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Turchia, fallito colpo di stato: 121 condanne all’ergastolo. A quattro anni dall’azione militare continuano retate e arresti

La serra del 15 luglio i carri armati che spararono sul Parlamento ad Ankara, i jet fecero fuoco sui civili e poliziotti che arrestano golpisti e militari cacciati dalla tv di Stato da una folta folla di cittadini lealisti. Il presidente Erdogan fece sapere che i responsabili avrebbero pagato per l'azione

Rientrando a Istanbul dopo il fallito colpo di stato Recep Erdogan fece sapere che gli autori avrebbe pagato. Quattro anni dopo a venti giorni dal quarto anniversario, che il governo commemorerà ancora una volta con imponenti cerimonie, un tribunale di Ankara ha emesso 121 condanne all’ergastolo in uno dei processi principali. La serra del 15 luglio i carri armati che spararono sul Parlamento ad Ankara, i jet fecero fuoco sui civili e poliziotti che arrestano golpisti e militari cacciati dalla tv di Stato da una folta folla di cittadini lealisti. Imputato nel processo c’erano i militari accusati delle azioni armate compiute la notte tra il 15 e il 16 luglio al Comando generale della gendarmeria turca. Uno degli episodi considerati più significativi tra gli ammutinamenti di parte delle forze di sicurezza, che secondo Ankara obbedivano alla rete eversiva del magnate e imam Fethullah Gulen, considerato da Erdogan regista dell’operazione dalla sua residenza in Pennsylvania, negli Stati Uniti, dove risiede da oltre vent’anni in auto-esilio.

I giudici hanno emesso 86 condanne all’ergastolo “aggravato” – con la pena accessoria dell’isolamento – e altre 35 all’ergastolo ordinario. Gli imputati sono stati ritenuti colpevoli del reato di “tentata violazione costituzionale”. Alla sbarra c’erano in tutto 245 persone. Tra i condannati c’è anche l’ex colonnello Erkan Oktem, condannato a 9 ergastoli “aggravati” e ulteriori 20 anni per omicidio di primo grado e tentato omicidio. Si chiude così un altro capitolo di una storia che sembra infinita, per la durata dei processi ma anche per i continui arresti, che continuano con cadenza quasi quotidiana. Secondo il ministro della Giustizia Abdulhamit Gul, fino a oggi erano ancora 15 i processi in corso sui 289 complessivi aperti nell’ambito della più massiccia iniziativa giudiziaria della Turchia contemporanea. Il procedimento principale, che riguarda le azioni alla base aerea di Akinci ad Ankara, considerata il quartier generale dei golpisti, è iniziato nel 2017 e dovrebbe concludersi a breve.

Nelle scorse settimane le operazioni di polizia contro presunti nuclei eversivi hanno intanto subito una nuova accelerazione, con centinaia di arresti di agenti e soldati. Un pugno di ferro che secondo le opposizioni viene utilizzato anche per colpire dissidenti politici non legati ai golpisti. Dal mancato putsch, le persone finite in carcere sono decine di migliaia, mentre circa 150 mila sono state epurate dalle pubbliche amministrazioni, tra cui militari, giudici, poliziotti e insegnanti.