Che cosa ci preoccupa di più in questo momento: il rischio di essere contagiati dal coronavirus oppure vivere nell’incertezza di non sapere quale sarà la sua diffusione, di non sapere quanti saranno i contagiati e di come si evolverà la malattia? Oppure ci preoccupa l’impatto devastante che ha l’epidemia sulle nostre abitudini di vita, sulla nostra economia e sul nostro lavoro? Siamo spaventati, quasi ci sentiamo impotenti, perché non sappiamo che cosa ci aspetterà nei prossimi giorni e quale sarà l’evoluzione dell’epidemia. Perché le notizie che arrivano dal governo non sono confortanti e anche tra i virologi ci sono opinioni contrastanti: forse è anche questo che ha seminato il panico tra la gente. C’è chi è corso ai ripari svuotando le scansie dei supermercati. Scene da “The Day After”. Scenari da conflitto nucleare.

Eppure, sembra solo ieri quando hanno annunciato il primo contagio in Italia. Accadeva mentre guardavamo alla Cina come il paese infetto dal quale prendere le distanze. Pensavamo che il problema rimanesse confinato in Oriente. Come precauzione abbiamo fermato gli arrivi all’aeroporto, misurato la temperatura ai passeggeri che provenivano da Wuhan, Pechino, Shanghai… Abbiamo messo in quarantena quelli che sono risultati positivi al virus, curato i contagiati (purtroppo non tutti sono guariti). Abbiamo creduto di poter arginare la diffusione del virus. Siamo andati alla ricerca spasmodica del paziente zero (quasi sembrava una caccia all’untore) per poi scoprire che forse non c’è mai stato un paziente zero, in Italia per lo meno. Per diffondere il virus sarà bastato uno starnuto su un volo intercontinentale, una stretta di mano o un colpo di tosse. La medesima modalità di contagio della più comune delle influenze.

Ma pare che il virus, in Italia, circolasse e contagiasse ancora prima che diventasse un’emergenza mondiale. Mentre tutti i paesi guardavano una potenza economica come la Cina rimboccarsi le maniche e far fronte all’emergenza, costruendo un mega ospedale in dieci giorni. Al nostro sistema sanitario nazionale, un’eccellenza mondiale, va dato il merito di aver preso delle precauzioni prima degli altri e di aver messo tutti in guardia. E qual è stato il riconoscimento degli amici d’oltreoceano? Una bella mappa pubblicata dalla Cnn, il più importante canale tv americano, nella quale l’Italia viene indicata come l’origine del focolaio del coronavirus. E la Cina? Non pervenuta.

E’ una fake news? Ancora non è chiaro, ma è davvero curioso che in un momento così delicato l’America si preoccupi di mappare la diffusione del virus, puntando il dito contro l’Italia “dimenticandosi” da dove tutto sarebbe partito. Ma in fondo di cosa ci scandalizziamo? Non siamo stati noi i primi a divulgare, nelle chat di WhatsApp, i video dei nostri connazionali che insultano turisti cinesi per le strade di Roma e Firenze, come fossero degli appestati, con l’intento di scatenare l’odio social contro la Cina?

E poi è arrivata un’altra notizia: il primo focolaio in Europa sarebbe stato in Germania, a metà gennaio. Da lì si sarebbe quindi diffuso nel resto d’Europa. Chissà che la Cnn ora non aggiorni la mappa. Forse l’allarme coronavirus sta modificando per sempre gli assetti politici ed economici tra i paesi? Chissà. Nel frattempo, però, pare che la Cina abbia dato vita ad una raccolta fondi online per aiutare l’Italia e di questo bisognerebbe fare tesoro: “Scegli i tuoi alleati e impara a lottare in compagnia, perché nessuno vince una guerra da solo” (dal Manuale del Guerriero della Luce di Paulo Coelho).

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