Il coronavirus arriva ad Abu Dhabi e ferma anche il ciclismo. Si interrompe alla quinta tappa l’UAE Tour, che si sarebbe dovuto concludere il 5 marzo. Per ora si parla di 8 contagi, fra cui due italiani, due russi, un colombiano e un tedesco, ancora non si sa se tutti coinvolti nella corsa o meno. La notizia arriva direttamente dalle autorità sanitarie emiratine e dal comitato organizzatore della corsa, composto, quest’ultimo, da Dubai Sport Council e Abu Dhabi Sport Council.

Ma non è tutto qui: al momento ci sono quattro squadre rimaste in quarantena nelle proprie camere d’albergo, nonostante non sia ancora arrivata – da nessuna di loro – la conferma sulla positività degli atleti che ne fanno parte. Tre sono in isolamento forzato: si tratta della russa Gazprom-RusVelo e delle due squadre francesi Team Cofidis Équipe cycliste e Groupama–FDJ. La UAE Team emirates ha invece deciso di mettersi in autoquarantena per precauzione in attesa di ricevere gli esiti certi sui tamponi.

Comincia tutto la sera del 27 febbraio. La quinta tappa si è da poco conclusa a Jebel Hafeet: ha vinto Tadej Pogacar. Sportivi, media e organizzatori sono rientrati nei rispettivi alberghi per la cena. Alle 23 arriva una comunicazione: vietato uscire dall’hotel. Il motivo non viene specificato. “A quel punto ho pensato: o c’è un pericolo fuori o il pericolo siamo noi”, spiega Stefano Rizzato, giornalista di Rai Sport inviato ad Abu Dhabi. Non passa molto che cominciano a trapelare altre informazioni e infine arriva la conferma: le ultime due tappe previste sono sospese per due casi di coronavirus riguardanti persone coinvolte nella corsa. Entrambi gli hotel, quello degli atleti e quello degli addetti ai lavori, vengono quindi chiusi e sorvegliati.

Nella notte fra giovedì 27 e venerdì 28 febbraio il personale sanitario comincia a svolgere i tamponi nasali sugli sportivi e prosegue, il giorno successivo, anche sul resto del personale a seguito del tour. “Da venerdì mattina ci è stato detto che non solo non potevamo uscire dall’hotel, ma neanche spostarci dalle nostre camere, in attesa di ottenere il risultato dei test”, prosegue Rizzato. “Si trattava di proteggere gli altri ospiti dell’albergo”. Passano diverse ore, fra notizie ufficiali mai arrivate e molte incertezze. Sabato qualcosa si muove: gli ospiti degli alberghi estranei al tour vengono autorizzati a lasciare l’edificio e inizia a profilarsi l’ipotesi che i negativi al test possano ripartire da Abu Dhabi domenica 1 marzo.

La stessa sera, però, verso mezzanotte altre ambulanze raggiungono l’hotel delle squadre per svolgere, si presume, nuovi test. A questo punto gli atleti che stavano per ripartire – perché negativi – vengono fermati: alla fine partiranno sedici squadre su venti (le altre rimanenti quattro sono quelle tuttora ad Abu Dhabi). Con il passare delle ore ripartono anche gli altri addetti ai lavori: “La partenza dall’albergo era controllata dal personale del ministero della Salute locale: lista dei risultati negativi al test alla mano, faceva l’appello e controllava i documenti”. Qualche momento di tensione c’è: “Domenica abbiamo fatto check out tre volte: sembrava si dovesse ripartire ma poi la situazione non si sbloccava”, continua Rizzato. Alla fine però il ritardo rispetto ai rientri programmati è solo di una giornata o due, e tutti riescono a volare verso casa senza problemi. Tutti, tranne le quattro squadre che sono ancora ad Abu Dhabi: per loro, è previsto l’isolamento fino al 14 marzo.

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