Movimento 5 stelle e Pd compatti nel fare quadrato intorno a Conte e nel chiedere il rilancio dell’azione di governo piuttosto che una crisi dagli effetti “imprevedibili”. Matteo Renzi che continua a minacciare la rottura, certo del fatto che “non ci saranno elezioni” e un nuovo esecutivo (senza Conte premier) è possibile. Sono ore di discussioni e di trattative sotterranee tra le forze di maggioranza per scongiurare la caduta dell’esecutivo. La resa dei conti è fissata fra due giorni, quando i ministri si riuniranno per valutare la nuova bozza del Recovery plan elaborata da Palazzo Chigi dopo che tutti i partiti hanno presentato le rispettive modifiche. Ma dietro le quinte i pontieri del Pd stanno tentando di convincere Renzi a evitare una rottura al buio, puntando invece a un accordo sul rimpasto della squadra di governo e sulla modifica di alcune voci del Recovery. È questa la linea dettata da Nicola Zingaretti, che in un post su Facebook ribadisce la necessità di rilanciare “l’azione di governo”, purché avvenga “in sintonia con tutti gli alleati”.

“L’obiettivo era ed è quello di un rafforzamento della maggioranza attorno al Presidente Conte e, come avevamo deciso insieme, il varo di un ‘patto di legislatura‘ per dare alla maggioranza una visione definita e unitaria del cambiamento necessario all’Italia”, scrive il capo del Nazareno, facendo quadrato intorno al premier. “La parola d’ordine è costruire, contribuire ad aprire una fase nuova insieme”. Poi la presa di posizione contro Renzi: “Rimaniamo contrari a posizioni politiche che risultano incomprensibili ai cittadini e rischiano di aggravare il distacco tra società e istituzioni e che nel nome del rilancio rischiano di destabilizzare la maggioranza di governo. Nel periodo della pandemia e della campagna vaccinale, nel pieno della discussione del progetto di Recovery, devono prevalere l’innovazione ma insieme ad uno spirito unitario”, aggiunge Zingaretti, secondo cui va evitata a tutti i costi “una crisi dagli sviluppi davvero imprevedibili“. A indicare la strada maestra per uscire dallo stallo è il suo braccio destro Goffredo Bettini: le “asprezze” in maggioranza “possono essere ricomposte con un patto di legislatura, se le critiche non sono strumentali ma concrete“, ha dichiarato al Tg2.

Ancora più netti i toni del capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, e del capodelegazione Alfonso Bonafede: “Oggi parlare o paventare una crisi di governo sarebbe incomprensibile e irresponsabile“, hanno scritto in una nota. “Il confronto interno alla maggioranza sui temi politici c’è sempre stato e continuerà ad esserci. Il M5S ha sempre dimostrato di affrontare con lealtà e responsabilità gli impegni di governo: abbiamo anche saputo fare passi indietro necessari a compierne ulteriori in avanti, così come abbiamo affrontato con fermezza i temi in cui crediamo e continueremo a farlo. Lo stesso ci aspettiamo da tutte le forze di maggioranza“. Secondo i vertici del Movimento, inoltre, “in una fase così difficile come quella che stiamo vivendo i cittadini italiani non vogliono sicuramente vedere una politica che litiga, ma esclusivamente impegnata ad affrontare e risolvere i problemi”. Anche dall’assemblea dei deputati M5s è arrivato l’assist a Conte: diversi parlamentari hanno definito il premier “imprescindibile” e “non sostituibile” in quanto “scelto nell’interesse del Paese”. “Non si tocca” è stata la richiesta giunta in altri interventi. Nel dibattito, sottolinea una fonte di primo piano dei 5S, “c’è un punto fermo ed è rappresentato da Conte premier”.

Ma Matteo Renzi non sembra intenzionato a cedere. Intervistato dal Tg5, ja sottolineato di non aver sentito “né Conte né Zingaretti in queste ore” e ha ribadito che la palla ora spetta al premier. “Al presidente del Consiglio abbiamo scritto una lettera con tutti i punti, una cosa trasparente. Nessuno cerca poltrone. Noi vogliamo vaccini, posti di lavoro e cantieri che ripartono”. Alla domanda se sia meglio avere Mario Draghi a capo dell’esecutivo, il leader di Iv si è smarcato così: “A Palazzo Chigi c’è un presidente del consiglio alla volta e si chiama Conte. Draghi è una persona straordinaria per questo Paese e devo dire che ha dato dei suggerimenti molto giusti. Ha detto ‘utilizzate il debito’, fate debito ma fate debito buono per i giovani, per il futuro. Qui abbiamo messo più soldi per il cashback in un anno che non per i giovani e l’occupazione per i prossimi sei anni. Siamo di fronte a un piano, quello del Recovery, che pensa più al presente che non al futuro. Speriamo che lo cambino seguendo i suggerimenti di Mario Draghi”.

