Il coronavirus è tornato ad affacciarsi in Ue e gli Stati del Vecchio Continente, tra i primi, dopo la Cina, ad essere travolti dalla pandemia, tentano di correre ai ripari per evitare una seconda ondata in autunno. In Germania, nelle ultime 24 ore si sono registrati 966 nuovi contagi, a fronte dei 436 di ieri e dopo giorni di allarmanti bollettini con oltre mille casi. Il totale dei contagi è ormai arrivato a 217.293, mentre sono 9.201 i decessi confermati. Anche in Romania, dopo il calo di ieri, è tornato a crescere il numero dei contagi: 1.215, con il totale dall’inizio della pandemia che è salito a 63.762.

È duro il quadro disegnato dal primo ministro francese, Jean Castex, che prendendo la parola durante una visita a Montpellier lancia l’allerta: “La situazione epidemiologica sta evolvendo nella cattiva direzione“, ha detto chiedendo ai prefetti di “estendere il più possibile l’uso della mascherina“. Ed ha aggiunto che “se non si reagisce collettivamente ci esponiamo ad un rischio elevato di ripresa dell’epidemia, che sarà difficile da controllare”. Così, di fronte al peggioramento dei parametri epidemiologici, ha intanto annunciato la proroga fino al 30 ottobre del divieto di eventi nel Paese con oltre 5mila persone, una proibizione che aveva validità fino al mese di settembre, spiegando che i prefetti avranno la “possibilità di derogare” al divieto previa “verifica dello stretto rispetto delle consegne sanitarie”. In ogni caso, ha sottolineato, “non ci si può aspettare tutto dalle strutture pubbliche, ognuno deve esercitare la propria parte di responsabilità”.

“L’epidemia non va in vacanza”, per cui è necessario “rimanere prudenti” per evitare di contrarre il coronavirus, ha scritto il presidente Emmanuel Macron su Twitter, affermando che “resta indispensabile rimanere vigili e rispettare il distanziamento sociale”. Nel Paese sono 1.397 i casi registrati nelle ultime 24 ore, con un tasso di positività che nell’ultima settimana ha toccato il 2,1% del totale dei test effettuati.

E con il numero di contagi da coronavirus nel mondo che ha superato i 20 milioni, con un quarto del totale che è concentrato nei soli Stati Uniti, durante l’ultima conferenza stampa alla Casa Bianca, interrotta dopo poco a causa di una sparatoria nelle vicinanze della residenza presidenziale, Donald Trump ha continuato a tenere un atteggiamento positivo e improntato alla ripartenza. “Non c’è alcun motivo per cui l’economia non possa crescere del 20% nel terzo trimestre”, ha dichiarato dicendosi sicuro che il vaccino per la popolazione americana sarà disponibile entro fine anno. Le scuole “devono aprire. I bambini non vengono contagiati facilmente dal coronavirus”, ha inoltre aggiunto andando contro alle dichiarazioni di alcuni esperti americani che si sono espressi proprio sulla trasmissibilità da parte dei bambini.

Allo stesso tempo, però, il New York Times, che cita fonti dell’amministrazione, rivela che il tycoon sta valutando la possibilità di consentire il blocco temporaneo dei cittadini americani e dei residenti permanenti che vogliono rientrare negli Stati Uniti da fuori se le autorità al confine ritengono che possano essere contagiati. Versione in contrasto con le parole del presidente che, invece, ha dichiarato di lavorare “con l’Europa sulla tempistica della rimozione delle restrizioni sui viaggi“.

Numeri sempre altissimi anche in Brasile, il secondo Paese più colpito dalla pandemia, che nell’ultima giornata ha fatto registrare oltre 22mila casi, con 703 decessi. Numeri impressionanti, se si tiene conto del rapporto tra popolazione e malati, anche in Israele che, con quasi 9 milioni di abitanti, ha superato il numero di contagi della Cina toccando quota 85.354, dopo gli ultimi 1.641 casi.

Rimane spaccata in due l’Australia che, dopo il picco di casi registrati in alcuni Stati come in quello di Victoria e Nuovo Galles del Sud, ha deciso di mantenere chiusi i confini tra il Territorio del Nord e le aree più colpite del Paese per almeno altri 18 mesi. Nel dare l’annuncio, i funzionari del Territorio del Nord, che non registra alcun contagio dal maggio scorso, hanno sottolineato che il periodo di 18 mesi rappresenta una previsione “prudente”. Tutte le persone che arrivano dagli Stati a rischio, hanno spiegato, dovranno sottoporsi a una quarantena di 14 giorni in hotel a loro spese.

In Nuova Zelanda, la premier Jacinda Ardern ha deciso di imporre il lockdown nella città di Auckland, nel nord del Paese, dopo che i cittadini hanno mostrato problemi respiratori dovuti al coronavirus. Il Paese non registrava casi da 102 giorni. Il premier ha spiegato di avere preso la decisione dopo che sono stati rilevati in una singola famiglia ad Auckland quattro casi “di origine sconosciuta”. “Dopo 102 giorni abbiamo i primi casi di Covid-19 al di fuori delle strutture di isolamento o di quarantena – ha dichiarato – Anche se ci siamo molto impegnati per evitare una ricaduta, eravamo comunque pronti”.

Anche il Bhuthan, per la prima volta dallo scoppio della pandemia, è da oggi in lockdown. La decisione è arrivata dopo che una cittadina del piccolo regno sull’Himalaya, rientrata dal Kuwait e rilasciata dalla quarantena dopo 30 giorni, è risultata positiva dopo altri dieci giorni. Il Paese di 800mila abitanti ha registrato solo 113 casi di coronavirus ed è uno dei pochi a non aver avuto morti. Il blocco consente solo servizi essenziali per i primi cinque-sei giorni, ha affermato il primo ministro Lotay Tshering, un medico che però continua ad esercitare anche nei fine settimana. “A tutti viene chiesto di restare a casa per proteggersi dalla malattia, in caso di trasmissioni non rilevate e dilaganti”, si legge in una nota dell’ufficio del premier. La donna risultata positiva ha viaggiato per il Paese incontrando amici e parenti e facendo shopping. Dopo l’annuncio del lockdown, molti cittadini si sono precipitati nei negozi per acquistare riso, verdure, uova, olio e sigarette.

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