Il Veneto è il nuovo centro dell’epidemia? E’ il risultato di due fattori: le zone gialle non riescono a bloccare la trasmissione del virus e sono classificate come gialle sulla base della capacità solo teorica delle terapie intensive. Il secondo punto è l’uso non appropriato dei test rapidi, che hanno una sensibilità bassa e come tali non possono essere usati come misura di prevenzione per proteggere comunità vulnerabili. Anziché una barriera mettiamo così una gruviera“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “24 Mattino”, su Radio24, dal direttore del laboratorio di microbiologia dell’Università di Padova, Andrea Crisanti, che premette ironicamente: “Io non ho giocato nessun ruolo in questa seconda situazione del Veneto”.

Il virologo spiega: “Il Veneto dovrebbe fare 3 o 4 settimane di zona rossa, cambiare strategia di prevenzione nelle Rsa e negli ospedali, ritornare ai test molecolari, usare i test rapidi solo per lo screening delle comunità. I test rapidi, infatti, nella migliore delle ipotesi, su 10 positivi ne rileva 3 o 4. Insomma, secondo me, bisogna tornare alla strategia inizialmente adottata in Veneto: è quella che ha funzionato anche in Corea, in Australia, in Nuova Zelanda, a Taiwan, persino in Vietnam. Non capisco perché in Italia abbiamo perso tutti questi mesi – continua – da giugno fino a ottobre, senza creare un sistema che ci potesse permettere di vivere tranquillamente. Non è soltanto Zaia a sbagliare strategia, ma è un problema di tutta Italia dove si è pensato che, finito il lockdown, tutto fosse risolto. Ricordo che per ben due mesi, luglio e agosto, il Veneto ha avuto zero casi giornalieri. Arrivare da zero a 5mila casi al giorno significa che c’è un problema“.

Crisanti contesta anche l’indice rappresentato dal numero potenziale di terapie intensive, dato che viene adottato per produrre il cambiamento di cromatismo delle zone regionali: “E’ sbagliato il meccanismo, l’ho sempre detto sin da subito. I sistemi vanno misurati sui punti di debolezza per testare la loro capacità di reazione, non sui punti di forza. Una catena è tanto più forte quanto più forte è l’anello più debole. Quindi, valutare il sistema sul numero delle terapie intensive è sbagliato. E infatti in Veneto si ottiene un effetto paradosso: la regione rimane zona gialla perché ha un potenziale elevato di terapie intensive e di posti letto, però il virus si trasmette ugualmente con un conseguente aumento di casi e di morti”.

Riguardo alle festività natalizie, lo scienziato ribadisce la sua tesi: “Se vogliamo preservare la salute e risparmiare delle vite, è chiaro che dobbiamo cogliere l’opportunità del Natale. E’ un’opportunità unica, senza per questo compromettere drammaticamente l’economia. Basta un piccolo sacrificio, visto che in questi giorni le scuole sono chiuse e le attività produttive sono ridotte. E’ necessario che in questi giorni si tenga lo schema da zona rossa in tutta Italia: limitare al massimo gli spostamenti tra regioni e i raggruppamenti familiari, ma tenere aperti i negozi. Anzi, io credo che vadano allungati gli orari di apertura delle attività commerciali, in modo da diluire l’afflusso dei clienti”.

Considerazione finale di Crisanti sulle scuole: “E’ bene che dal 7 gennaio si mantengano aperte le scuole elementari e le scuole medie, anche perché ci sono numerosi studi, tra cui il nostro, che hanno dimostrato che i bambini sono 20 volte più resistenti al virus rispetto agli adulti. Diverso è il discorso per gli adolescenti. Secondo me, va fatto un esperimento su un solo distretto scolastico, che andrebbe riaperto, con tutte le altre scuole superiori chiuse, e bisognerebbe vedere se le misure adottate sono sufficienti o se vanno cambiati altri parametri, come i trasporti o altro. In 2 o 3 settimane si vede cosa succede. Solo allora capiremo qual è il punto debole di tutta la catena, perché in questo momento non sappiamo davvero niente“.

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