Parole analoghe a quelle usate dalla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, secondo cui “serve un nuovo accordo perché bisogna programmare il futuro, non solo mettere toppe“. Alla domanda se un rimpasto di governo potrebbe soddisfare le richieste di Italia Viva, la ministra ha replicato: “Il problema non è cambiare qualche ministro, ora Conte ha l’onere di presentare un programma che sia la sintesi della maggioranza“. Se così non fosse, per Renzi l’unica alternativa è la rottura. Il leader di Iv è infatti tornato a ripetere che i membri renziani del governo sono pronti a fare un passo indietro: “Le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto sono persone serie. Stanno al governo perché hanno delle idee, non per vanagloria. Se queste idee non piacciono, noi non siamo come gli altri, le poltrone le lasciamo“, ha ribadito in un’intervista al quotidiano di via Solferino. Poi la stoccata: “Io non ho paura di niente, meno che mai della democrazia. Quanto ai 18 senatori di Italia Viva, mi faccia dire che sono orgoglioso di loro. E che non hanno paura delle elezioni. Per due motivi. Uno, perché le elezioni non fanno paura a chi è abituato a misurarsi con il consenso. Il secondo motivo è ancora più chiaro, tutti sanno che non ci saranno elezioni”.

Le soluzioni sul tavolo, quindi, restano quelle di un Conte ter o di un cambio di maggioranza (e di premier). Renzi infatti non ha risparmiato battute all’ipotesi che in Senato Conte possa trovare un gruppo di “responsabili” disposto a sostenerlo in caso di crisi aperta. “Ci hanno provato e la risposta molto secca dei gruppi che fanno riferimento al segretario Cesa e al presidente Toti ha indebolito il progetto. Se vogliono un confronto parlamentare noi ci siamo. Si chiama democrazia e di democrazia non è mai morto nessuno”. A escludere un eventuale soccorso alla maggioranza è anche il leader di Forza Italia: “Opposizione responsabile non vuol dire opposizione morbida o disposta a sostenere il governo”, ha dichiarato Silvio Berlusconi alla videoconferenza del coordinamento regionale di Forza Italia delle Marche. “Non soltanto noi siamo parte fondante del centrodestra, ma la coerenza con la nostra storia e le nostre idee rendono per noi del tutto impossibile fare alleanze con la sinistra“. Matteo Salvini, invece, dal canto suo si dice “pronto” a formare un eventuale esecutivo in caso di caduta di quello attuale.

La prova del nove sulla tenuta della maggioranza giallorossa ci sarà il 7 gennaio, quando è previsto il Cdm sul Recovery Plan. Fonti di governo fanno infatti sapere che il nuovo documento del Mef sul Recovery plan modificato sulla base delle proposte dei partiti dovrebbe approdare a Palazzo Chigi stasera o al più tardi il 5 gennaio. Dal piano sarebbe stato depennato il Centro nazionale sulla cyber security, duramente contestato da Iv e da parte del Pd, mentre sarebbero state previste più risorse alla sanità, alle famiglie e ai giovani. Crescono anche istruzione, tutela del territorio, cultura e turismo. Inoltre sarebbe stata accolta l’osservazione del Pd per una maggiore trasversalità nel piano dell’obiettivo sulla parità di genere. Resta in sospeso il capitolo ‘governance‘, che è lasciato al confronto fra il presidente del consiglio e i partiti che lo sostengono. A quanto apprende l’Adnkronos, il piano resterebbe immutato in termini di obiettivi ma i contenuti e i progetti sarebbero cambiati accogliendo numerose proposte presentate. Bocciata senza sconti però la richiesta di Renzi di usare i fondi del Pnrr solo per progetti nuovi, una linea che avrebbe fatto esplodere il debito pubblico.

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