La cassa di previdenza dei giornalisti, l’Inpgi, aveva voluto giocare d’anticipo rispetto al governo, per i suoi giornalisti freelance, definendo “deludenti” gli interventi previsti da Giuseppe Conte e dai suoi ministri per i lavoratori autonomi in difficoltà. E così venerdì 27 marzo ha annunciato di aver messo sul tavolo 42 milioni di euro per il 2020. Non pochi, hanno pensato gli iscritti alla Gestione separata. Poi, hanno letto bene i provvedimenti, e sono iniziate le prime perplessità.

Infine, sabato 28 marzo è arrivato il decreto interministeriale che ha dato il via libera al sostegno al reddito per i lavoratori autonomi e professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria, danneggiati dall’emergenza Coronavirus, con l’indennità da 600 euro per il mese di marzo. E ha mostrato le sue crepe dell’operazione Inpgi: cosa possono aspettarsi esattamente i giornalisti freelance dal proprio Istituto di previdenza e che cosa dalle misure del governo? E quanti sono, davvero, i soldi che l’Inpgi ha destinato ai suoi iscritti, con delibere che non sono state al momento pubblicate sul sito dell’Ente?

Sostegno al reddito – Hanno diritto all’una tantum di 500 euro i giornalisti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), lavoro autonomo o a Partita Iva che abbiano avuto nell’ultimo triennio (2017-2019) un reddito compreso tra 2.100 e 30mila euro e che dimostrino una riduzione dei propri compensi tra marzo e maggio di quest’anno di almeno il 33% rispetto all’ultimo trimestre dell’anno scorso a causa del coronavirus. Non devono inoltre aver aderito alla Casagit, la Cassa sanitaria di categoria, usufruendo del sostegno concesso dall’Inpgi pari appunto a 500 euro. A conti fatti, parliamo di una platea potenziale di circa 2.800 giornalisti, per un esborso per l’Istituto al massimo di 1,4 milioni. Non soldi “nuovi”, ma già accantonati per il progetto di iscrizione alla Casagit e non utilizzati.

Anzi, i soldi accantonati sono molti di più, almeno il doppio. Lo stanziamento deciso dall’Ente (e approvato dai ministeri vigilanti) è infatti pari in totale a 9 milioni di euro per il triennio 2019-2021, mentre la spesa sostenuta dall’Istituto è pari a 1,6 milioni per ogni anno, con un risparmio totale di oltre 4 milioni. L’Inpgi però ha deciso di usarne solo un terzo, che peraltro difficilmente sarà tutto incassato dai giornalisti freelance: quanti di loro potranno dimostrare di aver perso almeno il 33% dei compensi tra marzo e maggio 2020? Non solo: per dimostrarlo, dovranno aspettare quantomeno il mese di giugno, quindi fare richiesta e aspettare che l’Inpgi valuti le domande ed eroghi, finalmente, l’una tantum.

Infine, non è chiaro se i 500 euro ricevuti siano o meno esentasse e se si possano cumulare con l’indennità prevista dal decreto Cura Italia. Eppure, nelle dichiarazioni dell’Istituto, si tratta di una misura studiata apposta per sopperire ai ritardi del governo nel sostenere i lavoratori autonomi. Qualcosa di simile, nelle attese, a quanto stanziato dall’Enpam già a febbraio per i medici in difficoltà a causa del coronavirus: mille euro al mese a tutti i liberi professionisti che abbiano subito un calo di fatturato, dichiaratamente cumulabili con il contributo pubblico, oltre alla possibilità di chiedere un anticipo sulla pensione.

