Non è mio uso commentare le sentenze della magistratura, ancor meno quelle della Corte di Giustizia Europea. Fin da ieri, però, si sente la qualsiasi sulla sentenza riguardo ai vitalizi degli europarlamentari. Bisognerebbe cercare di portare le cose ad una condizione di normalità. Fatti salvi ulteriori chiarimenti da parte della Corte di Giustizia, l’irricevibilità del ricorso mi sembrava un esito piuttosto scontato. Si è rispettato il principio di legalità e di attribuzione delle competenze, niente di più.

Ciò che si ribadisce, in altri termini, è che il Parlamento ha piena legittimità nel prendere delle decisioni, anche delicate fortunatamente. E vorrei ben vedere.

Di contro, la scelta di alcuni ex europarlamentari del centrodestra di continuare a cavalcare questa battaglia è discutibile. Si tenta di fare passare per via giudiziaria una valutazione che mi pare tutta politica: il mantenimento dei vitalizi. Ne facessero un tema di battaglia politica. Sarebbe più onesto intellettualmente. Inquinano un dibattito che invece richiede una profonda riflessione da parte di tutte le forze politiche del Paese: dare un perimetro e rafforzare i costi buoni della democrazia.

Non mi si fraintenda, sono sinceramente convinto che alcuni vizi di fondo, sprechi e privilegi, debbano essere aboliti. E molto è stato fatto. Sono altrettanto convinto, però, che il processo che faremo a quei privilegi, rappresenterà le fondamenta per la democrazia.

Invito a fare attenzione a ragion veduta. Nonostante non lo si riconosca mai pubblicamente, in tanti nel centrosinistra hanno creduto nella necessità di tagliare spese eccessive. Eppure sono stati commessi degli errori, che in alcuni tratti hanno addirittura limitato la partecipazione democratica. Due su tutti: la riduzione dei consiglieri comunali o l’abolizione dell’elezione diretta delle province. Si sono confusi gli inutili sprechi, con l’ossatura fondamentale del nostro agire collettivo. Su questo l’Italia sconta un ritardo storico. Non abbiamo fatto davvero i conti con la trasparenza nei bilanci delle organizzazioni politiche, né disciplinato i requisiti minimi di condotta democratica interna ai partiti. In altre parole, non abbiamo ancora dato seguito concreto all’art. 49 della Costituzione. Tutto ciò allontana i cittadini dalla partecipazione politica, perché i soggetti che la determinano vengono avvertiti come spazi non contendibili.

Sarebbe interessante capire se oltre la coltre delle polemiche – di cui colgo perfettamente astute opportunità – ci fosse qualcuno disposto ad affrontare la questione.

Di fronte a noi c’è la peggiore crisi sanitaria della nostra Repubblica e probabilmente anche la più difficile sfida economica del nostro tempo. Il Covid potrà avere una funzione catartica o di rilancio. Oltre alle misure economiche e alle doverose azioni di contenimento, questa occasione ci offre la tensione ideale per capire come ricucire le ferite e gli strappi della nostra democrazia. La crisi ci ha dimostrato quanto sia fondamentale avere una buona amministrazione pubblica, efficace ed efficiente, ma anche un buon apparato politico, capace di decidere, di prendere delle decisioni coordinate. Se qualcuno vorrà pensarci e confrontarsi su questo, oltre le polemiche, farà un servizio al Paese.

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