Secondo il Consiglio di Stato la nomina di Michele Prestipino come procuratore di Roma è illegittima. Si riapre definitivamente dunque un dossier che ha infiammato i corridoi di Palazzo dei Marescialli nel 2019, subito dopo l’esplosione del caso Luca Palamara. I giudici di Palazzo Spada, infatti, hanno respinto gli appelli presentati sia da Prestipino che dal Csm contro la sentenza del Tar del Lazio che aveva accolto il ricorso presentato dal procuratore generale di Firenze Marcello Viola. Il magistrato siciliano aveva fatto appello contro la nomina del capo della procura della capitale, avvenuta il 4 marzo del 2020 dell’anno scorso. Nomina per cui Viola era il grande favorito, visto che era il candidato che aveva riportato più voti davanti alla commissione incarichi direttivi del Csm: nel maggio del 2019 aveva battuto i concorrenti, cioè i procuratori di Palermo e Firenze, Francesco Lo Voi e Giuseppe Creazzo.

Quella proposta, però, venne annullata, quando esplose lo “scandalo delle nomine”, oggetto dell’indagine della procura di Perugia: agli atti c’erano le intercettazioni dell’hotel Champagne del 9 maggio del 2019 che fecero emergere le manovre e le trattative per i vertici delle procure, Roma in testa. A discutere erano cinque consiglieri del Csm, lo stesso Palamara e politici come Luca Lotti (imputato proprio a Roma) e Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa e deputato di Italia Viva. L’iter di nomina venne azzerato e dopo alcuni mesi si arrivò a Prestipino – in quel momento procuratore facente funzioni – al termine di un percorso travagliato.

Viola e Creazzo avevano quindi presentato ricorso la Tar. Che gli aveva dato ragione. Secondo i giudici del tribunale amministrativo regionale il Csm non aveva motivato perché fu solo Viola a non essere riproposto e sostituito nella terna da Prestipino. Ma il Csm aveva replicato opponendosi all’appello: in una delibera approvata a maggioranza aveva definito “erronea, illogica e contraddittoria” la decisione dei magistrati amministrativi.

Oggi arriva il Consiglio di Stato che invece dà ragione al Tar. Con le sentenze nn. 3712 e 3713 i giudici di Palazzo Spada, confermando la decisione del Tribunale amministrativo, ritengono la delibera del Csm illegittima per due ordini di motivi. Anzitutto, perché si basa su una proposta della Quinta Commissione, interna al Csm, che ritornando sulle proprie precedenti determinazioni, avevaimmotivatamente escluso Viola dai candidati da proporre al plenum per la decisione. Il secondo motivo è legato al fatto che il Csm ha valutato e comparato in modo illegittimo le rispettive attitudini direttive di Prestipino e di Marcello Viola. Il 13 maggio verrà trattata, invece, la domanda cautelare sull’appello di Prestipino contro l’altra sentenza del Tar Lazio che aveva accolto il ricorso presentato dal procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi.Una pronuncia a questo punto attesa da Palazzo dei Marescialli. Solo allora la Quinta Commissione del Csm, infatti, riesaminerà alla luce delle sentenze pronunciate la nomina del capo della Procura della capitale con una proposta che verrà sottoposta al voto del plenum. Non è escluso che la commissione possa riconfermare la proposta a favore di Prestipino nominato a maggioranza il 4 marzo dello scorso anno.

“Il Giudice Amministrativo ha ribadito che la scelta del Csm- di non formulare alcuna proposta volta al conferimento al dott. Viola dell’incarico di Procuratore di Roma – fosse immotivata e che nessun rilievo potesse riconoscersi al fatto che la composizione dell’organo fosse nelle more parzialmente mutato”, commentano gli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, che rappresentano Viola. “Al riguardo, è stato rilevato nella sentenza che “il Consiglio Superiore della Magistratura non è organo politico ma di alta amministrazione di rilievo costituzionale. Le ragioni della revoca non potevano dunque ravvisarsi implicite ed esaustive né nel fatto della intervenuta sostituzione delle persone di alcuni commissari, né nel mero mutamento di preferenza al riguardo da parte di un altro rimasto – spiegano i legali – Inoltre, il Consiglio di Stato, condividendo i motivi di ricorso non esaminati in primo grado e reiterati in appello, ha rilevato come il Csm abbia errato nel ritenere prevalente il profilo del dott. Prestipino Giarritta nonostante lo stesso avesse svolto solo funzioni semidirettive (quale Procuratore Aggiunto presso le Procure di Reggio Calabria e di Roma) a fronte delle – più rilevanti – funzioni direttive svolte dal dott. Viola (che è stato Procuratore della Repubblica a Trapani ed è attualmente Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Firenze)”.

Articolo Precedente

Ergastolo per i boss delle stragi, ecco perché per la Consulta è incostituzionale: “La collaborazione con la giustizia non può essere l’unica strada per la libertà”

next