La campagna di vaccinazione di massa contro il Covid-19 dell’Indonesia è destinata a distinguersi da quelle degli altri Paesi del mondo. Nella nazione asiatica i primi a ricevere il vaccino contro il coronavirus sono infatti i giovani in età lavorativa e non gli anziani con patologie croniche, contrariamente a quanto accade in tutti i paesi occidentali, che danno la precedenza a loro e al personale sanitario di ospedali e rsa. Il Ministro della Salute Budi Gunadi Sadikin ha difeso questa strategia affermando che proteggere i più giovani, che passano molto tempo fuori di casa, significa proteggere indirettamente anche gli anziani che vivono con loro. Il vaccino CoronaVac sviluppato dalla cinese SinoVac e che verrà utilizzato per la vaccinazione non è inoltre stato testato a sufficienza su chi ha più di 60 anni.

Il Paese ha ordinato 125 milioni di dosi del preparato e tre di queste sono già state distribuite alle strutture sanitarie. Il farmaco è comunque al centro di alcune controversie: secondo gli studi clinici svoltisi in Indonesia sarebbe efficace al 65 per cento nel prevenire il Covid-19 mentre secondo quelli effettuati in Brasile l’efficacia non supererebbe il 50 per cento. Secondo il professor Amin Soebandrio, consigliere governativo in materia di sanità, l’approccio di Giacarta darà al Paese buone possibilità di raggiungere l’immunità di gregge, che viene raggiunta quando buona parte della popolazione (almeno il 70 per cento) viene vaccinato.

L’esecutivo del presidente Joko Widodo, nel tentativo di convincere quante più persone possibili a vaccinarsi, ha scelto di dare la priorità ad un cospicuo numero di social media influencer. Le vaccinazioni hanno avuto inizio il 13 gennaio e tra i primi a ricevere il farmaco, insieme al Capo di Stato, c’è stato il personaggio televisivo Raffi Ahmad, che ha 50 milioni di follower su Instagram. Gli indonesiani sono tra i più assidui utilizzatori di social network come Facebook ed Instagram e la scelta di includere gli influencer fa parte di una deliberata strategia comunicativa del governo. Un sondaggio, riportato da Channel News Asia, ha chiarito che il 37 per cento degli abitanti del Paese è disposto a farsi vaccinare, il 40 per cento è possibilista mentre il 17 per cento è contrario.

Le conseguenze della pandemia – L’Indonesia è la seconda nazione asiatica per numero di casi confermati di Covid-19. Il numero di infezioni nel Paese ha superato quota 850mila mentre i decessi sono 24951. Si tratta di numeri probabilmente sottostimati data la vastità del territorio nazionale e le tante difficoltà incontrate dal sistema sanitario nel tracciare con efficacia l’infezione. L’economia ha risentito della pandemia ed è entrata in recessione per la prima volta dal 1998. Il prodotto interno lordo si è contratto del 5.2 per cento nel secondo trimestre del 2020, del 3.5 nel terzo ed una sua ripresa appare, al momento, decisamente lontana. Il peggioramento dei dati macroeconomici avrà ricadute sulle vite degli indonesiani e sul tasso di povertà del Paese che, nel settembre del 2019, aveva toccato quota 9.2 per cento, uno dei punti più bassi di sempre. L’aumento della povertà e del disagio sociale potrebbero fomentare la crescita dei movimenti legati al radicalismo islamico, da tempo attivi in Indonesia. Una prospettiva che va evitata a tutti i costi per evitare che l’Indonesia possa trasformarsi nell’ennesimo campo di battaglia con i terroristi jihadisti dell’Asia.

Di Andrea Walton

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