Informazioni ritenute fuorvianti sull’origine del grano duro utilizzato nella produzione della loro pasta. Per questo motivo Lidl è stata sanzionata con una multa da un milione di euro, mentre Divella, De Cecco, Margherita Distribuzione (ex Auchan, marchio Passioni) e Pastificio Artigiano Cav. Giuseppe Cocco (marchio Cocco) dovranno modificare le etichette e i rispettivi siti “così da garantire al consumatore una informazione completa, fin dal primo contatto, sull’origine (talvolta estera) del grano utilizzato nella produzione della pasta”. Che arriva anche da Canada, California, Arizona e, nel caso del marcio ‘Passioni’ distribuito dall’Auchan, da Argentina, Russia, Francia, Grecia, Messico e altri Paesi ancora. È l’esito di cinque procedimenti istruttori condotti dall’Antitrust sull’etichettatura e i siti web delle cinque aziende. Tra queste Lidl (marchi Italiamo e Combino) è l’unica a non aver presentato impegni nel corso del procedimento.

L’authority ha invece accolto e reso obbligatori quelli presi dalle altre quattro società a cui viene detto, nero su bianco, che i doveri di un produttore non si esauriscono nella mera osservanza delle norme contenute nel Regolamento Ue 1169 del 2011 (obbligo di indicazione dell’origine del grano duro in etichetta) ma, nel caso in cui si esalti l’italianità del prodotto sulla confezione, allora “si rende necessario controbilanciare tale enfasi con una più evidente e contestuale indicazione dell’origine del grano”. Come ricordato dalla stessa Autorità, una recente indagine europea ha mostrato che “l’origine del prodotto alimentare è la variabile di scelta maggiormente considerata dagli italiani al momento dell’acquisto del cibo (è indicata dal 62% dei consumatori italiani, contro il 53% della media UE) e ha un’importanza ben superiore a quella del prezzo”. Risultati che confermano quelli già emersi in uno studio condotto per conto della Commissione Europea nel 2014, che aveva mostrato che l’origine è il fattore più frequentemente preso in considerazione nel processo di scelta del prodotto alimentare.

IL CASO DI LIDL – Secondo l’Antitrust, le confezioni di pasta di semola di grano duro commercializzate da Lidl Italia S.r.l. con i propri marchi ‘Italiamo’ e ‘Combino’ “si caratterizzano per la mancanza di contestualità tra i riferimenti altamente evocativi l’italianità del prodotto e l’informazione sulla provenienza della materia prima grano”. Le confezioni a marchio ‘Italiamo’ riportano, infatti, con grande evidenza sulla parte frontale indicazioni relative all’italianità del prodotto: le diciture ‘Italiamo’ e ‘Passione Italiana’, l’immagine della bandiera italiana, nonché l’indicazione ‘IGP’ nel caso della Pasta di Gragnano IGP. L’indicazione sulla provenienza del grano (UE e non UE) si trova con caratteri piccoli solo nella parte laterale o posteriore della confezione, in una posizione non immediatamente visibile. Tale indicazione, peraltro, non è visibile sul sito internet. Stesso discorso per le confezioni di pasta a marchio ‘Combino’, con immagini che rimandano a tipici paesaggi italiani, una coccarda o un cuore tricolori, accompagnati dalla dicitura ‘Prodotto in Italia’ e l’indicazione “Specialità italiana”. Anche in tal caso, l’indicazione sulla provenienza del grano ha una collocazione marginale. Per queste ragioni, l’Antitrust ritiene che le modalità di presentazione delle confezioni siano “ingannevoli” e possono “ingenerare nei consumatori al primo contatto l’equivoco che l’intera filiera produttiva della pasta, a partire dalla materia prima, sia italiana”, mentre italiana è solo “la localizzazione dei processi di trasformazione e delle competenze produttive”. Lidl dal canto suo “non condivide” l’interpretazione alla base del provvedimento dell’Antitrust e continua a sostenere che “la comunicazione riportata sulle confezioni dei suddetti marchi è perfettamente conforme a quanto stabilito dalla normativa vigente”.

