Prima la voce di un accordo tra governo e Regioni per l’election day il 20 settembre. Poi la smentita, la protesta dell’opposizione e della Conferenza delle Regioni e quindi il rinvio dei lavori. Continua il caos sul fronte delle elezioni saltate per l’emergenza coronavirus. Nel tentativo di trovare una intesa sulle date, la commissione Affari costituzionali della Camera ha deciso di posticipare a domani il voto degli emendamenti al decreto che fissa il voto in autunno. Il tutto è stato concordato dai gruppi durante l’ufficio di Presidenza.

I governatori però protestano: “Cinque delle sei Regioni chiamate alle urne avevano indicato ufficialmente altre date: il 26 luglio, il 6 settembre o al massimo il 13 settembre. Il 20 settembre è una data dunque che non era ricompresa tra quelle indicate, che peraltro impedisce la riapertura di un anno scolastico, già di per sé molto difficile. Inoltre si tratta di una data a ridosso di ottobre, mese nel quale, stando alle relazioni del Comitato tecnico-scientifico del Governo, potrebbe riproporsi il Covid”, dicono il presidente e il vicepresidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini e Giovanni Toti, quest’ultimo in scadenza di mandato in Liguria.

Il decreto sarebbe dovuto approdare in Aula domani mattina, ma il presidente della Commissione Giuseppe Brescia chiederà al presidente della Camera Roberto Fico altre 24 ore di tempo, durante le quali si lavorerà ad un accordo, dopo che il governo aveva indicato il 20 settembre e il centrodestra aveva manifestato la propria opposizione, chiedendo lo slittamento almeno al 27 settembre. La Commissione tornerà a riunirsi quindi domani. “Bisogna riconoscere le concrete aperture della maggioranza alla luce del dibattito in commissione. Rinviamo il voto sugli emendamenti a domani semplicemente per evitare sovrapposizioni con i lavori dell’aula e sedute in notturna. La data del 20 settembre è un ottimo punto di mediazione a cui si è lavorato in questi giorni. Tiene conto delle esigenze rappresentate dal governo e dai gruppi. Tuteliamo la salute dei cittadini e il sereno svolgimento della campagna elettorale”, dice Brescia.

L’esecutivo, infatti , punta dunque ad accorpare regionali, comunali e referendum per il taglio dei parlamentari per la penultima settimana di settembre, con il turno di ballottaggio per le amministrative previsto per il 4 ottobre. Una mediazione trovata in mattinata dal premier Giuseppe Conte con i capi delegazione di maggioranza, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia.

Subito dopo in commissione Anna Bilotti del M5s ha ritirato l’emendamento per anticipare la finestra del voto dal 15 settembre all’1 settembre, che serviva a far svolgere il voto domenica 13 settembre e il ballottaggio il 27. Il governo e le Regioni “sono addivenuti ad un accordo” sullo svolgimento delle elezioni il 20-21 settembre, avrebbe detto – secondo le agenzie di stampa – il sottosegretario agli Interni Achille Variati, per smentire subito dopo. “Le date del 20 e 21 settembre per un possibile Election Day sono l’ipotesi al momento più probabile, ma su cui non è stato ancora raggiunto un accordo con le Regioni“, dice il sottosegretario, spiegando che l’indicazione di quei giorni è coerente “con le raccomandazioni formulate dal Comitato Tecnico Scientifico e al contempo cercano di assicurare le corrette condizioni di svolgimento democratico delle competizioni elettorali”.

Il centrodestra però non ci sta. “Le elezioni regionali non possono tenersi il 20 settembre perché la campagna elettorale si terrebbe durante la stagione turistica”, hanno detto in Commissione Francesco Paolo Sisto di Forza Italia, Emanuele Prisco di Fratelli d’Italia e Igor Iezzi della Lega, preferendo votare una settimana dopo, cioè il 27 settembre. Una preferenza che però spacca gli stessi partiti. Il leghista Luca Zaia, per esempio, la pensa come la Conferenza delle Regioni: “Il 20 settembre – dicono Bonacini e Toti – vuol dire ben quattro mesi dopo la scadenza naturale delle legislature regionali: mentre i cittadini stanno ormai tornando ad una vita normale, agli stessi viene impedito per quattro mesi di votare. La decisione del Governo va contro ogni pronunciamento delle Regioni su una loro specifica competenza. Chiediamo una riunione urgente della Conferenza Stato-Regioni per ripristinare un leale dialogo tra le istituzioni su un tema così delicato”.

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