“Stendi bene le ginocchia”, “passi piccoli”. Sono solo alcune delle indicazioni della fisioterapista Alessia Felicioni mentre incoraggia Carlo a muovere qualche piccolo passo con il supporto di un deambulatore. Insieme ai colleghi Marcello Peruzzi, Silvia Sciatta, Michela Tambucci e Giulia Russo, la professionista segue quotidianamente la riabilitazione dei degenti del Covid center del Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma. Proprio dal reparto, infatti, parte il lento recupero dei malati. Spiega la Prof.ssa Federica bressi, fisiatra: “L’obiettivo è farli uscire fuori dal letto”.

“La riabilitazione è iniziata contestualmente all’apertura del reparto”, spiega la prof.ssa Silvia Sterzi, direttore dell’unità medicina fisica e riabilitativa del Policlinico Univerisitario Campus Bio-Medico. “Oltre alla prevenzione di quelli che sono i danni da allettamento, – prosegue – si lavora per mantenere tutte le competenze motorie del paziente”. Si contribuisce così a combattere l’astenia, ovvero la sensazione di fatica fisica e debolezza che spesso viene percepita da chi è stato colpito dal virus.

Tuttavia non sono pochi i pazienti che continuano ad accusare un cattivo stato di salute anche dopo essersi negativizzati. Il Covid19, infatti, ormai si sa, non è una semplice influenza. E proprio il difficile recupero dei pazienti che hanno superato la fase acuta della malattia, ne è la testimonianza. Così, anche dopo il tampone negativo, c’è chi si rivolge nuovamente alle cure degli specialisti per affrontare i disturbi legati alle conseguenze del virus sul corpo.

“A due mesi dalla guarigione abbiamo potuto riscontrare una elevata persistenza di sintomi”, racconta il dottor Matteo Tosato responsabile del servizio di Day hospital post-covid realizzato dal Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS all’interno del presidio Columbus. L’ambulatorio al momento segue 500 pazienti per monitorare quella che il professor Francesco Landi e il team di ricerca del Policlinico Gemelli hanno denominato “sindrome post Covid”.

I sintomi più comuni sono la stanchezza cronica, la dispnea, cioè la mancanza di ossigeno, il dolore toracico e il dolore ai muscoli. Non mancano difficoltà cognitive, depressione e anche disturbi di cattiva digestione. Il day-hospital è stato preso letteralmente d’assalto, confessa il dottor Tosato: “Arrivano richieste di presa in carica anche di domenica alle undici di sera. Purtroppo c’è un bisogno che non viene soddisfatto e al momento ci sono circa trecento domande in attesa. Ma siamo pieni e non ci sono posti fino a marzo”.

Articolo Precedente

Decreto Natale, l’Italia in zona rossa: cosa si può fare oggi 2 gennaio – Regole e deroghe agli spostamenti

next
Articolo Successivo

Sanità, i progetti nel Recovery plan: 4.800 case della comunità, 1,3 milioni di pazienti curati a domicilio, più accessi alle specializzazioni

next