Un nuovo tipo di occhio artificiale, realizzato combinando un sensore fotografico e una rete neurale in un singolo, minuscolo, chip, è stato messo a punto da ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology), ed è in grado di riconoscere ciò che vede in pochi nanosecondi, molto più veloce dei sensori di immagine esistenti. Sarà molto utile in tutti quegli ambiti in cui la cosiddetta computer vision sarà sempre più un elemento cruciale, dall’industria automobilistica, per le auto a guida automatica, ai robot industriali.

In questi ultimi anni la branca della computer vision e del riconoscimento delle immagini ha fatto grandi passi avanti, ma la soluzione del MIT rappresenta un salto in avanti consistente, perché risolve il problema principale dei sistemi tradizionali. Questi ultimi infatti richiedono una potenza di calcolo enorme, perché acquisiscono una gran quantità di dati visivi, indipendentemente dal fatto che essi siano utili o meno per classificare l’immagine d’interesse, provocando così un rallentamento dell’intero processo.

L’occhio artificiale del MIT invece acquisisce ed elabora un’immagine allo stesso tempo, senza convertirla o trasmetterla ad altri chip, rendendo così il riconoscimento delle immagini molto più veloce e al contempo utilizzando anche molta meno energia. Il progetto, pubblicato oggi su Nature dai ricercatori dell’Istituto di fotonica di Vienna, in Austria, cerca di imitare il modo in cui gli occhi degli animali pre-elaborano le informazioni visive prima di trasmetterle al cervello.

Per ottenere questo risultato il team ha realizzato il chip da un foglio di diselenide di tungsteno, un composto chimico usato come semiconduttore a singola molecola, di pochi atomi di spessore, da cui sono ricavati i diodi fotosensibili, a loro volta connessi in modo da formare una rete neurale. Il materiale utilizzato per produrre il chip offre proprietà elettriche uniche in modo che consentono di ottimizzare la fotosensibilità dei diodi. In questo modo è stato possibile “addestrare” la rete neurale per classificare le informazioni visive, semplicemente regolando la sensibilità dei diodi fino a quando non ha fornito le risposte corrette. In questo modo, il chip intelligente è stato addestrato per riconoscere le versioni stilizzate e pixelate delle lettere n, v e z.

Attualmente però l’occhio artificiale è tutt’altro che maturo. Composto da soli 27 rilevatori non è infatti in grado di gestire immagini formate da più di 3×3 blocchi. Già così però il chip è capace di eseguire diverse attività di apprendimento automatico, sia supervisionate che non supervisionate, tra cui la classificazione e la codifica delle lettere. Inoltre secondo gli scienziati scalare le dimensioni di questa rete neurale dovrebbe essere tutt’altro che difficile.

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