Il contributo pubblico – L’indennità statale, pari a 600 euro esentasse, dovrebbe poi arrivare molto prima rispetto ai 500 euro una tantum dell’Inpgi: le richieste dovranno essere presentate all’Istituto a partire dal primo aprile, che anticiperà i soldi per poi riceverli dal Fondo di ultima istanza. E riguarderà molti più giornalisti freelance: tutti quelli che nel 2018 hanno dichiarato redditi esclusivamente da lavoro autonomo non superiori ai 50mila euro. Numeri certi è difficile averli, ma si può ipotizzare che siano vicini alle 10mila persone. Solo chi ha incassato tra 35 e 50mila euro, però, dovrà dimostrare una riduzione di almeno il 33% del proprio reddito nel primo trimestre 2020 rispetto all’analogo periodo del 2019.

Chi ha invece percepito compensi sotto i 35mila euro, dovrà semplicemente dichiarare che la propria attività è stata “limitata dai provvedimenti restrittivi emanati in conseguenza dell’emergenza Covid-19”. Non solo. Dopo i 600 euro per marzo, il governo ha già annunciato che analoghe misure saranno previste per i mesi successivi, con indennizzi probabilmente superiori. Il nodo è però quanti riusciranno realmente a ottenere i 600 euro. Il Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus Covid-19 istituito dal decreto Cura Italia ha una dotazione di 200 milioni di euro destinata a questo fine a tutti i lavoratori autonomi iscritti a Casse previdenziali diverse dall’Inps. E non è chiaro come questi soldi saranno suddivisi tra i diversi Enti.

Le altre misure dell’Inpgi – L’una tantum da 500 euro assorbirà, dunque, al massimo 1,4 milioni. Come si arriva ai 42 milioni dichiarati dall’Istituto di previdenza per i giornalisti freelance? Proviamo a fare i conti. Il grosso, pari a 20 milioni, è lo stanziamento per il cosiddetto “Prestito solidale” a tasso zero, variabile da 2 a 25 mila euro da rimborsare in 36 mesi (a partire da settembre 2020), riservato agli iscritti alla Gestione separata con reddito 2018 compreso tra 7.500 e 50mila euro che dimostrino di aver subito una riduzione dei compensi di almeno un terzo nel trimestre marzo-maggio 2020 rispetto all’ultimo trimestre del 2019. Anche in questo caso, nessuno potrà chiedere il prestito prima di giugno. Inoltre, l’entità del prestito è direttamente collegata al reddito perso, con una media del 50% (aumenta in base all’anzianità di iscrizione all’Inpgi): se un giornalista freelance guadagnava, per esempio, 15mila euro l’anno (somma superiore alla media) e ha perso un terzo dei guadagni, cioè 5mila euro, potrà ottenere un prestito al massimo da 2.500. E poi dovrà rimborsarlo in 3 anni con rate mensili da 69,40 euro. È anche prevista la possibilità di sospendere le rate di prestiti in corso per due volte, per un massimo di 12 mesi, sempre a patto di dimostrare di aver subito danni dall’emergenza sanitaria.

Parte degli altri 20 milioni sono destinati a pagare indennità o congedi ai genitori (anche affidatari) di figli fino a 12 anni, pari al 50% del reddito quotidiano (si divide per 365 quanto dichiarato) per un massimo di 15 giorni, senza copertura figurativa dei contributi previdenziali e in alternativa all’eventuale bonus bebè dell’Inps. Inoltre, sempre nella somma totale è compreso l’impatto sulle casse dell’Inpgi del rinvio a fine ottobre 2021 dei contributi minimi per il 2020 (la scadenza era il 31 luglio di quest’anno) e della possibilità di dilazionare in 12 rate i contributi “a saldo” per il 2019 dovuti entro il 31 ottobre 2020.

A conti fatti, insomma, l’Inpgi darà molto meno di 42 milioni ai giornalisti lavoratori autonomi, difficilmente arriverà alla metà, più probabilmente nemmeno a 10 milioni, di cui gran parte tornerà nelle casse dell’Istituto con la restituzione dei prestiti solidali. E questo a fronte di un patrimonio di quasi 650 milioni di euro a fine 2018 (ultimo dato di bilancio disponibile).

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