Chi sta inviando alle redazioni dei giornali e alle sedi di alti organi istituzionali dossier anonimi composti dai verbali di Piero Amara? Si tratta di verbali d’interrogatorio coperti da segreto, senza firma e timbri: vuol dire che provengono direttamente dai pc degli organi investigativi. Chi li ha tirati fuori? E perché? Saranno le indagini a rispondere a queste domande. I dossier girano da parecchio tempo, ma il primo a parlarne pubblicamente è stato il magistrato Nino Di Matteo, intervenendo durante il plenum del Csm. Nella stessa giornata il quotidiano Domani pubblica alcuni di quei verbali di Amara, in cui l’ex avvocato esterno dell’Eni sostiene di aver raccomandato il nome di Giuseppe Conte come consulente del gruppo Acqua Marcia nel 2012. Una raccomandazione che gli sarebbe stata fatta da Michele Vietti, ex deputato dell’Udc e già vicepresidente del Csm. Sia Conte che Vietti hanno smentito nettamente sia di conoscere Amara sia di aver avuto qualsiasi rapporto tra loro. L’ex premier ha inoltre definito alcuni passaggi dell’articolo come “diffamatori”. Ma andiamo con ordine.

L’intervento di Di Matteo – Il plenum del Csm è appena cominciato quando il consigliere indipendente Di Matteo si alza e informa i colleghi di quello che definisce un “fatto personale: nei mesi scorsi ha ricevuto un “plico anonimo, tramite spedizione postale, contenente la copia informatica e priva di sottoscrizione dell’interrogatorio di un indagato risalente al dicembre 2019 dinanzi a un’autorità giudiziaria”. Nella lettera che accompagnava il faldone, ha spiegato l’ex pm di Palermo, “quel verbale veniva ripetutamente indicato come segreto“. Con quale contenuto? “Nel contesto dell’interrogatorio l’indagato menzionava in forma evidentemente diffamatoria, se non calunniosa, circostanze relative a un consigliere di questo organo“. Di Matteo ha quindi spiegato di aver subito contattato la procura competente, cioè quella di Perugia, per riferire i fatti. Il suo timore, infatti, è che “tali dichiarazioni e il dossieraggio anonimo” possano “collegarsi a un tentativo di condizionamento” dell’attività di Palazzo dei Marescialli. L’auspicio ora è che le “indagini in corso possano tempestivamente far luce sugli autori e le reali motivazioni della diffusione di atti giudiziari in forma anonima“.

I dossier con le parole di Amara – I verbali inviati al Csm sono quelli resi alla procura di Milano da Amara, l’ex avvocato esterno di Eni al centro dell’inchiesta della procura di Milano sulle presunte attività di depistaggio per condizionare le indagini sul caso Eni-Nigeria. È stato arrestato l’ultima volta nel febbraio del 2020 perché doveva scontare un cumulo pena di 3 anni e 8 mesi per le condanne inflittegli nei procedimenti relativi alle sentenze pilotate al Consiglio di Stato e al Sistema Siracusa, indagine che aveva svelato una sorta di accordo tra pm e avvocati per pilotare indagini e fascicoli. Amara è considerato il “regista” di una serie di episodi di corruzione per aggiustare sentenze anche davanti ai giudici amministrativi. Da qualche tempo sta riempiendo verbali su verbali davanti a numerose procure: Milano, Roma e Perugia. Molte delle accuse che ha messo a verbale sono state già considerate non credibili da alcuni uffici giudiziari. Il problema è che copia di quei verbali sono stati inviati in forma anonima non solo al Consiglio superiore della magistratura ma anche alle redazioni di molti quotidiani.

Le accuse a Conte – Tra le accuse messe a verbale da Amara anche quella “calunniosa” ai danni di Sebastiano Ardita. Secondo l’avvocato lo stimato magistrato, consigliere di Palazzo del Marescialli e tra i leader della corrente Autonomia e Indipendenza, sia iscritto a una loggia massonica. Accuse che lo stesso Ardita, ex procuratore aggiunto a Catania e Messina, ha completamente smontato date alla mano davanti ai pm di Perugia. Ardita ha dimostrato per tabulas che le accuse di Amara sono fasulle. Nei verbali di Amara, però, c’è anche altro. Ci sono le accuse, raccontate dal quotidiano Domani, all’ex premier Conte. L’avvocato siciliano sostiene di aver “raccomandato” il futuro presidente del consiglio – all’epoca un avvocato civilista noto per la sua collaborazione con lo studio Alpa – per fargli ottenere una consulenza dalla società Acqua Marcia. All’epoca controllato da Francesco Bellavista Caltagirone, il gruppo si stava avviando verso un concordato preventivo a causa di debiti con le banche. Una raccomandazione che secondo Amara gli sarebbe stata fatta da Vietti, ex deputato dell’Udc e già vicepresidente del Csm. Sia Conte che Vietti hanno smentito nettamente sia di conoscere Amara sia di aver avuto qualsiasi rapporto tra loro. Il quotidiano diretto da Stefano Feltri ricorda anche che dopo l’incarico con Acqua Marcia, Conte fu consulente dell’imprenditore Leonardo Marseglia che riuscì ad acquisire l’hotel Molino Stucky di Venezia proprio dal gruppo Bellavista Caltagirone. Dopo quell’operazione Marseglia nominò Conte nel cda della società che ha la proprietà dell’hotel.

Il post di Conte – “Lei adombra una mia condotta professionale impropria“, è la replica dell’ex premier contenuta nell’articolo del quotidiano. Oggi Conte è tornato sul tema con un post su facebook in cui scrive definisce il titolo di Domani “e vari passaggi interni dell’articolo” come “palesemente diffamatori“. “Un avvocato civilista, che è la professione che ho svolto prima di diventare Presidente del Consiglio, non fa affari, tantomeno segreti. Un avvocato civilista svolge attività professionale: difende i clienti nei processi e fornisce consulenze e pareri legali, rispettando – è un preciso e rigoroso dovere imposto dal codice deontologico forense – la riservatezza dei propri assistiti. Gli “affari” – ostentati o segreti non spetta me dirlo – li concludono gli imprenditori, come ad esempio il Suo datore di lavoro, ing. De Benedetti. Quanto a quest’ultimo, da Presidente del Consiglio non mi sono mai concesso il piacere di incontrarlo privatamente, pur sollecitato varie volte a farlo”. ha scritto Conte nella sua replica a Domani.

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