Lobby

Rete unica, assist dell’Agcom al governo: apre istruttoria su Mediaset, Fininvest e Tim per verificare distorsioni del pluralismo

La mossa dell'autorità di vigilanza guidata da Giacomo Lasorella è una sorta di moral suasion verso tutti i soggetti coinvolti nella partita della rete. Inclusa la famiglia Berlusconi che ha in corso un braccio di ferro con la francese Vivendi, socio sia di Mediaset (con il 28,8 per cento) che di Telecom (con il 23,75 per cento)

L’Autorità di vigilanza sui media e sulle telecomunicazioni (Agcom) lancia un assist al governo Draghi sulla rete unica. E, dopo aver aperto a dicembre 2020 un’istruttoria su Vivendi per accertare il rispetto del pluralismo nei media, avvia un’indagine anche su Mediaset, Fininvest e Tim. Formalmente l’obiettivo è “verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo (…) tenendo conto, fra l’altro dei ricavi, delle barriere all’ingresso, nonché del livello di concorrenza nei mercati coinvolti” come spiega la delibera 107/21. Ma, in realtà, la mossa dell’autorità di vigilanza guidata da Giacomo Lasorella è una sorta di moral suasion verso tutti i soggetti coinvolti nella partita della rete unica. Inclusa la famiglia Berlusconi che ha in corso un braccio di ferro con la francese Vivendi, socio sia di Mediaset (con il 28,8 per cento) che di Telecom (con il 23,75 per cento).

Il gruppo transalpino, che fa capo al finanziere Vincent Bolloré, non ha infatti rinunciato all’idea di conquistare Mediaset. Dal canto suo, la famiglia Berlusconi ha ufficialmente fatto sapere di non essere disposta a vendere. E, anzi, la cassaforte Fininvest e la stessa Mediaset hanno fatto causa ai francesi per il dietrofront sull’acquisto della pay-tv del Biscione, Premium, chiedendo 3 miliardi di risarcimento ai francesi. Per non parlare del fatto che la tentata scalata transalpina su Mediaset del 2016 ha portato in dote anche uno strascico penale con un’indagine per manipolazione di mercato e ostacolo all’attività di vigilanza su Bolloré e il suo braccio destro Arnaud de Puyfontaine.

Al momento, in attesa che la magistratura faccia il suo corso, fra Vivendi e Mediaset c’è una situazione di stallo con i francesi che, sul fronte della trattativa politica, usano il peso in Telecom come moneta di scambio per risolvere la partita Mediaset. Di qui, dopo la sentenza della Corte Europea che ha messo fuori gioco la legge Gasparri, la decisione del governo Conte di prendere tempo varando a dicembre la norma Salva-Mediaset all’interno del decreto Covid. E cioè una legge che ha assegnato all’Agcom potere di istruttoria per verificare il rispetto del pluralismo nei media. Sulla base di questa norma, l’autorità ha potuto aprire un’istruttoria sui francesi con una mossa che di fatto ha concesso sei mesi di tempo all’esecutivo e al parlamento per trovare un’alternativa alla Gasparri. Al tempo stesso, l’indagine ha anche congelato la possibilità di Vivendi di partecipare alle assemblee di Mediaset con l’intero pacchetto azionario in suo possesso (23,75%). Finora infatti i francesi non solo hanno dovuto parcheggiare il 19,19% di Mediaset in una fiduciaria, ma non sono mai riusciti a varcare la soglia di un’assemblea del Biscione. Bloccati, sulla base della Gasparri, proprio perché soci anche di Telecom.

Quest’ultima è al centro della partita per la rete unica che è molto cara al governo Draghi impegnato sul fronte della digitalizzazione de Paese con i soldi del Recovery fund. Non a caso il ministro per lo sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato che l’esecutivo vuole rapidamente mettere attorno ad un tavolo tutti i soggetti coinvolti nel progetto. E cioè Telecom in quanto ex monopolista, il suo socio francese Vivendi e Cassa Deposti e prestiti che è presente sia nel capitale di Telecom che in quello di Open Fiber, la rivale nella fibra controllata da Cdp assieme all’Enel. Tre aziende cui si aggiunge idealmente anche Mediaset di cui Vivendi è il secondo azionista dopo la famiglia Berlusconi. “Credo che tutti quelli che si occupano della vicenda debbano capire che serve uno sforzo serio che non si riduce alla dimensione societaria – ha spiegato una manciata di giorni fa il ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti -(…) Quello che dobbiamo fare è che tutti i soggetti in campo chiariscano al governo quali sono i propri progetti e se ci credono facciano quello che devono fare, altrimenti il prezzo lo pagano i cittadini e le imprese”.

Una richiesta chiara da parte del governo cui a stretto giro è seguita l’istruttoria su Fininvest, Mediaset e Tim aperta dall’Agcom. Anche perché il tempo stringe: a giugno l’autorità dovrà rendere noto l’esito dell’indagine in corso su Vivendi. E finora il governo non ha trovato un‘alternativa alla Gasparri sul tema delle partecipazioni incrociate fra società delle telecomunicazioni e dei media. Non è escluso che la politica abbia ancora bisogno di tempo per chiudere il cerchio sulla delicata partita che riguarda Mediaset e Telecom. Per questo si prospetta la possibilità che Agcom allunghi di altri sei mesi i tempi per l’istruttoria sul gruppo francese. Sperando che intanto, complice anche la moral suasion istituzionale su Fininvest e Telecom, si trovi una soluzione ai contrasti fra Vivendi e Mediaset che, sia pure in maniera indiretta, stanno bloccando il progetto di rete unica.