Uno dei due intermediari per la cessione di vaccini al Veneto si è già dileguato, il secondo non ha ancora fornito il numero di lotto della partita, necessario per ottenere l’autorizzazione dell’Agenzia italiana per il Farmaco, necessaria per l’eventuale importazione. L’aggettivo è quanto mai opportuno perché ancora non si sa se la famosa doppia partita di 12 e 15 milioni di dosi esista per davvero. Finché non c’è il numero fatidico rimane il sospetto che ci si trovi di fronte a un bluff o a emissari di un mercato parallelo. Hanno dovuto entrare in campo i carabinieri del Nucleo Antisofisticazione di Treviso perché si cominciasse a diradare la nebbia sul giallo delle trattative (preliminari) della Regione Veneto. Il governatore Luca Zaia spergiura in conferenza stampa: “Qui si rispetta la legalità, siamo persone per bene, facciamo tutto in trasparenza”. Ma tocca al direttore generale della Sanità, il dottor Luciano Flor, ricostruire il caso. Lo fa dopo aver ammesso: “Sì, sono stato torchiato dai carabinieri per quattro ore”.

Che cosa ha detto ai carabinieri, che si sono mossi per conto del procuratore di Perugia, Raffaele Cantone? “A fronte di numerose situazioni nelle quali ci è stata segnalata la possibilità di avere forniture di vaccino, noi abbiamo fatto e stiamo facendo verifiche per avere tutti i dati necessari per poter chiedere l’autorizzazione all’acquisto e all’importazione ad Aifa e alla struttura commissariale del governo. Se troviamo del vaccino, non lo possiamo comperare e importare senza autorizzazione. Siccome conosciamo la legge, la prima cosa che abbiamo fatto è stato chiedere se potevamo avviare una verifica per negoziare l’acquisto”.

E’ quello che Flor ha fatto con una lettera inviata il 3 febbraio ad Aifa. Ma perché? “Ci siamo interfacciati con una ventina di strutture, a 8 abbiamo scritto chiedendo se avessero il vaccino. Abbiamo scritto di dirci quantitativo, tipo di vaccino (solo autorizzato Ema), tempi di fornitura e costi”. Ma dal 3 febbraio sono trascorsi 13 giorni prima che Aifa dicesse di rivolgersi al commissario straordinario per il Covid, Domenico Arcuri. È stato lui a dire a Flor (16 febbraio) di chiedere il famoso numero. “Alle due società, una inglese e una italiana, abbiamo chiesto il numero di lotto. Una ditta non ci ha ancora risposto (quella inglese, ndr), l’altra ci ha detto che in questo momento, vista la situazione, non è in grado di garantire la fornitura e che si dialogherà quando avremo l’autorizzazione ministeriale necessaria”. In qualche modo si è nascosta dietro la mancanza dell’ok alla trattativa. “Per me non aveva il numero di lotto da darci…” ne ha dedotto Flor.

Il mediatore italiano sarebbe Luciano Rattà. “Queste risposte sono arrivate venerdì scorso”, ha detto Flor. “Non ho niente da nascondere, se le indagini faranno chiarezza non ho niente da temere, mi sono mosso pubblicamente, ho documentazione scritta, nessuna chiacchiera e nessun accordo sotterraneo”. Com’è la procedura? “Il numero di lotto lo fornisce il produttore, non gli intermediari. L’ipotesi che ci hanno indicato è che il vaccino Pfizer si trovi in una sede dell’industria in Germania. Se qualcuno ci invia il numero di lotto rinnovo la richiesta di autorizzazione, questo ho scritto. La società inglese è una ditta che opera nel settore, attiva, per l’italiana abbiamo fatto la visura camerale, per noi è un’operazione di routine”.

Come si è arrivati al mediatore italiano? “Un nostro fornitore di mascherine ci ha fatto sapere di poterci fornire vaccini. Gli abbiamo detto di farci sapere. Lui si è rivolto a Rattà, che io non ho mai visto, e che mai abbiamo cercato. Noi abbiamo risposto solo a chi ci ha proposto inizialmente i vaccini. Ci è arrivata una nota di questo Rattà, per 2,5 milioni di fiale a prezzo di mercato europeo”. Nessun sospetto per un capitale sociale di soli mille euro di una società che un anno fa si occupava di abbigliamento? “Rattà non l’ho mai visto né ho avuto contatti con quel soggetto, si tratta di un secondo contatto, un contatto di un nostro fornitore”. I pagamenti? “Noi non anticipiamo soldi, neanche un euro, non possiamo farlo in quanto ente pubblico, chi ci ha chiesto un anticipo non è stato preso in considerazione. Noi paghiamo la fornitura del bene con fattura, impegno a pagare entro 60 giorni. Qualcuno ci ha chiesto che vi sia una somma vincolata in una banca, ed è la banca che ci fa da tesoriere, la certezza di avere 20 milioni vincolati per acquistare il vaccino. Non è vietato, né fuorilegge, fare in questo modo, poco utilizzato in Italia”.

La partita dei vaccini quindi è già chiusa? “No, assolutamente no. Spero che questa indagine ci dica se vi sia costrutto o meno”, conclude Zaia.

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