A quasi 4 anni dall’incidente mortale sulla tratta Andria-Corato, sette operatori delle reti regionali interconnesse hanno ancora lo 0% dei loro binari attrezzati con il Sistema di controllo marcia treno, il miglior sistema di sicurezza per evitare collisioni come quella di due convogli di Ferrotramviaria che la mattina del 12 luglio 2016 si scontrarono frontalmente nelle campagne del Nord Barese provocando 23 morti. Lentezze e ritardi nell’adeguamento tecnologico spingono ora l’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria a chiedere un “deciso cambio di passo” e ad accusare alcuni concessionari di “scarsa capacità di pianificazione” e di coltivare “l’idea che l’adozione provvedimenti cautelativi”, come la riduzione della velocità dei treni o limitazioni del traffico, “possano consentire di rimandare” i lavori.

“Risposta lenta dagli operatori regionali” – È un giudizio pesante quello messo nero su bianco dall’agenzia indipendente nel rapporto preliminare relativo al 2019 sullo stato della rete italiana, gli incidenti e le criticità del sistema. È “da evidenziare”, sottolinea l’Ansf, la “lenta risposta delle reti regionali interconnesse all’adeguamento tecnologico” che permette quasi di azzerare il rischio sulle tratte a binario unico. Al 31 dicembre 2019, si legge nel report, “risultano ancora 7 le reti con uno stato di completamento del Sistema controllo marcia treno pari allo 0%”. Mentre “solo due gestori presentano uno stato di completamento pari al 100%”, mentre per i restanti 3 “si registra un valore che varia dal 30% al 95% in funzione della programmazione prevista rispettivi piani di adeguamento”.

Le 7 ritardatarie – Ilfattoquotidiano.it è in grado di anticipare chi sono le ritardatarie e chi invece ha già completato l’attrezzaggio. Sono ferme allo 0% di avanzamento dei lavori sui binari, Ferrovie del Sud Est che opera da monopolista nel Salento, Ferrovie Udine Cividale, Gruppo Torinese Trasporti che gestisce la Canavesana, La Ferroviaria Italiana SpA che opera sulle tratte Arezzo-Stia e Arezzo-Sinalunga, l’abruzzese TUA, Ente Autonomo Volturno i cui treni marciano sulla Alifana e lungo la Benevento-Cancello, e la ex Ferrovia Centrale Umbra che da marzo 2019 è passata sotto la gestione di Rfi. Le più virtuose sono invece Sistemi Territoriali Spa, che gestisce l’Adria-Mestre, e le Ferrovie del Gargano con una copertura del 100 per cento. A un passo dal completamento dei lavori c’è Ferrovie Nord Milano con il 95% di rete attrezzata con il Sistema di controllo marcia treno, mentre Ferrotramviaria è al 78% e Fer-Ferrovie Emilia Romagna è al 30% lungo i 364 chilometri in concessione.

“Scarsa capacità di pianificazione” – Una situazione quasi sovrapponibile a quella di un anno fa, quando l’Agenzia segnalava come fossero 8 gli operatori che non avevano ancora iniziato i lavori. Tanto che nel report Ansf intima: “È necessario un deciso cambio di passo negli investimenti sulle tecnologie di sicurezza”. Anche perché durante le attività di supervisione, si sottolinea nel report, “è emersa una scarsa capacità di pianificazione per la gestione degli interventi per l’attrezzaggio tecnologico e infrastrutturale delle reti e di controllo della progettazione di tali interventi”. Non solo: “La disponibilità di risorse per l’attuazione di quanto pianificato non sembra essere adeguatamente sotto controllo da parte dei gestori delle infrastrutture regionali, con l’idea che l’adozione provvedimenti cautelativi indicati dall’Agenzia nel 2016 possano in qualche modo consentire di rimandare il completamento” dei lavori.

Un ritardo (quasi) decennale – Già nel 2007 era stato stabilito che le reti regionali interconnesse avrebbero dovuto adeguarsi entro quattro anni agli standard europei di sicurezza, ma l’obbligo è sempre stato rimandato – incagliandosi in Conferenza Stato-Regioni – senza prendere alcuna precauzione come la riduzione della velocità sui circa 2mila chilometri di tratte gestite. Poi dopo l’incidente del 2016 costato la vita a 23 persone, è arrivata l’accelerazione con un decreto datato 5 agosto 2016 con il quale si cancellava la doppia normativa che consentiva regole di sicurezza di “serie B” per alcuni operatori e si trasferivano tutti gli operatori sotto l’ombrello di Ansf, imponendo nel frattempo limitazioni alla velocità di marcia fino all’adeguamento e la richiesta di presentare dei piani di adeguamento delle infrastrutture entro il marzo 2018.

“Ancora criticità sulle manutenzioni” – Sette operatori sono ancora fermi al palo, risultando in alcuni casi tra i 22 destinatari delle sanzioni inflitte nel 2019. Un anno, fa notare Ansf, tutto sommato positivo per la sicurezza delle ferrovie italiane con una riduzione del 30 per cento degli incidenti, ma con lentezze e ritardi che permangono anche sotto il profilo delle manutenzioni a causa di una “disomogenea” e a tratti “inadeguata” reattività del settore alle “raccomandazioni impartite”. Elementi emersi durante le ispezioni che hanno dato evidenza “di una scarsa efficacia delle azioni adottate” e “il permanere di criticità diffuse”.

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