Arriva un po’ di ossigeno alle Rsa lombarde. La Regione ha rotto gli indugi approvando un progetto di legge che stanzia 100 milioni di euro per colmare almeno una parte dei maggiori costi sanitari sostenuti dai gestori delle strutture che ospitano anziani con patologie croniche, per la riorganizzazione dell’assistenza a seguito della pandemia da Covid 19 che, oltre ad aver mietuto vittime a piene mani in questi luoghi che ospitano la parte della popolazione più esposta al virus tanto da farne il simbolo della devastazione del coronavirus, ha lasciato pesanti buchi nei bilanci delle società che li gestiscono.

Il documento approvato mercoledì a maggioranza dalla commissione consiliare Sanità del Consiglio regionale presieduta da Emanuele Monti (Lega), che è anche relatore, approderà per la discussione in Aula in una delle prossime sedute consiliari e mette in campo “misure urgenti – si legge in una nota della Regione – a favore non solo delle Rsa, ma anche dei servizi per disabili e per le comunità residenziali per le dipendenze. Sono inoltre previste forniture di Dpi per i medici di medicina generale mentre per gli specializzandi è introdotto uno stanziamento di 1,5 milioni a titolo di premialità”.

“Per quanto concerne il settore sociosanitario – ha sottolineato il relatore -, come sappiamo, gli stakeholder hanno manifestato parecchie difficoltà nel sostenere i costi sanitari a fronte delle disposizioni che li hanno costretti a riorganizzare le proprie attività erogative per un corretto utilizzo dei posti letto. Questo ingente sforzo finanziario ha messo in ginocchio gli enti gestori di cui l’85% è rappresentato da realtà no profit“.

“Per quanto riguarda il budget – ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio regionale, Carlo Borghetti che sul provvedimento si è astenuto – avremmo preferito che venisse accolta la nostra proposta che prevedeva il rimborso integrale dei maggiori costi sostenuti. Temiamo, infatti, che la cifra messa a disposizione non sia sufficiente e che ciò comporti in futuro un aumento delle rette a carico degli utenti”.

Il provvedimento era in ogni caso atteso da tempo e va a sanare almeno una parte del “buco” delle strutture lombarde che stimano una perdita di circa 200 milioni di euro in seguito al covid. Il problema però è anche nazionale, come ricorda il presidente dell’Ansdipp, l’Associazione nazionale dei Manager/Direttori delle Strutture Socio Sanitarie e dei Servizi alla Persona, che proprio mercoledì 18 novembre è stato audito dalla Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria per la popolazione anziana. Alla quale ha ribadito la necessità che il governo, d’intesa con le Regioni “inserisca un incentivo straordinario per fornire sostegno economico nel corrente esercizio atto a colmare, seppur parzialmente, le gravi perdite finanziarie subite, per tutte le RSA e RSD accreditare al funzionamento e già in possesso degli standard strutturali e gestionali previsti”.

Nel suo intervento Sergio Sgubin, ha inoltre ripercorso la cronaca degli ultimi mesi. Una parabola in cui “vi sono state certamente delle impreparazioni, delle difficoltà
di gestione, in qualche caso di responsabilità, ma non solo. Abbiamo lamentato da
subito un “abbandono” rispetto alla tutela e alla fornitura di presidi e protezioni, per
una fascia di popolazione ad altissimo rischio di contagio, con aggravamento delle
condizioni già in atto, che ha avuto come esito tanti, troppi morti”.

Tuttavia, ha rimarcato ancora il presidente Ansdipp, “le cronache e i social si sono interessati alle Rsa in particolare, ma solo per i casi di indagine, non rispetto a una folta schiera di Strutture che sono rimaste indenni o quasi, proprio per la capacità e la qualità dei servizi erogati, dell’etica e della professionalità degli Operatori e delle Direzioni. Non se ne è parlato. Ora viene contato a posteriori il numero dei decessi e sembra che le Strutture Socio Sanitarie siano “tutte o quasi” inadeguate e leggiamo anche di volontà di “deistituzionalizzazione”, senza tenere conto dello specifico target dei nostri Assistiti, in particolare non autosufficienti con pluri patologie fisiche, neurologiche e comportamentali”.

Da qui la richiesta che il settore venga sì riformato, “ma in “sinergia” con il territorio, non in alternativa“. Con una serie di proposte che vanno dall’affidamento alle strutture socio sanitarie del ruolo di regia delle attività di loro competenza erogate dalla rete territoriale (assistenza domiciliare, servizi diurni, co-housing etc), all’ottenimento di finanziamenti per “un potenziamento logistico-strutturale e una riqualificazione gestionale, attraverso la valorizzazione e il potenziamento delle risorse umane e specialistiche per tutte le strutture pubbliche e private autorizzate e in possesso degli standard di accreditamento delle regioni di riferimento”. Passando per la definizione di protocolli operativi in sinergia con ospedali e medici di famiglia, andando così a potenziare la medicina territoriale. Ma anche l’armonizzazione delle diverse normative regionali e l’aggiornamento delle quote di accreditamento sanitarie da tempo ferme, per “abbassare le quote delle rette socio-alberghiere a carico delle famiglie”.

In Toscana, intanto, la regione ha preso direttamente in mano il settore. Un’ordinanza firmata dal presidente Eugenio Giani prevede infatti che alcune residenze sanitarie assistite per anziani vengano riconvertite in Rsa total Covid per separare gli anziani positivi al Coronavirus da quelli negativi in modo da evitare ulteriori contagi. L’operazione sarà messa in pista a breve e rimarrà in vigore per l’intera durata dell’emergenza sanitaria. Saranno convertite le strutture con una maggiore percentuale di positivi: alle Asl è affidato il compito di predisporre l’elenco delle residenze per essere riorganizzate in tempi rapidi.

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