Chiede la “pacificazione” con le istituzioni e il governo e promette investimenti triplicati pur di non perdere le concessioni. Perché, avverte, “senza concessioni e con gli indennizzi previsti dal decreto Milleproroghe (che li riduce da 23 a 7 miliardi circa, ndr) l’azienda andrà in default“. L’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Roberto Tomasi, in un’intervista a Repubblica promette che il gruppo “cambierà” e “rafforzerà i controlli” e presenta l’ultima offerta mirata a dribblare la revoca. La decisione finale dell’esecutivo è attesa subito dopo le elezioni regionali del 26 gennaio, ma ormai anche il Pd si è allineato sulla posizione del Movimento 5 Stelle: dopo il dramma di Genova e le notizie di altri gravi problemi sulla rete, non si può che togliere la concessione. Come conferma il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli sempre sul quotidiano romano: “La revoca è la conseguenza dei 43 morti nel crollo del ponte Morandi”. Ancora più tranchant il suo vice Stefano Buffagni: “Mi sembra che si vogliano vendere come un favore una cosa che dovrebbe essere la normalità. Ci vengono ad annunciare che faranno un grande piano di investimenti e di manutenzione che già dovevano fare. Sono ancora più arrabbiato ogni volta che leggo queste interviste perché il governo non si fa ricattare, fa schifo questo modo di porsi”.

“Lo stato manutentivo delle strade gestite da Aspi fa percepire un senso di insicurezza ai cittadini che salgono in macchina”, dice l’esponente M5s. “Al di là di casi particolari, è innegabile che le verifiche sulle manutenzioni fatte da Aspi sono state più che negative. Il sistema delle concessioni doveva portare più investimenti, più sicurezza, pedaggi più bassi, ma ha portato solo utili per il privato, meno sicurezza e meno investimenti”. Dal canto suo Buffagni, rispondendo a una domanda sul futuro dei dipendenti in caso di revoca, definisce Autostrade “un nemico dotato di molte risorse che paga consulenti e fa continue denunce”, per cui “non voglio dare pretesti o scuse per depotenziare la nostra azione“. “Ieri la procura di Genova – aggiunge – ha denunciato pressioni subite dai loro periti indipendenti ad opera avvocati della società Autostrade. Cose che mi hanno fatto venire in mente il titolo del film Gli intoccabili su Al Capone. Non siamo un paese normale, se qualcuno pensa di poter fare queste pressioni”. E ancora: “Grazie al suo predecessore (Castellucci, ndr) non solo oggi questa azienda rischia di andare in default ma sono morte persone, è caduto un ponte, quindi Autostrade ha responsabilità gravissime di cui non ho ancora visto ammende concrete”. L’azionista di riferimento, Atlantia, sentenzia, “ha fallito. Bisogna farsi la domanda se è il caso di fare scelte differenti”.

Il consiglio di amministrazione di Aspi solo ieri ha dato via libera al nuovo piano strategico 2020-2023 per la trasformazione dell’azienda, che prevede “una crescita degli investimenti con un incremento pari a tre volte quello realizzato negli ultimi anni, un aumento delle risorse destinate alla manutenzione del 40%, l’assunzione di mille persone nell’arco del quadriennio 2020-2023″. Ma nel frattempo le agenzie internazionali hanno tagliato il rating del gruppo. Tanto che Tomasi grida al rischio default e gioca la carta dell’occupazione, parlando di “preoccupazione per il futuro dei 7mila dipendenti dell’azienda. Penso che non sempre ci sia consapevolezza della complessità di questa società e del Gruppo Atlantia, delle implicazioni sociali e degli impatti che un’eventuale revoca potrebbe comportare”. Tanto che nel pomeriggio Filt Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti hanno chiesto un “incontro urgente” con la ministra dei Trasporti Paola De Micheli e un confronto con i vertici di Atlantia e Aspi perché “la situazione sta diventando sempre più critica”.

Il crollo del Ponte Morandi, aggiunge, “è stato uno spartiacque” e riconquistare la fiducia dei cittadini sarà, eventualmente, un’impresa dall’altissimo grado di difficoltà: “Il gruppo si cambia anche inserendo persone con culture aziendali diverse, alzando l’attenzione sulla formazione, rendendo più responsabili i vari livelli, rafforzando i controlli e la trasparenza“, nonostante la cronaca racconti di altre gravi situazioni riguardanti la tenuta dei viadotti e la caduta di blocchi di cemento nelle gallerie autostradali.

Poi l’estrema richiesta di “pacificazione“, accompagnata dal messaggio neanche tanto implicito che in caso contrario sarà impossibile fare gli investimenti necessari (non fatti negli ultimi anni): “Siamo convinti che le grandi opere infrastrutturali si possano fare quando c’è coesione, non quando si consumano battaglie l’uno contro l’altro”. Ma per fare questo, conclude rivolgendosi al governo, “serve un piano economico finanziario bilanciato con una prospettiva di medio-lungo termine“.

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