Più soldi spendi sui social, meno voti prendi. A guardare i dati sembra essere questa la nuova regola di comunicazione politica che emerge dalle ultime elezioni regionali.

Sia i numeri dei voti sia quelli dei soldi spesi su Facebook e Instagram sono pubblici. Questi ultimi sono consultabili sulla Libreria Inserzioni di Facebook (oggi sono calcolati fino al 23 settembre, dunque dopo le elezioni. Per questo in alcuni casi gli importi sono aumentati rispetto all’elenco qui sotto). Eccoli in sintesi:

  • In Campania Stefano Caldoro ha speso oltre 32mila euro per sponsorizzare i propri post. De Luca non ha speso un euro. Risultato: De Luca ha fatto più del triplo dello sfidante, vincendo 69,5% contro 18%.
  • In Puglia Raffaele Fitto ha speso 29mila euro su Facebook. Michele Emiliano ne ha spesi 13mila. Risultato: ha vinto Emiliano con il 46,8%, contro il 39% di Fitto.
  • In Veneto Luca Zaia ha preso il 76,8% spendendo zero euro su Facebook. Il candidato di centrosinistra Arturo Lorenzoni ha speso circa €4000, prendendo il 15,7%.
  • In Liguria Giovanni Toti non ha speso un euro prendendo il 56%, mentre Ferruccio Sansa, candidato dell’alleanza Pd-M5S ha speso €5.800 circa, raccogliendo il 39% dei voti.
  • Nelle Marche Francesco Acquaroli ha speso circa mille euro, mentre Maurizio Mangialardi ne ha spesi €9.900. Dieci volte di più. Eppure ha perso di 12 punti, prendendo il 37% contro il 49% di Acquaroli.

Unica eccezione, quella di Eugenio Giani in Toscana. Lui ha speso €32.358 vincendo 48 a 41% contro la leghista Susanna Ceccardi che ha speso € 25.453.

Sono dati sorprendenti se crediamo – come fanno molti candidati – che più soldi spendi, più voti prendi. Significa questo che investire su Facebook sia inutile, anzi, perfino controproducente in campagna elettorale? No, sono un promotore delle inserzioni su Facebook in campagna elettorale. Le uso da anni coi miei clienti e le consiglio vivamente a chiunque faccia o voglia fare politica.

Questi dati ci dicono in realtà una cosa molto più importante, che non riguarda Facebook e Instagram: una forte presenza sui social, da sola, non basta a conquistare la fiducia degli elettori.

Nessun politico è realmente diventato popolare solo grazie alla comunicazione online. Ogni politico divenuto famoso ha sempre beneficiato della visibilità offerta dai media tradizionali, i quali sempre più spesso pescano le notizie proprio dai social. Sono giornali e tv la vera cassa di risonanza dei contenuti social dei politici o dei candidati.

Per esempio Beppe Grillo, che siamo abituati ad associare a un blog, in realtà era già famoso da decenni in Italia grazie alla tv, prima del suo impegno politico, e sia telegiornali che carta stampata ne hanno raccontato ogni uscita online durante i primi anni del M5S.

Anche Salvini, che sui social ha numeri impressionanti, occupa regolarmente i canali televisivi e i giornali direttamente (con la sua presenza) o indirettamente (coi suoi post che vengono ripresi).

Affinché i media tradizionali riprendano i tuoi post o le tue uscite pubbliche in generale è necessario però che i tuoi contenuti siano efficaci. Se il tuo messaggio è efficace, riceverai visibilità gratuita sui media tradizionali per un valore molto più alto di quello che stai pagando sui social.

Uno spot in tv costa decine di migliaia di euro. Se un telegiornale riprende una tua uscita, hai guadagnato gratis più visibilità di quella che hai pagato a Facebook. Anche sulla stessa piattaforma social, se il tuo post è efficace, avrai molta visibilità organica (gratis).

Qui veniamo al reale problema dei candidati usciti sconfitti alle ultime elezioni regionali: quanto era efficace il loro messaggio sul piano della comunicazione? La pubblicità (visibilità a pagamento) è solo un amplificatore del messaggio e del messaggero (il candidato). Se questi sono comunicativamente poco efficaci, non serve a niente.

In comunicazione un messaggio non è composto solo dalle parole. Anzi, quelle sono l’ultimo fattore. Ciò che più conta sono il carisma e le abilità comunicative del candidato, ovvero la sua bravura in tv nei confronti con gli avversari e nelle interviste, e sul palco.

Il carisma di De Luca, Zaia ed Emiliano è noto. Se paragonato a quello degli avversari è schiacciante. La capacità comunicativa di Toti in tv viene da lontano, da quando in televisione, sulle reti Mediaset, ci lavorava: ricordiamo che è stato direttore del Tg4.

In politica votiamo un candidato in base alla fiducia che abbiamo in lui. La fiducia cresce di pari passo con la notorietà (ci fidiamo di chi è familiare, diffidiamo dello sconosciuto). Se non sei un bravo comunicatore, i media tradizionali non parleranno mai di te e le piazze non si infiammeranno mai ascoltando i tuoi comizi, scatenando il passaparola. Semplicemente investendo migliaia di euro su Facebook non potrai mai raggiungere la notorietà che possono darti tv, giornali e supporter.

Per un partito è molto meglio investire nella formazione del candidato, per migliorare le sue qualità comunicative personali, che investire in pubblicità. Questa è la vera lezione che le liste sconfitte dovrebbero imparare da questi dati.

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