visitato sono state rilevate ingenti emissioni di gas serra, invisibili ad occhio nudo. “Può succedere che il nostro occhio passi e non veda nulla ma che in realtà costantemente c’è un’emissione di sostanze climalteranti” dice Luca Iacoboni, responsabile della campagna Clima e Energia di Greenpeace Italia. Dalle immagini riprese nella centrale di trattamento gas “Casalborsetti” di Eni a Ravenna, grazie alla termocamera, si vede chiaramente il rilascio di emissioni significative, incluso il metano.

Quando si parla di riscaldamento globale, l’anidrite carbonica è la maggiore indiziata del cambiamento climatico. Esistono però gas che hanno un impatto maggiore rispetto alla CO2. L’ingente aumento di metano in atmosfera negli ultimi 10-15 anni è stato finora sottovalutato, ma recenti studi hanno dimostrato come questo gas, nei primi 20 di rilascio in atmosfera, la riscaldi fino a 86 volte più della co2. “Nei primi 10 anni dal rilascio, il metano è 100 volte più potente dell’anidride carbonica come agente climalterante” dice Anthony Ingraffea, Professore Ingegneria civile e ambientale della Cornell University, intervistato da Teresa Paoli.

E le emissioni fuggitive di queste sostanze climalteranti sono un problema in tutto il mondo. Anche l’associazione americana Clean Air Task Force, la scorsa primavera, ha monitorato 200 impianti a rischio di emissioni in tutta Europa, documentando perdite nel 90 percento dei siti. “Quello che purtroppo manca – sostiene Antonio Tricarico, Campaigner finanza pubblica e multinazionali di ReCommon – è un monitoraggio attento di queste emissioni, sia del venting ossia lo sfiato degli impianti, che delle emissioni fuggitive, cioè le vere e proprie perdite. Anche se fossero solo un 2 – 3 per cento è un problema grosso”.

Ridurre la presenza di metano, quindi, dovrebbe diventare la strategia più veloce per abbassare la temperatura terrestre entro i prossimi 20 anni, come sostiene il Global Methane Assestment dell’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. Oltre ad essere fortemente climalterante, il metano contribuisce anche alla formazione dell’ozono, un inquinante molto dannoso per la salute umana che, secondo lo stesso studio dell’UNEP, provoca circa mezzo milione di morti premature all’anno. “Da qui al 2050 – sostiene il dirigente di ricerca del CNR Nicola Armaroli – azzerando le emissioni di metano a livello mondiale si risparmierebbero migliaia di vite”. Il viaggio di PresaDiretta nel mondo degli idrocarburi finisce in Germania, dove i lavori per l’allargamento della miniera di carbone di Garzweiler minacciano l’esistenza dei villaggi adiacenti gli scavi, per scoprire i meccanismi che permettono all’industria del fossile di continuare ad essere finanziata dai maggiori istituti di credito. Banche, assicurazioni, fondi pensione, tutti questi elementi contribuiscono, con ingenti finanziamenti, ad una industria, quella dei combustibili fossili, che dovrebbe essere abbandonata al più presto in favore di energie rinnovabili e pulite.

Secondo Simone Ogno, campaigner Finanza e Clima di ReCommon intervistato da Pablo Castellani: “Il finanziamento ai combustibili fossili rappresenterebbe il terzo settore per emissioni di CO2 in Italia, solamente dietro i trasporti e l’energia”. Mentre “dalla firma degli accordi di Parigi ad oggi i 60 maggiori gruppi bancari hanno investito nei fossili qualcosa come 3800 miliardi di dollari” sottolinea Andrea Baranes, vicepresidente di Banca Etica.

Petrolio il tempo perduto” è un’inchiesta di Riccardo Iacona, Teresa Paoli, Paola Vecchia e Pablo Castellani.

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