Nuovi ristori automatici legati al calo del fatturato, per garantire la rapidità di erogazione. Poi, a fine anno, una “perequazione” basata sulle perdite effettive messe a bilancio o, per gli autonomi, sui dati delle dichiarazioni dei redditi. È questo il punto di caduta del vertice a Palazzo Chigi sul decreto Sostegni bis con i nuovi aiuti alle attività danneggiate dalle restrizioni anti Covid. Ma il provvedimento, finanziato con il nuovo scostamento di bilancio da 40 miliardi chiesto dal governo Draghi e approvato dal Parlamento il 22 aprile e già slittato per le richieste della Lega e non solo di tener conto, appunto, anche dei costi sostenuti dagli operatori, non approderà in cdm nemmeno questa settimana. Il premier, in question time alla Camera, ha annunciato infatti il rinvio alla prossima. Nel frattempo le partite Iva, che a causa della crisi di governo e dei successivi ritardi hanno visto solo in aprile i primi aiuti del 2021 e sono rimaste deluse dall’ammontare dei sostegni, restano in attesa. Lunedì un gruppo di chef ha manifestato sotto la Regione Lombardia (foto) lamentando che i contributi ricevuti finora non sono sufficienti ad andare avanti e “molti di noi sono stati costretti a chiudere e cercarsi un altro lavoro”.

I giorni in più serviranno per trovare la sintesi in maggioranza sulle misure rimaste in sospeso: il pacchetto lavoro chiesto dal Pd, nuovi fondi per Alitalia (si parla di 100 milioni) ma soprattutto il cosiddetto “superbonus per le imprese“. Cioè la proposta – arrivata dal Movimento 5 Stelle – di concedere alle aziende che usufruiscono del credito di imposta Transizione 4.0 per l’acquisto di beni strumentali necessari alla trasformazione tecnologica o digitale di cedere quel credito ad altri soggetti comprese le banche. Proposta cassata dalla Ragioneria dello Stato come emendamento al primo decreto Sostegni, per cui ora l’M5s punta a recuperarla nel nuovo provvedimento. Sul fronte della riscossione, poi, si sta valutando un possibile ulteriore stop dell’invio delle cartelle esattoriali, al momento congelato fino al 31 maggio. L’ipotesi, su cui però ancora non è stata presa una decisione, farebbe slittare il nuovo termine a fine giugno.

Ristori in due tempi con integrazione a fine anno – Sul fronte dei ristori, come detto, l’intesa dovrebbe prevedere un meccanismo in due tempi. Differente rispetto a quello inserito nelle bozze circolate il 3 maggio, in base alle quali le partite Iva avrebbero potuto scegliere come periodo di riferimento su cui calcolare la perdita di fatturato, in alternativa all’intero 2020, l’anno tra 1 aprile 2020 e 31 marzo 2021 (da confrontare con i 12 mesi precedenti). Un modo per “catturare” solo i mesi della pandemia e lasciar fuori il primo bimestre 2020 durante il quale non è detto che le attività fossero in sofferenza. Ora invece l’ipotesi è quella di un primo aiuto automatico pari a quello ricevuto in aprile seguito da una integrazione a fine anno in base alle perdite effettive a bilancio. A chiedere di tener conto del margine operativo (ricavi meno costi) sono state tutte le categorie e il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti se ne è fatto portavoce. Ma restava il problema dei tempi di erogazione, visto che per far scattare questa nuova tranche di ristori occorre aspettare i bilanci (a giugno) o le dichiarazioni dei redditi per le attività in contabilità semplificata (novembre).

