Prima di finire davanti ai giudici amministrativi la “battaglia” dei tamponi nei laboratori privati era stata politica. Il Consiglio di Stato conforta la tesi della Regione Lazio di avere un sistema diagnostico di carattere pubblico. In precedenza il Tar del Lazio aveva dato il via liberà alla possibilità di eseguire i tamponi per Sars-Cov-2 anche nei laboratori privati. Un provvedimento impugnato dalla Pisana.

Ieri la III sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Roberto Garofoli, relatore Giovanni Pescatore, ha emesso una nuova ordinanza in sede collegiale in cui accoglie l’appello proposto dall’amministrazione regionale e dal Codacons. L’ordinanza ravvede infatti la “non manifesta irragionevolezza della scelta regionale di apprestare un sistema diagnostico specialistico a carattere prettamente pubblico in quanto ritenuto, sulla base di plausibili argomenti, maggiormente idoneo a garantire il più tempestivo coordinamento del servizio di analisi e dei relativi flussi informativi; l’ottimale gestione di ogni possibile variabile o contingenza, anche a carattere emergenziale; l’omogeneità delle tecniche diagnostiche e, quindi, dei parametri di riferimento e di “affinamento dei risultati”. Dunque, prosegue l’ordinanza, “la migliore pianificazione e allocazione delle risorse e, in definitiva, la piena e più sollecita soddisfazione, nella situazione data, dell’interesse primario tutelato (diritto alla salute articolo 32 della Costituzione), quale istanza prevalente su quelle antagoniste evocate dalla parte appellata (articolo 41 che tutela l’iniziativa economica); Considerato che l’esperienza sin qui maturata fornisce elementi di conferma circa l’efficienza del sistema Coronet Lazio e la sua idoneità al conseguimento degli obiettivi generali stabiliti, stante il buon andamento dei dati statistici riguardanti il numero dei test effettuati ed i tempi occorrenti alla loro esecuzione”. Per tale motivo il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), “accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’ordinanza gravata, respinge l’istanza di sospensione degli atti impugnati in primo grado”.

A fine giugno il consiglio regionale aveva approvato una mozione del centrodestra che impegnava la giunta regionale a non ricorrere al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar del Lazio di permettere ai laboratori privati di effettuare i tamponi. L’assessore alla Sanità nel Lazio, Alessio D’Amato – che è anche a capo dell’unità di crisi regionale – aveva annunciato di aver comunque depositato il ricorso, andando di fatto contro la sua maggioranza. D’Amato si è opposto in ogni modo alle autorizzazioni ai laboratori privati per l’effettuazione dei tamponi. Test a pagamento, ovviamente, o – nelle intenzioni – in convenzione con la Regione Lazio. Nella sentenza i giudici amministrativi del Tar spiegavano che “nel bilanciamento degli interessi coinvolti, l’interesse pubblico prevalente è quello di eseguire quanti più esami possibile, specie se questi vengono fatti senza oneri per le finanze pubbliche e senza limitare l’accesso ai reagenti per le strutture del Servizio sanitario”. A stretto giro era arrivata la reazione di D’Amato, che invitava i cittadini a “diffidare dai tamponi a pagamento non validati”. Ma ora si è espresso anche il Consiglio di stato.

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