LE MODIFICHE DI DE CECCO E DIVELLA – Nel caso della De Cecco, che però si è impegnata ad apportare modifiche, l’azienda produce diversi formati di pasta le cui confezioni sono state finora caratterizzate da “richiami all’italianità del prodotto – scrive l’Antitrust – suscettibili di ingenerare nei consumatori l’equivoco che l’intera filiera produttiva della pasta, a partire dalla materia prima, sia italiana, mentre per la relativa produzione viene utilizzato anche grano di origine estera”. Nel corso del procedimento, l’azienda ha sostenuto la correttezza del proprio operato, e il rispetto della normativa di settore, nazionale e comunitaria. Che, secondo l’Antitrust, non è però sufficiente quando viene richiamata ripetutamente e in modo molto evidente l’italianità del prodotto. De Cecco ha così presentato una proposta di impegni, accettati e resi obbligatori dall’Autorità. Sulle nuove confezioni di pasta dovranno essere eliminate, dalla parte frontale, le diciture ‘Metodo De Cecco’, ‘ricetta da oltre 130 anni’ e ‘Made in Italy’, nonché la bandierina italiana tricolore, mentre sarà inserita la dicitura: “I migliori grani italiani, californiani e dell’Arizona”. Stesse contestazioni anche per Divella che, nel corso del procedimento, ha fatto presente che produce un alimento il cui ingrediente primario, il grano duro impiegato nella produzione della pasta secca, è coltivato nella percentuale di circa il 55/60% in Italia, prevalentemente in Puglia e in parte anche in Basilicata e ha sostenuto la correttezza del proprio operato. Anche in questo caso, però, per l’Antitrust si rendono necessarie alcune modifiche. Sul fronte della confezione, per esempio, sarà inserita la dicitura ‘Pasta di semola di grano duro coltivato in Italia e Paesi UE e non UE. Macinato in Italia’. Quanto al sito internet, al negozio virtuale e alle vendite on line, si inserirà nell’home page una chiara indicazione sulla provenienza della materia prima.

GLI IMPEGNI DI COCCO E AUCHAN – Per l’Autorità della concorrenza e del mercato le confezioni di pasta a marchio Cocco “sono caratterizzate da vanti relativi ai processi tradizionali di lavorazione e alla provenienza del prodotto da una specifica area del territorio italiano (Abruzzo), mentre la materia prima utilizzata nella produzione della pasta, in termini di volumi, proviene principalmente dall’estero (in via prevalente, dall’Arizona e, in alcune produzioni, dal Canada) e non dall’Italia”. La società si è impegnata modificare le etichettature di tutte le referenze di pasta in cui è previsto l’impiego di grano duro proveniente dall’estero e l’integrazioni delle informazioni presenti sul sito, mentre è previsto il ritiro dal commercio dei formati di pasta con semola KAMUT®, importato dal Canada. Infine la Margherita Distribuzione spa, società attiva nel settore della grande distribuzione di prodotti alimentari e non. Auchan, in particolare, promuove e commercializza pasta di semola di grano duro con il marchio ‘Passioni’. Le contestazioni sono sempre quelle. E ora Auchan si impegna a rimuovere dalle confezioni le descrizioni frontali echeggianti l’italianità del prodotto (riferimenti alla Regione, metodi tradizionali utilizzati in tali territori nonché l’immagine dell’Italia). Inoltre, si impegna a fornire ai consumatori un’istantanea percezione del luogo di origine del grano duro, inserendo nella parte frontale dell’etichettatura, l’indicazione relativa alla materia prima: “Paese di coltivazione del grano: UE e non UE”; “Paese di molitura: Italia”.

Questa misura riguarderà cinque tipologie di prodotti per i quali sono stati utilizzati grani stranieri, su un totale di 38 referenze (33 delle quali sono attualmente prodotte con grano di origine italiana). Si tratta dei Maccheroncini di Campo Filone IGP e Fettuccine di Campo Filone (Francia, Grecia e Russia), Pizzoccheri della Valtellina IGP (Argentina e Stati Uniti), Filei (Italia, Canada, Stati Uniti, Australia), Maccheroni al Ferretto (Grecia, Messico, Argentina, Francia). “Il nuovo set informativo – scrive l’Autorità garante della concorrenza e del mercato – permetterà così di evitare la possibile confusione tra provenienza della pasta e origine del grano”.

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