A poco più di tre mesi dalla sentenza della Cassazione, il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto la richiesta di differimento della pena per Ambrogio Crespi, detenuto nel carcere di Opera dopo la condanna definitiva a 6 anni di reclusione con l’accusa di aver procurato voti a Domenico Zambetti, assessore della giunta Formigoni, per le regionali del 2010, servendosi di conoscenze in ambienti della ‘ndrangheta. Crespi, dunque, lascia il carcere dopo essersi costituto l’11 marzo scorso. “Conformemente alle conclusioni assunte dal Pg, deve pertanto essere disposto il differimento della pena richiesto in via principale, sino al termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, non ravvisandosi la necessità di contenimento attraverso la misura della detenzione domiciliare (richiesta dalla difesa in via subordinata)”. Il provvedimento del giudice di Sorveglianza riporta, innanzitutto, il parere della Direzione nazionale antimafia, secondo cui “non possono comunicarsi elementi che depongano per un attuale pericolo determinato da collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata e, pertanto, circa l’attuale pericolosità”.

Stessa conclusione, citata nella pronuncia, è quella pervenuta dalla Dda di Milano, secondo la quale l’ufficio “non è in possesso di ulteriori specifiche informazioni relative all’attualità dei collegamenti tra il detenuto con la criminalità organizzata e alla sua pericolosità”. Il Tribunale tiene conto anche del parere della Divisione anticrimine della Questura di Milano, che ha riferito che “non sono emersi elementi di attualità in merito al collegamento del soggetto con la criminalità organizzata“, desumendo “il rischio concreto per l’ordine e la sicurezza pubblica”, sottolinea il giudice di Sorveglianza, “esclusivamente dal fatto che la sua appartenenza al sodalizio criminale è già stata in precedenza accertata”.

“Nei lunghi anni trascorsi dal fatto oggetto della condanna ad oggi, Ambrogio Crespi non solo ha condotto la sua esistenza sui binari della legalità, in una dimensione di impegno familiare, sociale e lavorativo che non ha registrato ombre (circostanza attestata anche dall’assenza di carichi pendenti) ma ha indirizzato le proprie capacità professionali verso produzioni pubblicamente riconosciute come di alto valore culturale, di denuncia sociale e impegno civile, ed efficaci strumenti di diffusione di messaggi di legalità e di lotta alla criminalità – scrive il Tribunale di Sorveglianza di Milano – Proprio questo impegno portato avanti con costanza da Crespi che lo ha portato via via ad essere identificato come esempio positivo dal pubblico delle sue opere e da chi gli ha conferito vari riconoscimenti, appare un elemento che può delinearsi come ‘eccezionale’ nella valutazione del soggetto e delle ripercussioni di una pena detentiva applicata, a distanza di molti anni, proprio per un reato riconducibile alla criminalità mafiosa”.

Le difficoltà di conciliare il condannato per concorso esterno in associazione mafiosa di ieri (e questo a prescindere dalle tesi difensive che hanno sostenuto e ancora oggi sostengono l’innocenza del soggetto) con l’uomo di oggi, divenuto un simbolo positivo anche nella lotta alla mafia, ed il conseguente disorientamento che anche pubblicamente ha generato la sua incarcerazione, appaiono indicativi della sussistenza del fumus di non manifesta infondatezza della domanda di grazia, quale mezzo di riparazione in senso equitativo e di rimedio alle possibili incoerenze del sistema rispetto al senso di giustizia sostanziale. In questi termini – sottolinea il Tribunale – appaiono certamente fondate le osservazioni della difesa in merito alla già esaurita finalità di risocializzazione e reinserimento sociale della pena rispetto al condannato“.

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