Chissà se il farmer fosse a conoscenza della cacca d’artista di Piero Manzoni inscatolata nel 1961 come natura crea e battuta all’asta per 275mila.
Chissà se il farmer avesse in mente la replica di un’installazione di memoria duchampiana O invece volesse solo fare il guastatore della festa e, notte tempo, con lo stesso trattore con il quale solitamente concima la terra di sano escremento bovino ha spruzzato e spalmato le pareti specchiati della Mirror house.

Immaginate adesso l’effetto moltiplicatore, trattandosi di una casa fatta tutta di specchi, dentro, fuori, sopra, sotto. Immaginate lo schock dell’artista californiano Doug Aitken, un’icona nel mondo dell’arte ed esploratore di suoni tecnologici mixati con quelli della natura. Che direttamente dal deserto di Palm Spring ha portato la “Mirage House”, specchio in più, specchio in meno, in cima a una montagna di Gstaad circondato dal paesaggio mozzafiato e poi ha chiamato sei vocalist della Los Angeles Master Chorale, il vento da tempesta di neve soffiava forte, per un’emozionante performance la “Song Mirror”.
Dilemma d’autore. Cosa fare adesso? Lasciare che la natura faccia il suo corso, che il tempo passi e lasciare tanta bella m***in mostra o fare sparire ogni traccia e tirarla di nuovo a lucido. Vada per l’opzione due. E la caccia al malfattore continua.

Dilemma non d’autore. Dimenticanza, non negligenza, e la multa che mio figlio non mi ha consegnato fa il suo corso.
Gli svizzeri sono precisini, mi reco alla Kanton Polizei di Gstaad per denunciare altra “dimenticanza” di Marie Guillemot, titolare di una galleria insieme al marito Thomas Tournemine prima a Parigi poi sulla promenade di Gstaad. Era la galleria più bella del reame. Le avevo dato da vendere nell’era anti-covid una opera d’arte in antica carta di riso cinese ma rivisitata in chiave contemporanea.

Alla Polizei le solite formalità, sono ex residente a Gstaad, il poliziotto, preciso come un orologio a cucù, tira fuori la multa che era finata nel dimenticatoio. E’ diretto: “Paga o la tratteniamo in stato di fermo per 24 ore”. Che in polizienese vuol dire che vado dritto dritto in prigione. Confesso di essere molto molto tentata di conoscere le patrie galere elvetiche, quelle di Thun, il distretto urbano più vicino, mi raccontano essere una via di mezzo tra casa vacanza e riformatorio vecchio stile. Senza il sovraffollamento, chennesò, di Poggioreale. Ci penso e ci ripenso, chiedo se posso passare prima per casa e prendere due cosucce per la notte. La risposta è un no perentorio, si parte all’istante, vestita così come sono arrivata. Mi informano con lo stesso tono ineludibile che lì mi avrebbero dato un’uniforme, coperta, spazzolino da denti e un pasto caldo. Sono tentata, sai che articolo ne avrei ricavato: “La mia prima volta dietro le sbarre”.

Il pomeriggio mi aspettava princesse per un tè ( niente nomi), immaginate lo stupore se avesse letto un messaggio del tipo: “Scusami, non posso venire. Sono stata arrestata…”. Vabè alla fine ho pagato ( lo so, lettori vi ho deluso ), visto che si trattava solo di 150 franchi ( equivalente più o meno di 150 euro). Giuro che se fosse stato di più avrei scelto la galera. Comunque non avevo con me abbastanza cash, la polizei mi ha lasciato andare per fare un bancomat, ma si sono trattenuti la patente. Secondo voi se in Italia ci dessero la possibilità di scegliere: multa, ri/multa o un giorno di galera, come andrebbe a finire?

pagina Facebook di Januaria Piromallo

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