Un lockdown totale, identico a quello già imposto nella scorsa primavera: travolta dalla più alta velocità al mondo di diffusione del coronavirus, l’Austria ha gettato la spugna e per prima in Europa ha deciso di richiudere tutto. Domenica il cancelliere Sebastian Kurz ha annunciato uno screening di massa sulla popolazione “per poter garantire la riapertura delle scuole e le feste di Natale”: il lockdown durerà almeno fino al 6 dicembre. Altre due settimane di serrata anche in Francia, dove è già stato chiarito che a dicembre bar e ristoranti dovranno ancora restare chiusi. Nuove restrizioni sono entrate in vigore anche in altri Stati europei, dalla chiusura delle scuole in Grecia allo stop a tutte le attività non essenziali per il fine settimana deciso in Ucraina. Tra i grandi Paesi europei solo la Spagna per ora continua a differenziare le strette a seconda dell’andamento epidemiologico nei vari territori, seguendo un modello simile a quello del governo italiano ma affidando alle comunità autonome la scelta sulle restrizioni. Da Parigi a Londra, passando per Berlino, gli altri governi invece non sono riusciti a evitare un lockdown generalizzato: meno duro di quello austriaco, ma comunque esteso a tutto il Paese.

Vienna – “Nessuno di noi lo vuole”, ha allargato le braccia il cancelliere Kurz, annunciando il lockdown totale. Le due settimane di coprifuoco notturno non hanno avuto effetto e quindi da martedì l’Austria sperimenterà di nuovo le chiusure rigide della scorsa primavera. Divieto di uscire, chiusura di asili, scuole, negozi e locali. Kurz ha sintetizzato le nuove regole in una frase: “Non incontrate nessuno“. Si potrà uscire di casa solo per recarsi al lavoro, per fare la spesa o per andare a trovare familiari. Per sperare di non dover prolungare queste restrizioni oltre le tre settimane, il governo di Vienna si prepara a eseguire test a tappeto.

Parigi – La Francia migliora i suoi dati ma è ancora lockdown. La stretta generale, cominciata il 30 ottobre, proseguirà almeno fino al primo dicembre. Per i prossimi 15 giorni dunque il lockdown non cambia: tutti i locali e i negozi “non essenziali” restano chiusi. Nei giorni scorsi il primo ministro Jean Castex però ha annunciato che, con la fine del lockdown, soltanto i negozi potranno riaprire, ma non bar e ristoranti. Una decisione a cui il principale sindacato della categoria, Umih, ha replicato paventando il ricorso al tribunale. Proseguono anche le proteste di parte del mondo cattolico contro la prescrizione che nel periodo di lockdown vieta i raduni e, di conseguenza, pure le messe.

Berlino – A quasi due settimane dall’inizio del lockdown-light in Germania la curva dei contagi comincia a rallentare. A preoccupare è l’irrisolto problema della mancanza di personale sanitario in ospedale, come ha spiegato nei giorni scorsi il presidente dell’Istituto Robert Koch, Lothar Wieler. Non c’è all’orizzonte quindi la possibilità di accorciare la stretta: fino alla fine del mese dovranno restare chiusi bar, ristoranti, teatri, cinema, sale da concerto, istituzioni culturali e da intrattenimento, centri sportivi e cosmetici. Restano invece aperte le scuole e gli asili, oltre ai negozi, dove vigono regole più severe. La battaglia delle categorie in questo caso si gioca nelle Aule giudiziarie, con una pioggia di ricorsi: in Baviera un tribunale amministrativo ha dato luce verde alla riapertura delle palestre del Land, mentre la Corte costituzionale nei giorni scorsi ha negato la riapertura di un teatro-ristorante.

