Condannati, cambiacasacche, politici venati di xenofobia o semplicemente Zaia-boys. Il nuovo consiglio regionale del Veneto – dove spiccano i 24 eletti della Lista Zaia – è una specie di caravanserraglio, ricco di personaggi variopinti, dalla lingua sciolta e con qualche precedente penale. Per dire: Daniele Polato, assessore comunale alla sicurezza in carica a Verona (giunta Sboarina), che nel 2019 ha lasciato Forza Italia per Fratelli d’Italia. A dicembre è stato condannato a un anno con la condizionale per aver sottoscritto firme false raccolte da altri per far partecipare alle elezioni regionali del 2015 la lista di Forza Nuova. Si è difeso sostenendo l’ideale della “democrazia partecipativa”, le firme – anche se apocrife – servivano a garantire la partecipazione ad un piccolo partito. Un perfetto democratico. Con 10.783 preferenze, è stato il primo degli eletti della Meloni e questo lo ha già lanciato nel toto-nomine verso un posto in giunta. Zaia permettendo.

Ecco quindi il veronese Enrico Corsi, consigliere uscente e rieletto con la lista di Salvini grazie a 3.778 preferenze: nel 2008 è stato condannato definitivamente a 2 mesi per propaganda razzista e al risarcimento danni ad alcune famiglie di sinti. Faceva parte di un gruppetto (c’era anche Flavio Tosi, il futuro sindaco scaligero, nonché segretario regionale della Lega, poi espulso) che aveva diffuso volantini per fare terra bruciata attorno ai nomadi, con frase ritenute razziste. Ma questo non gli ha impedito di coprire già una legislatura.

I prevenuti – Nella lista del presidente qualcuno è fissato con gli extracomunitari. Prendete l’ex sindaco di Jesolo, Francesco Calzavara (4.586 preferenze), indicato come possibile assessore. Da consigliere regionale, nel 2015 informò l’opinione pubblica: “Pare che a Cavallino siano arrivati una ventina di profughi della Costa d’Avorio e si stiano godendo la piscina di un residence”. Peccato si trattasse di cuochi africani in trasferta per un evento, che avevano affittato (e pagato) quattro appartamenti. Qualcosa si trova anche nel passato di Gabriele Michieletto (Lista Zaia, 3.221 preferenze), che aveva usato Facebook per dileggiare il ministro del governo Letta Cècile Kyenge, al punto che un consigliere del Pd gli aveva rinfacciato: “Ha postato la foto di un orango commentata da una didascalia in cui il primate si paragona al ministro per l’Integrazione, aggiungendo ‘ma io sono più bella e simpatica’”. Dopo qualche anno se l’è presa con i padri dell’Italia: “Eliminerei i riferimenti toponomastici al criminale Giuseppe Garibaldi, noto mercenario, bandito, razziatore assurdamente reso eroe da qualche buontempone”. Roberto Bet (Lista Zaia, Treviso, 8.484 voti), quando era candidato alle comunali di Codognè nel 2009 assicurò che nel Comune non ci sarebbero state unioni omosessuali. Divenne sindaco.

I camaleonti – A questo punto non ha più bisogno di finzioni Fabio Barbisan, fedelissimo di Zaia che ha militato con l’opposizione. È tornato in Consiglio (3.692 preferenze), ma ora farà il leghista alla luce del sole, mentre in precedenza era stato dirottato nel Gruppo misto, assieme alla sinistra. “È una scelta fatta e condivisa tre anni fa”, aveva spiegato. Zaia glielo aveva chiesto per farlo diventare vicepresidente della commissione Sanità (posto destinato all’opposizione), la quale vigila su Azienda Zero, la potentissima struttura che gestisce una sanità da 10 miliardi. Situazione simile per il veronese Stefano Valdegamberi che vanta un passato con sigle come Dc, Ccd e Udc e UdC. Era già stato rieletto con Zaia Presidente nel 2015, ma anche lui era passato al Misto per controbilanciare un transfuga Pd. Ha impiegato un po’ di tempo, ma da qualche mese paga la tessera della Lega, con relative regole economiche d’ingaggio, e le 11.251 preferenze potrebbero assicurargli un posto da assessore.

Gli indisciplinati – A Padova, nella propria lista, Zaia ha inserito Giulio Centenaro che venne sospeso nel 2017 per aver aggredito durante una sagra Daniele Canella, oggi sindaco di San Giorgio delle Pertiche. Una baruffa tra leghisti per rivalità di territorio. Finì con tre mesi di sospensione per entrambi. Canella non potè candidarsi alle politiche, Centenaro è stato eletto con 4.135 preferenze.

Gli Zaia-Boys – Diversi gli amici di gioventù politica, quando Zaia aveva i pantaloni corti. Marzio Favero, sindaco di Montebelluna, eletto con Salvini (3.315 preferenze), a differenza di molti suoi colleghi di partito il 25 Aprile canta Bella Ciao, perché “questa è una festa di tutti”. Stefano Busolin un altro Zaia-boy, per quattro mandati il potente presidente di Ascotrade, la multiutility dell’energia, cruciale per il potere leghista, è il primo non eletto a Treviso (4.900 preferenze), ma potrebbe rientrare in consiglio dalla finestra. In AscoHolding, la cassaforte dei Comuni di Marca, è rimasta per dieci anni anche Silvia Rizzotto, sindaco di Altivole, prima consigliere, poi presidente della società: candidata con Zaia ha preso 7.309 preferenze.

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