“Tagliati i fondi regionali per i disabili gravi”, denuncia Gian Antonio Girelli consigliere Pd in Regione Lombardia. “Non è vero, si tratta di una bufala dell’opposizione”, risponde l’assessore leghista con delega alla Disabilità Stefano Bolognini. Ma intanto il consiglio regionale, la sera del 14 gennaio, ha approvato due mozioni, una firmata dal Pd e l’altra dalla maggioranza, per chiedere che la giunta torni sui suoi passi. Sono giorni di preoccupazione per almeno 7mila famiglie lombarde con un disabile grave a carico (dati LEDHA aggiornati a dicembre 2019). Il 23 dicembre scorso infatti, la giunta del leghista Attilio Fontana ha approvato la delibera n.2720 che delinea il Piano regionale per la non autosufficienza 2019-2021 e in particolare cambia i requisiti per ricevere i fondi. Che, salvo cambiamenti, da febbraio 2020 saranno tagliati in particolare per i disabili che vivono in condizioni di estrema difficoltà.

Il taglio è stato previsto nonostante i fondi per i disabili stanziati dal governo Conte 2 e messi a disposizione della Regione Lombardia siano stati incrementati da 70 milioni di euro a 91 milioni. Come ricostruito da Business Insider, la riduzione in due anni sarà del 60% per famiglia. Dopo che nel 2018 era stata del 40. “Ci siamo adeguati a una norma statale”, si è giustificato Bolognini. Ed è proprio questo il punto contestato da famiglie e associazioni: l’esecutivo ha stabilito che ad ogni nucleo con disabili gravissimi spettino 400 euro e la Lombardia, che a differenza di altre Regioni ne forniva già di più, ha approfittato dell’intervento e ha abbassato i fondi. Quindi è vero che si è adeguata, ma non solo non era stato richiesto, ma di fatto segna un abbassamento nella qualità dei servizi forniti alle famiglie.

Ma cosa prevede nel concreto la delibera e cosa cambierà per le famiglie? Per la misura B1 (i cosiddetti disabili gravissimi) viene introdotta ex novo una soglia di reddito Isee di 50mila euro per la percezione del contributo (65mila in caso il beneficiario sia minorenne) e viene abbassato il contributo minimo mensile che prima era di 900 euro a 400 euro. La quota aggiuntiva di 500 euro scatta, e questo è ritenuto un altro peggioramento rispetto a quanto accadeva prima, solo se il disabile assume un badante ed è vincolata a un orario settimanale obbligatorio non inferiore alle 40 ore di servizio di assistenza. “Ma non tutti i disabili gravi decidono o possono permettersi di assumere un badante per tutte queste ore”, protestano le associazioni. Con la conseguenza che chi necessita di un assistente personale per meno tempo rispetto alle 40 ore obbligatorie non avrà diritto ai 500 euro. Inoltre anche chi ne avrà diritto, assumendo un badante, dovrà integrare in modo consistente per poter pagare lo stipendio e i contributi previdenziali all’assistente personale. Fino ad ora il sostegno complessivo previsto dalla misura B1 si attestava in media sui 1.000 euro mensili a prescindere dalle ore di assistenza contrattate. Da febbraio questo non sarà più così. Secondo le organizzazioni per i diritti dei disabili la delibera approvata l’antivigilia di Natale 2019 ha quindi “stabilito condizioni peggiorative” per i più deboli.

La lettera delle associazioni – Per questo, il 14 gennaio, per rispondere alle parole dell’assessore Bolognini, le associazioni hanno scritto una lettera dal titolo “Proposte di modifica Dgr XI/2720 – Piano regionale per la non autosufficienza 2019 – 2021, inviata dalle principali organizzazioni locali a difesa dei disabili all’assessore con delega alla Disabilità. Capofila dell’iniziativa è la LEDHA – Lega per i diritti delle persone con disabilità. Si tratta di una missiva condivisa e firmata anche da diverse altre organizzazioni attive sul territorio lombardo, associazioni che rappresentano la maggior parte delle persone con disabilità interessate dal provvedimento regionale. Tra le varie cose, è scritto “si chiede una profonda revisione del Piano triennale regionale per la non autosufficienza, al fine di garantire alle persone con disabilità “grave e gravissima” i sostegni indispensabili a vivere un’esistenza dignitosa, nel rispetto dei loro diritti fondamentali”. “Siamo consapevoli – continua la lettera aperta delle associazioni – che l’accoglimento delle nostre proposte richiederà un incremento delle risorse regionali stanziate, ma si tratta di una richiesta che crediamo sia “ragionevole e conveniente” ovvero “opportuna e giusta”, da un punto di vista etico, ma anche “proporzionata e misurata” da un punto di vista economico, al fine di evitare ulteriori interventi di carattere sanitario e sociosanitario, decisamente più onerosi”.

Secondo Riccardo Rutigliano, referente del coordinamento regionale lombardo UILDM, è stata una “decisione votata a fari spenti”: “Manifestiamo forte inquietudine a seguito della delibera regionale XI/2.720 e ci stiamo muovendo insieme alle altre associazioni della Lombardia e a LEDHA per dichiarare alla Regione l’inaccettabilità di una decisione votata a fari spenti e che ci tocca tutti direttamente”.

Ma la decisione andrà a colpire direttamente tante persone. Alessandro ha 42 anni, lavora come impiegato d’ufficio e vive a Milano. Si dice “sconcertato” per quanto sta leggendo in queste ore riguardo i tagli previsti per le risorse erogate attraverso la misura B1 che lui percepisce ogni mese e che corrisponde, nel suo caso, a circa 1.000 euro. “Di solito a gennaio mi chiamano per rifare la pratica amministrativa, finora però nessuno lo ha fatto. Il governo ha aumentato le risorse da destinare alla Regione per la non autosufficienza ma questi soldi aggiuntivi perché non vengono utilizzati per sostenerci maggiormente? Mi aspettavo un incremento degli aiuti, invece mi trovo a leggere di tagli”. Alessandro, in aggiunta allo stipendio che paga all’assistente, ogni tre mesi versa 300 euro di contributi per la previdenza sociale. “Già questi soldi li utilizzo prendendoli dall’assegno di accompagnamento di circa 500 euro. Lavorando non mi danno la pensione di invalidità (286 euro, ndr), quindi farò fatica a sopperire di tasca mia alle spese aggiuntive che si presenteranno. La cosa inoltre che ci penalizza è che se dovessi assumere come caregiver mia mamma, che già vive con me, il compenso che le darei come mia assistente personale si sommerà alla soglia di reddito Isee, con un doppio aggravamento della situazione”. Ad oggi Alessandro facendo un calcolo medio mensile, che include nelle spese l’assunzione, le spese dei contributi e la tredicesima arriva a spendere circa 1.500 euro complessivi solo per l’assistente personale, senza contare il cibo e le varie spese della sua auto per la benzina e per la pedana estraibile che ogni tanto si rompe e che costa non poco aggiustare. “I soldi aggiuntivi a disposizione della Regione ci sarebbero, ma allora perché devo pagare di più?” è la domanda che ha rivolto alla giunta regionale.

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