Lesioni gravi e aggravate dall’uso del manganello. Con questa accusa il pm della procura di Genova, Gabriella Dotto, ha chiesto il rinvio a giudizio di 4 poliziotti del reparto mobile di Genova, ritenuti gli autori del pestaggio del giornalista di Repubblica Stefano Origone. Il 23 maggio 2019 il cronista era stato picchiato durante gli scontri di quella giornata, in piazza Corvetto, tra antifascisti e agenti in tenuta antisommossa in occasione di un comizio del partito di estrema destra Casapound.

Origone stava assistendo all’arresto di un manifestante quando era stato avvicinato e picchiato con calci e colpi di manganello da diversi agenti, nonostante si fosse più volte qualificato esplicitamente come giornalista. “Ho urlato che ero un giornalista – spiegò Origone sulle pagine del suo giornale – ma non si fermavano. Per fortuna alla fine un vicequestore che conosco personalmente li ha bloccati e mi ha portato in salvo”. Poi aggiunse: “Non finivano più. Respiro ancora con fatica, tutta la parte sinistra del corpo porta i segni delle manganellate”.

Ricoverato all’ospedale Galliera per varie lesioni, ha subito due interventi a una delle dita della mano sinistra e un intervento all’altra. Rientrato al lavoro solo a fine gennaio, a distanza di otto mesi non ha recuperato la piena funzionalità della mano. Dopo l’avvio delle indagini da parte della Squadra mobile diversi agenti del reparto si erano presentati spontaneamente in procura. Adesso la procura ritiene di aver identificato i quattro che ebbero una responsabilità nel pestaggio di Origone.

Davanti al giudice Silvia Carpanini, che ha fissato l’udienza preliminare il 20 ottobre, i poliziotti potrebbero chiedere la sospensione del processo attraverso la messa alla prova, che prevede un programma di lavori socialmente utili uniti alla cosiddetta riparazione del danno, vale a dire al risarcimento almeno parziale della vittima.

In alternativa potranno patteggiare la pena o affrontare il processo. Al momento da parte del ministero dell’Interno non è stato proposto alcun risarcimento al giornalista che, difeso dall’avvocato Cesare Manzitti, si costituirà parte civile, stessa scelta che ha deciso di intraprendere Fnsi, sindacato unitario dei giornalisti, e l’Ordine dei giornalisti.

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