Da tempo sindacati e lavoratori di Fca (ora Stellantis) chiedevano al governo di battere un colpo. E un colpetto lo ha battuto oggi il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che parlando in audizione alla Camera ha affermato che “Il governo intende richiamare il gruppo Stellantis in qualche modo agli impegni assunti”. Il riferimento è alla garanzia che lo Stato italiano ha fornito ad Fca sul prestito da 6,3 miliardi di euro erogato lo scosso anno da Intesa Sanpaolo. La concessione della garanzia, che consente anche ad Fca di pagare interessi più bassi, è stata data dietro all’impegno del mantenimento dei livelli occupazionali di stabilimenti e filiere italiane. “La garanzia è stata concessa subordinatamente al rispetto di specifici impegni e condizioni in capo all’azienda beneficiaria”, ha spiegato il ministro, indicando tra l’altro “l’impegno a non delocalizzare la produzione modelli e veicoli” e il “raggiungimento della piena occupazione entro il 2023″, senza ricorso agli ammortizzatori sociali: “gli impegni aggiuntivi assunti a giugno 2020 restano in vigore anche a seguito della fusione di Fca con il gruppo automobilistico francese Psa”.

La garanzia è stata infatti concessa prima che andasse in porto l’unione con i francesi che ha dato vita a Stellantis. Gruppo in cui la bilancia dei poteri pende dal lato francese. Non a caso a guidare il gruppo è Carlos Tavares, già amministratore delegato di Psa. Inoltre lo Stato francese, già azionista di Psa, è rimasto socio e “pesa” nell’azionariato di Stellantis più di quanto il suo 6,2% potrebbe lasciare intendere. Da qui i timori che, in caso di necessità di intervenire su organici e stabilimenti, i primi ad essere colpiti sarebbero i siti italiani. E quindi il ripetuto richiamo alle condizioni di prestito, come possibile elemento di influenza dello Stato italiano sulle scelte aziendali. Tavares ha sottolineato la necessità di comprimere i costi degli stabilimenti italiani, rassicurando però sul fatto che questo obiettivo non verrà perseguito riducendo i dipendenti. Ma questo non salva l’indotto, anzi. Qualche avvisaglia si è già avuta a Melfi, in Basilicata, dove sorge lo stabilimento Fca che produce 500 X e soprattutto la Jeep Renegade. Attività prima appaltate all’esterno sono stati ridotti oppure internalizzati, così, tra i fornitori di servizi come le pulizie industriali, sono già partiti i primi tagli. Una situazione aggravata dal temporaneo stop delle linee di montaggio dovuto alla carenza di semiconduttori che sta penalizzando l’industria dell’auto in tutto il mondo.

Oggi il gruppo ha comunicato i dati sui primi tre mesi del 2021 che sono buoni. Stellantis ha presentato quello che definisce un “solido fatturato” netto nel primo trimestre 2021, “in crescita in tutte le regioni”. Il colosso automobilistico ha registrato un fatturato di 34,3 miliardi di euro o di 37 miliardi su “una base proforma”, in aumento del 14%. Le vendite consolidate sono 1.477.000 veicoli o di 1567.000 veicoli su una base proforma, in aumento dell’11%. Dati su cui è però complicato fare confronti e previsioni attendibili sia per effetto della pandemia che per la fusione avvenuta tra i due esercizi.

Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive e Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil invitano il governo a “non stare a guardare” e in una nota congiunta spiegano che i buoni risultati sono riconducibili soprattutto ai marchi francese mentre “Per le lavoratrici e i lavoratori dei siti in Italia c’è stato l’aumento della cassa integrazione. È evidente però che i risultati del primo trimestre se paragonati al 2019, vedono un settore in profonda crisi”. I rappresentanti della Cgil aggiungono che “Il confronto con i vertici europei dell’azienda, che continuerà entro la fine del mese di maggio, dovrà fare chiarezza sugli impatti dei cambiamenti in atto negli stabilimenti, a partire dal sito di Melfi, e avviare la discussione sul piano industriale e occupazionale iniziando dalle scelte sul futuro della capacità di ricerca e sviluppo e produttiva. Il Mise e il Ministero del Lavoro aprano il confronto e avviino un tavolo di politica industriale che affronti la fase di crisi e la transizione tecnologica, a rischio è la tenuta della capacità di innovazione e produttiva e la tenuta occupazionale di un settore strategico e trainante dell’economia del nostro Paese”.

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