“Secondo me lo zio l’ha uccisa strangolandola, anche perché quando è venuto a casa non aveva nulla in mano”. A puntare il dito senza indugi contro Hasnain Danish è il fratello 16enne di Saman Abbas, la ragazza pakistana scomparsa da Novellara dopo essersi opposta a un matrimonio combinato. La testimonianza viene ritenuta dal Gip di Reggio Emilia Luca Ramponi “piena prova indiziaria” della responsabilità dell’uomo e il giovane, ora in una comunità protetta, “particolarmente credibile”. Danish, zio della giovane che insieme ai genitori della 18enne e due suoi cugini è accusato della sua scomparsa, ha poi minacciato il minore – secondo quanto lui stesso ha riferito agli inquirenti – “di non dire nulla ai carabinieri, con conseguenza la mia uccisione”. Non avrebbe invece rivelato nulla su dove sia stato nascosto il corpo. “Io gliel’ho chiesto – ha raccontato – in quanto volevo abbracciarla un’ultima volta. Lui mi ha risposto di non potermelo dire”. Poi ha raccontato della reazione del padre, al rientro dello zio: “Si è sentito male e ha iniziato a piangere, stava quasi per svenire per mia sorella”. La notte tra il 30 aprile e l’1 maggio, sempre secondo la testimonianza, lo zio avrebbe detto ai genitori: “Ora andate in casa. Ora ci penso io”.

Intanto i carabinieri hanno diffuso i frame del filmato girato intorno alle 19.30 del 29 aprile vicino alla casa di Saman in cui si vedono tre persone vestite con abiti scuri che camminano, distanti l’una dall’altra. Una imbraccia una pala, un’altra ha un secchio con un sacchetto e un altro un attrezzo. I tre sarebbero proprio lo zio e due cuginiNomanulhaq Nomanulhaq, 34, e Ikram Ijaz, 29 – che stavano andando a scavare la fossa per Saman, che gli inquirenti ritengono sia stata uccisa. Ijaz è stato arrestato domenica scorsa a Nimes, in Francia: è l’unico indagato che al momento non risulta irreperibile e del quale si attende l’estradizione.

La lite in famiglia – Dall’ordinanza di custodia in carcere del Gip emerge che la sera del 30 aprile Saman aveva tentato di fuggire e ha avuto una violenta lite con i genitori. Saman e i genitori, è stato ricostruito, hanno urlato, lei li ha insultati: “Dammi i documenti“, ha detto la ragazza al padre. Lui le ha chiesto se voleva sposare qualcuno e lei ha detto che voleva solo andare via e non sposare qualcuno. Poi ha preso le sue cose ed è fuggita. Il padre allora ha chiamato lo zio perché la riportasse a casa. Lo zio poi è tornato, dicendo che tutto era sistemato. Saman Abbas era tornata l’11 aprile a casa, per recuperare i suoi documenti, dopo che da novembre era stata in una comunità protetta. Ma il 22 aprile si è rivolta ancora una volta ai carabinieri per denunciare i genitori che non volevano consegnarglieli e cercavano di costringerla a un matrimonio combinato. Il 5 maggio l’assenza della giovane e dei genitori, partiti per il Pakistan il primo maggio, è stata scoperta quando i militari sono andati a fare una perquisizione nella casa, proprio con l’obiettivo di recuperare i documenti.

Omicidio premeditato per i cinque indagati – La procuratrice di Reggio Emilia, Isabella Chiesi, ha spiegato che “proseguono le ricerche dei resti” e che gli investigatori ritengono che Saman “sia deceduta” e ritengono possibile ritrovarne il corpo nei campi di Novellara. Condizioni meteo permettendo, da domani si partirà con l’utilizzo di un elettromagnetometro. “Io penso – ha detto Chiesi – che un mese sia un periodo che consente di trovare” i resti con “strumenti che danno conto della discontinuità del terreno”. Rispondendo a una domanda sul racconto del padre, che nei giorni scorsi ha dichiarato senza fornire prove che la figlia si trova in Belgio e in salute, Chiesi lo ha smentito: “Non darei nessun riscontro positivo a quello che ha detto, abbiamo appurato che in Belgio non c’è la ragazza”. Ai cinque indagati – quattro dei quali sono irreperibili – la Procura contesta la premeditazione per l’omicidio. Passando invece al fidanzato della ragazza, un connazionale che non era accettato dalla famiglia Abbas, “non ha parlato compiutamente della vicenda che non ha vissuto, ma del pregresso”. Il giovane, residente in un’altra provincia, “ha raccontato quello che poteva raccontare, fino a quando ha potuto avere scambi di opinione o messaggi con lei”, parlando agli inquirenti anche delle parole scambiate in chat in cui Saman riferiva quanto detto dalla madre, che indicava l’uccisione come unica “soluzione” per una donna che non si attiene alle regole di vita pachistane.

“Pensiamo che lo zio sia in Europa” – Chiesi ha parlato anche dello zio, che le piste investigative suggeriscono possa essere l’autore materiale dell’omicidio. Ma per la procuratrice è difficile saperlo, anche perché “non sappiamo neppure la modalità” con la quale la ragazza è stata uccisa. “Noi pensiamo – ha proseguito Chiesi parlando dello zio, Danish Hasnain, 33 anni, che resta ricercato – sia in Europa. Vi è molta collaborazione da parte di Francia, Spagna, Svizzera. Hanno i nominativi, sanno chi devono cercare”. Rispetto ai genitori di Saman, Chiesi ha risposto a una domanda dei giornalisti dicendo che “non sono state esperite attività di cooperazione internazionale”, ovvero rogatorie.

I controlli alla frontiera e le dichiarazioni contraddittorieHasnain, Nomanulhaq e Ijaz sono stati controllati in provincia di Imperia il 10 maggio. Con loro c’era anche il fratello della 18enne scomparsa, l’unico a essere affidato a una comunità, in quanto minorenne. Gli altri tre hanno invece proseguito il viaggio, diretti verso la Francia. Ijaz è stato poi controllato dalla polizia francese mentre si trovava su un autobus che da Parigi porta a Barcellona e fermato, domenica scorsa. Dagli atti emerge inoltre che il 5 maggio, quando i carabinieri sono stati a casa della famiglia di Saman a Novellara per fare una perquisizione, hanno parlato con lo zio e con il fratello minorenne. Il primo ha riferito di aver visto Saman allontanarsi da casa alle 17 del 30 aprile, mentre il fratello ha detto che si era allontanata alle 22. “Insospettiti da tali dichiarazioni contraddittorie – ricostruisce il Gip – gli operanti decidevano di contattare telefonicamente il fidanzato, il quale dichiarava che la giovane non aveva il telefono e utilizzava di nascosto quello della madre” e che aveva avuto l’ultimo contatto con lei alle 23.30 del 30 aprile e che lei stessa era “molto preoccupata per la sua incolumità” tanto da dirgli che “se non si fossero sentiti per due giorni avrebbe dovuto allertare le forze dell’ordine”.

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