La sospensione di un consigliere regionale condannato in primo grado, come previsto dalla legge Severino, è legittima e non contrasta dunque con i principi della Corte europea dei diritti dell’uomo. Lo ha deciso la Corte costituzionale, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Genova, davanti al quale è stato impugnato il provvedimento di sospensione dalla carica di un consigliere regionale ligure condannato in primo grado per peculato. “Non contrasta con l’articolo 3 del Protocollo addizionale alla Cedu (la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo) sulla tutela del diritto di voto attivo e passivo, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, la sospensione automatica dalla carica prevista dalla ‘legge Severinò (d.lgs. n. 235 del 2012) di chi sia stato condannato in via non definitiva per reati di particolare gravità o commessi contro la pubblica amministrazione”, si legge nella sentenza sentenza n. 35, redattrice Daria de Pretis.

“In base alla giurisprudenza della Corte Edu, i legislatori nazionali – si sottolinea – godono di un ampio margine di apprezzamento nella disciplina del diritto di elettorato passivo, in particolare quando viene in gioco la peculiare esigenza di garantire stabilità ed effettività di un sistema democratico nel quadro del concetto di ‘democrazia capace di difendere se stessa‘. E questo – si legge ancora nel testo – è il caso della disposizione censurata che, con la previsione di determinati requisiti di onorabilità degli eletti, mira a garantire l’integrità del processo democratico nonché la trasparenza e la tutela dell’immagine dell’amministrazione”. Pertanto “la previsione dell’applicazione automatica della misura non contrasta con il citato articolo 3 del Protocollo Cedu solo perché non affida ai giudici nazionali il potere di individualizzarla. In base alla giurisprudenza di Strasburgo, infatti, gli Stati contraenti possono scegliere se affidare al giudice la valutazione sulla proporzionalità della misura o incorporare questo apprezzamento nel testo della legge, attraverso un bilanciamento a priori degli interessi in gioco”. Nella sentenza la Corte ha anche negato che vi sia stata violazione del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, per l’esistenza di una competenza regionale in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri regionali prevista dall’articolo 122 della Costituzione.