La soluzione è stata trovata in un mix tra fatturato – la base di calcolo dei ristori erogati finora – e utili. Il nuovo sistema manterrà lo schema attuale di ristori non oltre 150mila euro e per imprese fino a 10milioni di fatturato. Tutte le attività che hanno ricevuto o stanno ricevendo in questi giorni i bonifici delle Entrate previsti dal Sostegni 1 riceveranno l’equivalente in automatico. E sempre sulla base del fatturato potranno intanto richiedere – se sarà mantenuta l’impostazione delle prime bozze – un ricalcolo del periodo di riferimento. Per queste due tranche sono previsti 14 miliardi. In più, dopo aver approvato il bilancio o presentato la dichiarazione dei redditi, le partite Iva potranno ottenere un’ulteriore integrazione dell’indennizzo. Allo studio anche un’indennità ad hoc per le attività chiuse per decreto, aggiuntiva rispetto ai ristori e dedicata in particolare alle categorie rimaste chiuse anche nel mese di maggio, ad esempio i ristoranti senza spazi per i tavoli all’aperto.

Il Superbonus per le imprese da ripescare – L’altro tema da chiarire è quello dei crediti fiscali per le imprese che investono in macchinari innovativi, programma “erede” di Industria 4,0 voluto nel 2017 da Carlo Calenda. Ne deriva un bonus che secondo il M5s deve essere reso cedibile a terzi, come le banche, sulla falsariga del Superbonus 110%. Il Movimento aveva chiesto di inserire la cedibilità del decreto Sostegni 1, ma l’emendamento è stato bocciato in extremis dalla Ragioneria perché l’Eurostat potrebbe imporre all’Italia di conteggiare subito l’intero ammontare dei crediti cedibili tra i trasferimenti a famiglie e imprese. Ora il Movimento chiede che la norma sia recuperata nel nuovo decreto: da un incontro con i dirigenti del Tesoro sarebbe emersa “grande disponibilità a considerare la fattibilità della cessione dei crediti Transizione 4.0” e “un’interlocuzione con Eurostat per ottenere dall’organo contabile europeo il via libera alla misura”. Alla fine della riunione di maggioranza a Chigi Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole e grande sponsor della misura, ha detto che servono “rassicurazioni sulla cedibilità del credito d’imposta sul 4.0, strumento fondamentale per le imprese e chiesto da tutte le categorie produttive”.

Il pacchetto lavoro con il contratto di espansione – Il Pd spinge per inserire ulteriori misure per sostenere l’occupazione. Tra le proposte dem il potenziamento dei contratti di espansione, accordi che consentono alle aziende oltre un certo numero di dipendenti (attualmente 250) di prepensionare con uno “scivolo” fino a 5 anni i lavoratori più anziani e contestualmente procedere alle assunzioni di giovani e piani di formazione per chi resta. La soglia dimensionale minima potrebbe scendere a 100 dipendenti. I dem chiedono anche interventi di rioccupazione con contratti specifici per aiutare le categorie più colpite come turismo, ristorazione, lavoratori agricoli e spettacolo. In più il ministro del Lavoro Andrea Orlando sta lavorando a una norma per il commissariamento dell’Anpal, l’Agenzia per le politiche attive del lavoro, con l’obiettivo di riportare le funzioni di indirizzo e coordinamento sotto l’ombrello del dicastero.

Le imprese chiedono più interventi per la liquidità – Intanto le imprese, a loro volta, spingono perché le misure per garantire liquidità siano più generose di quelle previste dalle bozze. Sedici sigle (Abi, Alleanza delle Cooperative Italiane – Agci, Confcooperative, Legacoop, Casartigiani, Agricoltori Italiani, Confederazione Libere Associazioni Artigiane Italiane, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confedilizia, Confesercenti, Confetra, Confimi Industria, Confindustria e Copagri) hanno chiesto al governo chiedendo che il decreto contenga “misure di semplice applicazione, che siano effettivamente efficaci e immediatamente operative, senza prevedere l’emanazione di una regolamentazione secondaria per la piena operatività”. In particolare una proroga delle moratorie, oltre alla necessità che siano di automatica applicazione, evitando complicazioni burocratiche. Sul fronte dei finanziamenti garantiti, ritengono “ineludibile” una proroga delle misure del dl Liquidità e il prolungamento della durata che dovrebbe essere portata ad “almeno 10 anni”. Ma senza dimenticare che “ci sono settori particolarmente colpiti che hanno urgente necessità di interventi più incisivi, anche modificando le regole del Temporary Framework”.

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