Puoi portare il cane fuori a fare una passeggiata per i suoi bisognini. Due o tre volte al giorno. Ma pare proprio tu non possa farlo con i tuoi figli.

Eppure anche i bambini, come i cani, hanno i loro bisogni. Ma, spesso, capita di essere additata come una madre sconsiderata se esci con tuo figlio per fargli prendere un po’ d’aria. Oppure, un carabiniere potrebbe fermarti, mentre cammini con tuo figlio e vai a fare la spesa, dicendoti che non è possibile uscire con il bambino a fare due passi.

Sei pericolosa, è pericoloso, gli altri sono pericolosi per voi. Con i cani, invece, no.

Già. I bambini, i grandi dimenticati in questa pandemia del Coronavirus. I cani, invece, i fortunati amici che ti permettono quel momento di respiro all’interno di una giornata claustrofobica. Coloro con cui la relazione di amicizia non è mai stata tanto intima, e tanto utile, tanto che il giretto del sabato mattina presto non è più un problema, anche se in passato era la cosa che odiavi di più.

I cani, animali belli. I bambini, i terribili untori. Non colpiti – almeno, per fortuna – mortalmente dal Covid19, ma messi al muro – anzi, tra le quattro mura di casa – come fossero tra i colpevoli di questa situazione.

Perché chi li può difendere, i bambini? Per i cani ci sono fior di padroni abituati a combattere strenue lotte per la sopravvivenza e la convivenza con la civiltà. I bambini, invece, una volta tanto coccolati da tutto il Belpaese – che peraltro ne vedeva nascere sempre meno – ora sono squadrati, bistrattati anche, da vecchi arrabbiati che non vogliono proprio neppure un contatto, neppure vederli, in coda nei negozi o dentro i negozi, seppure a distanza. O dalle finestre, che urlano: “state a casa!”.

Gli incivili urlano, tu non sai cosa rispondere, i bimbi prendono paura, ti guardano e tu non puoi neppure uscirtene con le parolacce, perché devi dare il buon esempio, e tranquillizzarli, possibilmente. Ma oltre a noi mamme, singolarmente, chi si fa carico delle politiche per i bambini di questa Italia malata?

I bambini sotto i cinque anni, trattati manco fossero runner che percorrono chilometri in barba ai divieti, sono stati i primi a vedersi le scuole chiuse. I primi a non poter giocare nei luoghi pubblici e a rinunciare alla loro socialità, che è loro più necessaria dei nostri – seppur necessari – aperitivi perché è parte della loro crescita è stare con gli altri.

Per loro, per cui gli asili non sono semplicemente un punto di “abbandono” ma un luogo dove si interpreta il mondo, il divertimento è finito molto tempo fa, e con noi genitori, obbligati ad intrattenerli, penso stiano sentendo crescere il rapporto ma al tempo stesso si pongano mille domande: cosa ci fa mamma sempre a casa? E papà? Dove è finito l’asilo?

I bambini, per cui i movimenti sono così importanti, si muovono anche dentro le loro teste, con una difficoltà in più nel fare domande concrete. Cosa ne vogliamo fare, di questi bambini, fino al prossimo settembre?

Qualcuno per cortesia, potrebbe dire qualcosa circa i nostri figli, dando una prospettiva su quello che potrebbe essere, se non sarà, la loro vita nei prossimi mesi? Sulla loro possibilità di ritornare alla normalità, prima che qualcosa si incrini davvero, dentro di loro, prima che comincino a pensare che un Paese di vecchi che hanno distrutto il pianeta li ha demonizzati e bistrattati perché era urgente occuparsi dei malati, e non era possibile pensare invece anche a loro, le nuove speranze del secolo, che tra poco si potrebbero ammalare, di malattie forse più sottili, perché psicologiche, ma altrettanto devastanti, come quelle di chi ha passato tragedie, le ha superate, ma si porta una ferita enorme dentro, che la mia generazione non saprebbe descrivere neppure, perché non l’ha provata, mai?

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