Non ci sono soltanto la Cina e l’Organizzazione mondiale della sanità. Ora Donald Trump mette nel mirino il virologo in chief della Casa Bianca Anthony Fauci e i Cdc (Centers for Disease Control and Prevention), accusati di avere mentito sulla pandemia “come i Media, i Democratici, i nostri medici, non tutti ma la maggior parte di coloro nei quali ci viene chiesto di riporre la nostra fiducia. Io credo che sia tutto un problema di elezioni e di impedire all’economia di riprendere a pieno, che poi è questione di elezioni. Sono stufo di tutto questo”. Parole retwittate dal presidente Usa e originariamente postate online da Chuck Woolery, conduttore di un gioco a premi televisivo, convinto che “le menzogne più oltraggiose sono quelle che riguardano il Covid-19“.

Trump torna all’attacco di Fauci, per lui voce fuori dal coro e non allineata. Al tycoon non è andata giù l’ennesima serie di allarmi lanciati dal virologo, che ha messo in guardia su una riapertura troppo affrettata dell’economia e della vita sociale e lamentato di sentirsi sempre più isolato senza nemmeno la possibilità di avvicinare il presidente nelle ultime settimane. Ma c’è una cosa che di sicuro più di altre manda su tutte le furie Trump: i sondaggi dicono che nella lotta al coronavirus il 67% degli americani ha fiducia in Fauci, mentre solo il 26% si fida del presidente. E questo a meno di quattro mesi dal voto.

Così è maturato il cambio di strategia, e il trattamento riservato a Fauci appare oramai come quello che di solito viene riservato agli avversari e oppositori politici. I più stretti collaboratori del tycoon, in particolare, avrebbero cominciato a divulgare in forma anonimia una “lunga lista” di previsioni e affermazioni (spesso parziali) ritenute errate del virologo. Un elenco fatto circolare tra i vari media teso a mostrare come più di uno siano stati gli errori di valutazione di Fauci. Un tentativo dunque di mettere in dubbio l’affidabilità dell’uomo che in passato, tra l’altro, ha dato un enorme contributo alla lotta contro l’Aids e l’Ebola. Ma nel mirino ci sono anche i vertici delle autorità sanitarie federali, più volte negli ultimi giorni smentite dal presidente, come sulle prudenti linee guida per la riapertura delle scuole. Ma il virologo in chief risponde a distanza, ribadendo che “non abbiamo chiuso l’intero Paese e ora dobbiamo fare qualche passo indietro e dire, ‘ok, non possiamo chiudere totalmente ma almeno dobbiamo riaprire gradualmente'”.

Intanto è allarme rosso in Florida, dove si registra lo scenario più drammatico con oltre 15mila nuovi casi nelle ultime 24 ore e gli ospedali di Miami al collasso, senza più posti in rianimazione disponibili. Ma anche a Jacksonville, dove a fine agosto Trump dovrebbe ricevere la nomination repubblicana, la situazione appare quasi fuori controllo.

La California, invece, ha deciso di chiudere su tutto il territorio dello stato i servizi non essenziali a causa dell’impennata dei contagi. Dovranno abbassare la saracinesca ristoranti, bar, cinema, teatri, palestre, musei e luoghi di culto. Cancelli chiusi anche per gli zoo, come ha annunciato il governatore Gavin Newsom.

Gli altri Stati Usa più colpiti sono quelli del sudest e della costa occidentale, come Arizona, California, Texas, Louisiana. E se a New York, ex epicentro, per la prima volta dall’inizio della pandemia si registrano ‘zero morti’, caotico appare il quadro in aree metropolitane come Atlanta, Dallas, Los Angeles, Phoenix. Come se non bastasse, un’altra grana viene dalle basi militari Usa di Okinawa, ora in lockdown, dove oltre 100 marine sono risultati positivi dopo i festeggiamenti del 4 luglio, festa dell’Indipendenza. Un caso che inevitabilmente ha fatto infuriare le autorità giapponesi.

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