Londra – Al di là della Manica, il governo del Regno Unito spera di riuscire almeno a salvare il Natale, per sopire le proteste anti-chiusure che man mano prendono vigore. Le prossime due settimane, ha ammonito uno dei consiglieri sanitari del governo britannico, la professoressa Susan Michi, saranno “assolutamente cruciali” per decidere se confermare la fine del lockdown in Inghilterra, prevista il 2 dicembre. Al momento preoccupa la carenza di posti letto in terapia intensiva nel nord del Paese. Gli spostamenti sono consentiti solo per motivi di salute, emergenze, per andare al lavoro e per fare la spesa. Le attività ritenute “non essenziali” sono chiuse, mentre resistono scuole e università.

Madrid – In data 25 ottobre, il governo ha decretato un nuovo stato d’emergenza nel Paese, prolungato dal Parlamento fino al 9 maggio 2021. Il provvedimento permette alle Comunità Autonome (le Regioni) di adottare misure restrittive della mobilità in entrata e uscita dalle regioni e da specifici Comuni o quartieri. Al momento la mappa della Spagna è tutta rossa (ovvero al livello di allerta massimo). Solo Murcia e isole Baleari sono un gradino sotto (rischio alto), mentre per ora si salvano la Galizia e le isole Canarie che restano a rischio medio. Le misure anti-contagio variano però da regione a regione, anche a parità di dati epidemiologici. La Catalogna, ad esempio, ha esteso la chiusura di bar e ristoranti fino al 23 novembre. A Madrid invece ci sono limitazioni agli spostamenti, il coprifuoco e l’obbligo di mascherina ovunque, ma i locali per ora restano aperti.

Atene – In Grecia invece, dove il sistema sanitario nazionale è ormai quasi saturo, è crollato l’argine eretto finora a difesa delle scuole: il governo ha annunciato la chiusura di primarie, asili e nidi, mentre le secondarie erano già entrate in modalità di didattica a distanza. Da lunedì 16 tutte le lezioni di ogni ordine e grado saranno solo online, mentre un coprifuoco notturno a livello nazionale è entrato in vigore già da venerdì. “La chiusura delle scuole elementari è stata l’ultima cosa che volevamo fare. Questa è una misura della gravità della situazione”, ha sottolineato il ministro della Salute, Vassilis Kikilias.

I Paesi Scandinavi – La Svezia se la passa invece malissimo. Nel Paese scandinavo – unico in Europa a non aver imposto mascherine, distanziamento sociale e chiusure di negozi e ristoranti – i pazienti Covid ricoverati negli ospedali sono aumentati del 60% rispetto alla settimana scorsa: è l’accelerazione più alta in Europa. Anche per le autorità sanitarie locali la situazione attuale “è molto grave” e “ci aspettiamo che nelle prossime settimane altre persone saranno ricoverate”, ha annunciato Björn Eriksson, direttore dei servizi sanitari di Stoccolma, lasciando appunto intendere che l’auspicata immunità di gregge che la Svezia sperava di ottenere è solo un miraggio. In Svezia ci sono oltre 6mila morti da inizio pandemia, mentre nella confinante Norvegia solo poche centinaia di persone hanno perso la vita a causa del virus: Oslo ha comunque chiuso bar, cinema e palestre.

Gli altri – Una stretta contro il virus è scattata anche in Ucraina, dove tutte le attività non essenziali sono state chiuse per il fine settimana. In Belgio sono già chiusi da inizio novembre tutti i negozi non essenziale, ma anche i parrucchieri. Ci sono limitazioni agli incontri: fuori casi al massimo 4 persone. Pesanti restrizioni a bar e ristoranti anche nei Paesi Bassi. In Danimarca invece le restrizioni riguardano principalmente l’area settentrionale del Paese, dove è stata scoperta la diffusione di un ceppo di coronavirus mutato nei visoni: in questi territori quasi tutto chiuso fino al 3 dicembre. Il lockdown in Irlanda – da cui sono escluse solo le scuole – prosegue invece ormai da più di tre settimane e durerà fino a inizio dicembre. Scendendo nel Sud Europa, in Portogallo un parziale lockdown è in vigore dal 4 novembre: limitazioni agli spostamenti e smartworking fortemente consigliato.

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