“Per quello che ho potuto vedere nel mio piccolo e ho appreso dai miei colleghi tedeschi, in Germania sono semplicemente più preparati e più organizzati. E fanno meno annunci e più cose“. Sono le parole pronunciate a “Dimartedì” (La7) da Luciano Gattinoni, ex direttore scientifico del Policlinico di Milano, presidente della Società mondiale di terapia intensiva e attualmente professore emerito all’Università di Gottinga, in Germania.

In Italia sento sempre degli annunci – continua il medico – ma mai un’analisi quantitativa. Non c’è mai nessuno che mi parli di quale sia il livello di rischio accettabile per la fase 2, non c’è nessuno che dica mai un numero. Mi sembra che ci sia una grandissima confusione. Ora si ha la possibilità molto banale, ma molto scientifica, di osservare cosa succede tra 7-10 giorni in quei Paesi che hanno aperto prima dell’Italia, come la Germania, dopodiché si agisce di conseguenza. Ma qual è il livello di rischio che siamo disposti ad accettare?“.

Gattinoni si sofferma poi sull’ospedale Fiera di Milano: “Anche a Wuhan è stato costruito un ospedale, ma il problema non è costruire uno spazio con un respiratore e un letto. Occorrono persone che lo facciano funzionare e sappiano come farlo funzionare. Una terapia intensiva, nella fattispecie, non è un’isola deserta, ma ha bisogno di un ospedale attorno. Per far funzionare 100 letti di terapia intensiva, che mi assicuri una guarigione almeno dell’80% e più dei malati che arrivano, mi occorrono 350 infermieri e 120 medici. E non un medico qualsiasi, ma un medico che sappia fare le cose”.

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