A cinque anni dal referendum che ha deciso l’abbandono del Regno Unito all’Unione Europea, la popolazione britannica ritiene che il processo di uscita sia ancora in corso. Secondo un sondaggio di YouGov condotto su oltre 3mila cittadini Uk, il 72% considera la Brexit ancora incompleta, mentre solo il 9% ritiene che il processo sia concluso. Molto più frastagliata invece l’opinione sul successo o meno dell’operazione fino a questo momento, dopo il periodo di transizione concluso il 31 dicembre. Il 25% ritiene che stia andando bene, un altro 25% pensa che non stia andando né bene né male, il 38% ritiene invece che stia andando male. Nonostante il tentativo di ricompattamento del Paese, il giudizio resta ancorato al proprio voto di cinque anni addietro. Solo l’8% dei votanti “Remain” ritiene che la Brexit stia andando bene, solo il 16% dei votanti “Leave” pensa invece che stia andando male.

E chissà se cinque anni fa i cittadini britannici avrebbero pensato di potersi ritrovare oggi alle prese con la cosiddetta “guerra delle salsicce”, che ruota attorno a uno dei punti più sensibili dell’accordo di recesso, cioè il Protocollo su Irlanda e Irlanda del Nord. Già in una fase iniziale dei negoziati, sia il Regno Unito che l’Ue avevano riconosciuto la situazione unica dell’Irlanda e dell’Irlanda del Nord, convenendo che occorreva una soluzione specifica per conciliare i diversi interessi in gioco. Tale soluzione è stata trovata nella forma del Protocollo, che prevede l’allineamento su alcune norme dell’Ue da parte dell’Irlanda del Nord, in particolare per quanto riguarda le merci: il codice doganale dell’Unione si applicherà a tutte le merci che entrano in Irlanda del Nord, per evitare i controlli doganali sull’isola d’Irlanda. Sulle merci che entrano in Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito saranno svolti controlli e verifiche, ad esempio i controlli presso i posti d’ispezione frontalieri, per garantire il rispetto delle misure sanitarie e fitosanitarie. Infine, i dazi doganali dell’Ue si applicheranno alle merci in entrata nel territorio dell’Irlanda del Nord se esiste il rischio che tali merci vengano immesse nel mercato unico dell’Ue. Non saranno invece riscossi dazi doganali sulle merci che arrivano in Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito se può essere dimostrato che non sussiste il rischio che entrino nel mercato unico dell’Ue.

Il prossimo primo luglio scadrà la moratoria che finora ha permesso di aggirare in parte le difficoltà. Questo bloccherebbe le spedizioni di salsicce e carni trattate, considerati “prodotto a base di carne refrigerata”, mentre sarà consentita l’importazione di questi prodotti solo se congelati. Quanto insomma previsto nell’export Uk verso i Paesi Ue dovrà applicarsi anche sulle salsicce che Londra invia in Irlanda del Nord. Di qui la dichiarazione di “guerra” nel corso dell’ultimo G7 in Cornovaglia: “Come la prenderesti se le salsicce di Tolosa non potessero più essere vendute nei mercati di Parigi?”, ha chiesto il primo ministro Boris Johnson al proprio omologo francese Emmanuel Macron. Il quale ha spiegato al collega inglese che Tolosa e Parigi fanno parte dello stesso territorio, a differenza di Inghilterra e Irlanda del Nord, soffiando sul fuoco della questione britannica difesa da Johnson, deciso a difendere l’unità della nazione. Il ministro per la Brexit David Frost nelle scorse settimane ha ammesso che il governo aveva sottovalutato gli effetti del protocollo, e ora nei corridoi di Bruxelles si sta decidendo se assegnare a Boris Johnson una nuova proroga per permettere che l’Irlanda del Nord metta a punto la sua catena di approvvigionamento.

Il duello sullo sfondo della Manica non si gioca solo nel reparto macelleria, ma come da sempre accade anche in quello ittico. Secondo gli accordi dello scorso gennaio durerà altri 5 anni il periodo di transizione per gli accordi sulla pesca, con consultazioni annuali per stabilire il livello e le condizioni di accesso acque territoriali di Ue e Uk, e determinare il totale ammissibile di pescato basato sul “valore delle catture” per ciascuno stock ittico. Solo pochi giorni fa, dopo 5 mesi di trattative, è arrivato il via libera del Consiglio Ue all’accordo definitivo con il Regno Unito sulla pesca per il 2021 e, per gli stock in acque profonde, anche per il 2022. L’intesa stabilisce il totale di pesca ammissibile per 75 stock ittici, e fornisce chiarezza sui limiti per le specie fuori quota. “L’accordo garantisce stabilità ai pescatori di Regno Unito e Ue, garantendo allo stesso tempo una gestione sostenibile delle risorse marine”, ed “apre la strada a future consultazioni sui diritti di pesca”, ha spiegato Bruxelles. Si sono insomma calmate le acque dopo l’alta tensione intercorsa alcune settimane fa tra Parigi e Londra, che aveva inviato due navi da guerra per pattugliare l’area di fronte all’Isola di Jersey, dipendenza britannica nel Canale, contro il tentativo di blocco ingaggiato da una ottantina di pescherecci francesi per protesta contro il nuovo sistema di licenze applicato da Jersey. “L’Accordo di Commercio e Cooperazione ha comportato modifiche degli accordi sulla pesca tra Regno Unito e Unione Europea”, prosegue la nota, “le autorità di Jersey hanno facoltà di regolare la pesca nelle loro acque sulla base di questo accordo e le sosteniamo nell’esercizio di questo diritto”, aveva affermato una nota di Downing Street dopo il ritiro dei pescherecci francesi e il rientro delle navi britanniche.

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